«Bisogna cercare l’equilibrio muovendosi, non stando fermi», B. Lee.
Scrivere dopo tanto tempo sul blog non è facile, anche perché di cose ne sono successe tante e il web è intasato di informazioni su quella che pare una catastrofe imminente. Guerra, pandemia che ancora non è endemia, altre epidemie all’orizzonte, carestia, crisi alimentare, crisi energetica, crisi climatica non lasciano molto spazio ad argomentazioni terze, ma dopo un periodo di down molto intenso in inverno, tra prima e dopo – nonostante tutto – nella mia vita di cose ne sono successe. Titolo e aforisma in apertura riassumono lo stato d’animo di questi ultimi 14 mesi.
La stasi…
Se da un lato la stasi è rappresentata dalla ricerca del lavoro, ad esempio, e dall’aggiornare le OpposteVisioni, d’altra parte si contrappone un dinamismo in ambito sociale qui a Roma, dove vivo stabilmente da un paio d’anni.
Ad un certo punto, per ridare un po di vita al tutto, mi sono dedicato con Sonia molto al balcone, quello nella foto di accompagnamento al post è uno dei tanti risultati. Oltre a peperoncini ho dato vita silenziosamente alla mia disobbedienza civile in opposizione all’ottusità dimostrata nel febbraio 2022 dalla Corte Costituzionale, a proposito dei referendum su
Per pigrizia non ho testimonianza fotografica della Disobbedienza Civile, ma posso garantire sul risultato. Dal prossimo giro riprendo permanentemente il mio solitario #IoColtivo In memoria, se posso, anche del compianto Walter De Benedetto
…e il dinamismo
Il dinamismo invece è rappresentato paradossalmente dall’On line, che in una serie di meccanismi difficili da spiegare, ci porta a muoverci molto nella vita reale.
e dal Sant’Alessio luogo sempre più presente nella mia quotidianità, nonché in quella di Sonia,
Entrambe le comunità Hanno catalizzato molto le energie di questo periodo. Oltre alla collaborazione nella programmazione estiva dello scorso anno di #Radio32
con Un Occhio A Quei due… Dal mese di ottobre 2021 si è concretizzato un nuovo progetto di comunicazione, in via del tutto sperimentale, con l’ASP S. Alessio MDS di Roma, con la nascita della redazione dal nome A Tutta Radio!
In prospettiva
Ma anche altri progetti importanti si sono delineati, tra i quali uno in partenariato tra Sant’Alessio e l’associazione Amici Per La Città ODV-ETS dal titolo “Conversazioni solidali”, sulla reazione alla pandemia delle persone con disabilità visiva, Del quale spero di potere parlarvene in concreto quanto prima.
Insomma, so che non sono il massimo dei blogger, che violo sistematicamente le norme minime di pubblicazione sul web, ma spero che possiate comunque apprezzare ciò che ho da dire da qui in avanti, volendo fortemente recuperare con i lettori di OpposteVisioni anche su versanti che mi hanno visto impegnato in questo lungo periodo di assenza dal blog, come la collaborazione su Sinapsimag, Momentaneamente in standby, ma per la quale conto di riprendere con preziose novità.
Grazie per quei pochi che leggeranno e avranno, me lo auguro, voglia di approfondire. Buon ascolto per chi seguirà podcast e streaming.
A ridosso della costruzione della Rampa della Pace a Milano dello scorso settembre ho sentito uno dei fondatori dei movimenti di disabili tra i più interessanti nel panorama nazionale, dove la disabilità è abile, attiva e promotrice di vecchi e nuovi diritti. Qui potete leggere l’intervento dalla pagina del Disability Pride Network.
Logo Disabili Pirata
Chi sono i “pirati”
I Disabili Pirata, anche nell’accezione di Abbatti Le Barriere, sono movimenti di azione dal basso, attivi da più di tre anni; sviluppatisi inizialmente a Milano e nel nord Italia, ad oggi raccolgono esperienze dalla Val di Susa alla Sicilia, come ci racconta Andrey Chaykin, tra i fondatori dei due gruppi.
