Adolescenza complessa. Scoprirsi gay.

Nella foto c’è un uomo che piange, la lacrima e con i colori arcobaleno
@pastersky.com via