Logo AbbattiLeBarriere
Pensieri e azione
Passiamo alle parole di Andrej, da contestualizzare in un quadro movimentista, dinamico, habitat naturale per un personaggio molto frizzante che con azioni dal basso difende concretamente propri e altrui diritti.
Andrej Chaikin
Andrej, che suggestioni ti crea la “diversità”, da disabile, da attivista, da cittadino.
Tutti siamo diversi. Credo che la diversità sia una ricchezza di ognuno e un tratto che ogni persona porta con sé. Al posto di usare la diversità per discriminare ogni persona dovrebbe invece migliorare questo contesto sociale, in maniera globale, proprio a partire dalle diversità. La gente con la mentalità chiusa è destinata a scomparire.
Come affronti le barriere?
Le barriere sono collegate con vari aspetti della disabilità. Vanno abbattute, a partire da quelle architettoniche – che sono barriere reali – fino a quelle mentali e culturali.
Sei una persona disabile, ma sei anche una persona di origine straniera. Quale la percezione che hai, su questi due livelli, dell’accoglienza?
Ho affrontato con tante difficoltà la mia disabilità quand’ero in Russia, ma giungendo in Italia mi sono integrato. Tra le varie esperienze ricordo positivamente come sono stato accolto calorosamente a scuola quando sono arrivato. L’accoglienza nelle scuole si sviluppa più spontaneamente, forse a livello sociale si ha più difficoltà.
A cosa pensi quando si parla di diritti?
Be’, è una bella parola e molto impegnativa. Più diritti per tutti, senza distinzione di sorta. Sono un portatore di una lotta per i diritti, una di quella più inclusive, ispirato – pensando ai diritti, alla figura di Martin Luter King. Noi rappresentiamo gli ultimi, persone a volte senza voce. Occorre poi non dimenticare mai che ognuno prima o poi può incappare nella disabilità. Lottar per i diritti di pochi, quindi, vuol dire lottare per i diritti di tutti.
Andrej percorre la RampaDellaPace
Il 19 settembre 2020, a Milano, siete stati impegnati in una importante manifestazione, volta a sensibilizzare in merito ai diritti negati alle persone con disabilità, iniziando proprio dalla mera accessibilità dei luoghi. Che impressioni hai avuto?
Più che positive! C’è stata una grossa manifestazione avvenuta coscienziosamente e nel rispetto delle norme anti-Covid. Oltre ai Disabili Pirata ci sono stati altri interventi di tipo politico e sociale, con chiare richieste dalla cittadinanza non solo milanese, ma anche dell’hinterland, per una città, un Paese più sensibile e inclusivo. Dentro questa cornice di realtà autogestite, noi abbiamo trovato il giusto spazio per esprimere il nostro disagio sociale di persone con varie disabilità. Tramite la “rampa della pace” abbiamo lanciato un messaggio forte e chiaro a tutti. Che i noi disabili sappiamo essere anche pirateschi e avventurieri, che non ci fermiamo di fronte a nulla e ci ribelliamo per tutti coloro che sono oppressi, anche se non se ne rendono conto. Inoltre non eravamo pochissimi, bensì molte persone determinate,uscite dal “loro quadrato” per unirsi a noi.
Quali sono i messaggi che i Disabili Pirata hanno lanciato alla società e alla politica in quell’occasione?
Direi che è una fetta di società importante e impegnata costantemente nel sociale a lanciare il messaggio a chi amministra a tutti i livelli e agli altri cittadini poco sensibili o ignari di ciò che succede in città. I messaggi sono chiari: fermare la “caccia alle streghe” che molte regioni praticano. Si parla di rispetto verso chi vive ai margini della società, che intraprende la strada dell’occupazione a fine abitativo, ma anche chi è costruttivo nel senso del recupero di spazi altrimenti abbandonati al vero degrado. Se non ci fosse stato, ad esempio, il Collettivo della cascina Torchiera, che fine avrebbe fatto uno spazio che affonda le sue radici nel 1400? Si trattava di un luogo lasciato a marcire, ora invece è uno spazio accessibile. Vogliamo che le pubbliche amministrazioni riconoscano la pratica dell’autogestione, dell’auto-organizzazione delle persone in gruppi, comitati o collettivi che, avendo cura degli ambienti e degli spazi circostanti, possano prendersene cura senza essere perseguiti e oppressi da una legge ingiusta, scritta da chi non ha mai fatto delle lotte sociali o vissuto una difficoltà. Lo stesso problema colpisce anche noi Disabili. Chi ha fatto le normative sul trasporto, ad esempio, riservandoci solo 2 posti sul treno non sa nulla di noi persone con disabilità e si permette di giocare con i nostri diritti, come la libertà di spostarsi.
Logo Cascina Torchiera
Quali sono le priorità per il 2021?
Una delle priorità è sicuramente l’abbattimento delle barriere. Se aspettiamo una iniziativa autonoma in tal senso delle istituzioni a volte può capitare la demotivazione; un altro paio di maniche è quando siamo noi a sollecitare le istituzioni. Occorre maggiore consapevolezza attorno al mondo delle disabilità; con Disabili Pirata portiamo avanti anche attività di consulenza e siamo molto richiesti su Milano, come altrove, sia dal pubblico che dal privato. Ecco, occorre continuare su questo percorso di consapevolezza”. In tal senso seguiremo come Disabili Pirata questa rete sociale fatta dagli spazi, comitati, collettivi e simpatizzanti, per far capire anche due termini importanti da includere nel dialogo generale: Accessibilità e Abilismo. Questo compito continueremo a portarlo avanti non solo tra gli spazi autogestiti, ma anche al pubblico e al privato, cercando di creare un dialogo.
Follow up
Politico incalzato da Andrej in fuga @
Andrej e tutti i Disabili Pirati e Abbatti le barriere sono l’esempio concreto di quell’”abilismo” che rende attiva e dinamica la disabilità, soprattutto nel momento in cui le persone con handicap, pienamente consapevoli, rivendicano diritti e chiedono conto della loro mancata applicazione ad istituzioni e politicucci, come testimonia questo video dello stesso Andrej dove incalza l’ennesima mezza calzetta che usa le disabilità solo come collante per la poltrona su cui siede.
Leggendo tutto ciò risulta che quella dei Disabili Pirata si denota come una realtà molto dinamica. Un movimento che conserva viva la sua natura “dal basso. Complimenti e grazie di questo approfondimento ad Andrej. A presto!
Nel mio percorso antiproibizionista ho attraversato il dubbio in prima persona. Non e facile sicuramente credere agli aspetti positivi di questa pianta. La natura umana spesso deve appoggiarsi all’esperienza diretta per credere che qualcosa sia possibile.da storico consumatore per scopi ricreativi, quando ho visto una cara persona a me vicina con sclerosi multipla avere degli effetti benefici dalla cura con cannabis terapeutica sono rimasto senza parole. Dalla sedia a rotelle con spasmi alla posizione eretta e con i nervi rilassati. Non parlo sicuramente della mia mutazione nel consumo, i problemi non sono così gravi. Anche se ad esempio ho risolto quelli di sonno. Comunque, vi invito a leggere questa storia emblematica, che insegna tante cose. Prima di tutto che non ci sono limiti culturali, anagrafici o concettuali per ammettere gli enormi vantaggi di cura a base di questa pianta. La seconda cosa importante è l’alternativa che rappresenta rispetto ai farmaci o piace i, veramente pericolosi. Veramente dannosi. Veramente velenosi. Che soprattutto, per esperienza diretta, non servono assolutamente a nulla. Il terzo insegnamento, il più importante, è l’assoluta malafede di buona parte della classe medico-scientifica, non guidata dall’amore per la scienza e dalla missione di cura verso i pazienti, bensì spesso soverchiata da allo Stigma. Quale sarebbe? Medicine a base di oppio, naturale o sintetico, si.medicine a base di cannabis, naturale ed efficace, no. Questa, dalle mie parti, quelle dell’intelletto, si chiama malafede. Buona lettura
“Gli ho dato la cannabis quando il badante se ne era appena andato e per non lasciare mio marito sulla carrozzina da solo, l’ho portato sulla …
Fuoriluogo. Copertina del libro bianco sulle droghe
Il 26 giugno scorso, Giornata mondiale indetta dall’ONU contro l’abuso di droghe e il narcotraffico, c’è stata la presentazione dell’Undicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe curato da Forum Droghe, che in verità aveva già visto una presentazione ufficiale il giorno prima, quando durante la manifestazione di Montecitorio indetta da MeglioLegale veniva presentato alla Camera dei Deputati il documento elaborato per fotografare il livello di consumi in Italia e sullo stato delle politiche per la prevenzione del danno. Al webinar di presentazione del documento alla stampa hanno preso parte i rappresentanti delle realtà e i ricercatori che hanno contribuito alla stesura di quest’importante documento di analisi che, è utile sottolineare, , non è prodotto da un’agenzia pubblica, ma demandato alla volontà del terzo settore e delle realtà dei servizi alle tossicodipendenze.
Il quadrogenerale
Dalla lettura di questa edizione del libro bianco emerge il verificarsi di una doppia realtà, che a sua volta comporta due conseguenze; nel complesso la ricerca restituisce la fotografia di un paese ancora impreparato ad affrontare strutturalmente la questione. Da un lato l’immobilità della politica, al cospetto del fatto che in tutto il resto del mondo – a a prtire dalle agenzie dell’ONU – ci si sta ponendo il problema del proibizionismo, ovvero l’arretratezza sociale e le difficoltà economiche che comportano le politiche proibizioniste. D’Altra parte c’è l’incapacità della stampa italiana di presentare la questione del consumo non come un aspetto legato alla pericolosità sociale (percezione provocata dalla presenza nella cronaca legata alle sostanze della criminalità, come gestore unico del mercato di riferimento), non già per quello che a tutti gli altri appare ovvio, cioè come una questione legata alla scelta personale, alla tutela dei consumatori e riferita ad aspetti di tipo socio-sanitario.
Cosanonfalapolitica
Dal lato della incapacità della politica di agire nel senso di evoluzione del sistema, con l’approvazione di una politica di prevenzione ancor più che di repressione, ha come conseguenza il disumano sovraffollamento delle carceri e intasamento del sistema giudiziario, con più di 172000 processi per reati legati al consumo di droghe, rispetto a soli 40mila per reati di traffico, come ricordava Elia De Caro di Antigone durante il suo intervento; si ricordava anche come il 35% della popolazione carceraria è costituito da donne ed uomini private della libertà personale per reati riconducibili al consumo e al piccolo spaccio, dato emerso anche durante la presentazione della Relazione al Parlamento di Mauro Palma, Garante Nazionale delle persone private della libertà,svolta sempre durante la mattinata del 26 giugno. Una seconda conseguenza è quella paradossale vissuta dai consumatori di cannabis terapeutica, che spesso anche in presenza di prescrizioni mediche hanno delle conseguenze penali perché ritenuti “contravventori” per la legislazione attuale, con una serie di conseguenze personali che aggravano situazioni socio-sanitarie già poste di frequente al margine dell’attenzione degli enti di cura e assistenza. In generale, l’assenza di uniformità dei servizi sul territorio nazionale e di politiche nel settore emerge con forza, denotando un gravissimo e colpevole ritardo della nostra dirigenza politica e del Parlamento rispetto a tutto quel mondo occidentale (e non solo) che invece si è posto il problema di cambio di passo, compresi quegli stessi Stati Uniti che iniziarono la guerra alle droghe, con il sostegno all’approvazione della prima convenzione internazionale di contrasto nel 1961. Oltretutto questo cambio di passo non è rallentato con il Coronavirus, bensì ha visto in varie realtà accelerazione per tentare di arginare le conseguenze del Covid; si è notato in alcune esperienze degli states come una politica antiproibizionista mitigasse le conseguenze economiche della crisi.
La cattiva informazione
La conseguenza emersa a carico del ritardo del mondo della comunicazione ad adeguare lo standard qualitativo delle informazioni attorno al mondo delle dipendenze e del sistema carcerario è riconducibile al persistere di uno stigma che a livello sociale ancora è fortemente pervaso nella nostra collettività. Ciò dimostra il grande disinteresse per la questione del consumo delle sostanze, un fenomeno che complessivamente coinvolge 8 milioni di cittadini italiani. Non sono di certo una quota marginale della popolazione. Questi cittadini, aspetto rivendicato con forza da molti relatori, meritano attenzione da parte della politica anche per una tutela come consumatori, quindi con una ovvia normazione del mercato per controllare la qualità delle sostanze circolanti, aspetto che denoterebbe appunto il rispetto di persone che scelgono consapevolmente quale sostanza consumare, sforzo che presuppone la capacità di allontanarsi dall’immagine di un drogato pronto a comprare di tutto sul mercato illegale pur di provocarso lo “sballo”.
La cannabis come volano antiproibizionista
Ruolo importante nella relazione e al centro del dibattito di queste settimane lo ha la cannabis, considerando anche la vicinanza della manifestazione di piazza Montecitorio e l’iniziativa dei cento parlamentari, che durante gli Stati Generali delle scorse settimane hanno scritto una lettera a Conte per ribadire l’importanza di valutare politiche di depenalizzazione per tutti i motivi sinora descritti, oltre che per motivi economici visto il tema della serie di meetting di Villa Panfili. Tutti i relatori hanno sottolineato la necessità di decriminalizzare e regolamentare la produzione, l’uso e la vendita di cannabis, per poi aprire la strada antiproibizionista verso tutte le sostanze, in modo da sottrarre da un lato potere economico alle organizzazioni criminali, dall’altro trarre risorse per i livelli di cura e assistenza – guardando alla riduzione del rischio -, sia in termini di risorse liberate nel sistema giudiziario, inquirente e penitenziario, sia per gli introiti diretti derivanti dalle imposte sul commercio dei vari prodotti, fattori che darebbero respiro non poco alle casse dello stato, oltre a vedere l’attivazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Ovviamente sui canali social di Forum Droghe e FuoriLuogo troverete traccia del webinar e degli altri appuntamenti dedicati alla presentazione del libro bianco, che potete trovare e scaricare Qui
Care lettrici e cari lettori di OpposteVisioni, la settimana che si apre oggi è molto importante per alcuni appuntamenti che cercherò di seguire dal blog con considerazioni e, dove possibile, testimonianza diretta. Il grosso degli appuntamenti che seguirò saranno concentrati nella seconda parte ella settimana, ma andiamo per ordine.
Giovedì 25 giugno
Rilanciata qui dal blog e dal mio profilo twitter, la settimana per le battaglie sui diritti civili si apre con la manifestazione del 25 giugno in Piazza Montecitorio quando tra le 10:00 e le 13:00 porteremo germogli di legalità e ribadiremo con la campagna di disobbedienza civile #IoColtivo che la cannabis è Meglio Legale per tanti motivi, e chi segue il blog sa che sono abbastanza meticoloso nel passare informazioni e spesso ho articolato ragionamenti in merito.
Venerdì 26 giugno
Anche quest’anno c’è il classico appuntamento, come da undici edizioni, di FuoriLuogo che presenta il libro bianco di forum droghe sul consumo delle varie sostanze stupefacenti in Italia, importante strumento che da più di un decennio restituisce il focus sul consumo delle droghe nella popolazione, strumento che sarebbe utile per attuare delle corrette policy nel settore, se la politica nostrana si occupasse più della società e meno delle boiate di questo o quella leader sparate a destra o manca.
Sabato 27 giugno
L’associazione Luca Coscioni invita ad un appuntamento sul tema delle barriere architettoniche. Tra le 09:30 e le 13:30 si terrà un webinar dal titolo “no barriere, in ogni senso”, momento di approfondimento e rilancio delle iniative dell’associazione in materia di diritti delle persone con disabilità, in particolr modo riferiti alla mobilità personale. Programma, informazioni e modalità per iscriversi al convegno li trovate Qui.
Sul territorio
Inoltre sabato io e Sonia saremo impegnati in attività collaterali e riferite al Disability Pride come rete, più che come appuntamento. Saremo immersi nel contesto di Santa Severa, prima con una passeggiata accessibile alla scoperta di bellezze architettoniche e naturalistiche, ma poi coinvolti nel ragionamento della Coscioni ed usare questo appuntamento come strumenti di lancio per il più ampio tema dell’accessibilità del territorio, che comprende gli aspetti del godimento di beni artistici e naturalistici (art. 30 della convenzione ONU del 2006, NDA), fino ala rete della mobilità e alla previsione del PEBA (Piano per l’abbattimento delle barriere architettoniche), battaglia viva e attiva in molte comunità grazie alla Coscioni e ad altri soggetti della rete Disability Pride.
Quindi state in campana, non mancheranno contenuti e testimonianze su questi appuntamenti ed altri aspetti.
Consiglio la lettura di questo alfabeto che declina caratteristica, storia e vicende del momento difficile che stiamo attraversando, ovviamente al femminile.
Mi sembra doveroso, quanto mai corretto, indicare tra virgolette l’invito a sottoscrivere la petizione, perfettamente sintetizzate in questa citazione del messaggio circolato via e-mail:
“+Europa ha lanciato cinque “petizioni federaliste”, tra cui quella per la gestione europea delle emergenze sanitarie. Lo scopo è creare un sistema di coordinamento e di pronto intervento sovranazionale, prima con una cooperazione rafforzata e poi con una modifica dei trattati, rendendo la tutela della salute dei cittadini una competenza concorrente con quella degli Stati membri.”.
La petizione e gli approfondimenti si possono leggere, come anche la possibilità di sottoscriverla, a questo Link.
Facciamo tutti la nostra parte affinché l’Europa possa essere maggiormente coinvolta, responsabilizzata e messa nelle condizioni di agire per la sua Comunità, che saremmo sostanzialmente tutti noi, italiani compresi.
Motivo al margine, questa proposta ragionevole va sostenuta perché risulta la risposta attiva alle idiozie fasciogrullosovraniste sulla UE, di solito sproloquiate a vanvera a destra e manca.
In Europa per contare occorre agire. Non è solo una questione di ruolo internazionale, ma di rendere operativo ciò che rimproveriamo non esserlo.
In questi ultimi giorni ho spesso riproposto in Memoria futura articoli dal vecchio blog che riprendessero il pensiero sul ruolo delle disabilità nel senso attivo della valutazione politica, al punto di farsi di tanto in tanto spunti di un processo di policy making, che nei fatti però non è mai decollato e non ha mai preso quella piega, nonostante soggetti associativi, personalità e studiosi vari indicassero quella stessa direzione spesso da me tracciata nei termini politologici o dell’analisi delle politiche pubbliche. Tra virgolette un post dell’aprile 2014, dopo il blocco di articoli ripescati da un lontano, ma molto simile ad oggi per questioni rimaste aperte, 2013.
“Fruibilità è il termine che condiziona la mia esistenza e quella di milioni di cittadini. Si tratta di ciò che manca spesso al territorio per tanti motivi non solo strutturali. La Fruibilità sotto intende la “semplicità” del suo manifestarsi o meno. Quando cammino per strada mi rendo conto che la Fruibilità soggettivamente o oggettivamente intesa è un discorso anche culturale. L’infrazione (responsabilità soggettiva) e l’inefficacia o inadeguatezza strutturale (responsabilità pubblica), rispondono comunque a degli attegiamenti che portano i più a far ignorare le altrui esigenze. E’ come se, rifiutando l’idea dell’alterità, tanto mal agiscono che rendono la vita impossibile al resto della comunità; se con pubbliche responsabilità, ad esempio, “costruiscono” senza sottintendere l’utilizzo di quel manufatto, fermandosi solo al rispetto di qualche norma o geometria.
Un modello basato sulla valutazione dell’utilità al pubblico secondo il concetto della fruibilità, che molti dovrebbero e potrebbero adottare, ritengo vada visto in questa duplice lettura. Se amministratori della cosa pubblica o con una responsabilità sociale, adottando la visione dell’”alterità”, dunque dell’”universalità” della soluzione. Pensare alla fruibilità reale del territorio e dei servizi, prima ancora che del rispetto del tal comma. Se privati cittadini con il più semplice dei gesti, ponendosi una domanda: con il mio atteggiamento impedisco la libertà altrui? E’ una domanda semplice con risposte immediate. Basta aprire gli occhi e guardarsi attorno, fisicamente e mentalmente. Torno a me e ciò che vivo. Le mie difficoltà maggiori, ad esempio, oggi sono dovute alla mancanza di fruibilità del territorio. Tant’è vero che quello che mi riesce meglio è muovermi a piedi. Gestire l’Ufficio (siamo nell’aprile 2014, a pochi mesi dall’avvio della vecchia attività di servizi turistici nel Salento, NDA) a poche centinaia di metri da casa mi consente di avere una vita lavorativa proprio perché non dipendo per recarmici. Mi chiedo però come poter solo pensare di muovermi su di un territorio per lavoro, raggiungere autonomamente gli snodi di trasporto, ecc.; come vivere il territorio insomma. La politica ha una responsabilità enorme, sia nei termini di assoluta nefandezza nella gestione, realizzazione e manutenzione della rete viaria, sia nei termini di mancata evoluzione del meccanismo di trasporto locale. Il territorio rimane fortemente centralizzato attorno a pochissime città. Già nel capoluogo (mi riferisco a Lecce, NDA) il servizio di trasporto urbano è scarso, figurarsi in provincia. Ma responsabilità sono anche soggettive, se penso alla scarsa presenza della modalità del carPooling o simili. Auspico quanto prima il coraggio di operatori economici, organismi ed enti di vedere sotto una luce nuova ogni intervento con proprie azioni, valutando “fruibilità”, “responsabilità” e “sostenibilità” delle proprie scelte, agli individui di considerare non solo se medesimi, ma anche gli altri, nei minimi gesti come nelle azioni sociali. Delle conseguenze negative derivanti dalla cultura distorta del soggettivismo sterile, ne avete tutti visione. La maleducazione per strada, dal parcheggio indebitamente occupato, fino al mancato adeguamento delle strutture o la distorsione di denari dal welfare all’appalto, insomma ogni gesto può rendere la vita difficile e il territorio non fruibile. Troveremo presto la giusta strada? Buone chances ci sono, potremo sfruttarle solo se ognuno lascia un po di interesse particolare per guadagnarne in stima e reciprocità. Nulla muterà se non contribuiremo noi al suo mutare. Partire dal basso, appunto…”.
Questo post riletto oggi nel 2020 mi fa sorridere, perché all’epoca già usavo il motto che accompagna OpposteVisioni; mi fa sorridere pure per come mi prendevo ironicamente in giro negli articoli. MI fa sorridere meno, ma pensare molto di più, rivedendolo alla luce della crisi attuale del COVID19, dove siamo collettivamente chiamati alla sfida di compiere un passo indietro perché tutti possiamo poi essere protetti, alla pari, tutelati socialmente, se volete. Il welfare poi assume una valenza particolare,dove emergono crisi strutturali e defezioni sistemiche; ecco il perché nel riproporvi queste vecchie riflessioni, ma attuali se viste con il parametro della cronaca contemporanea.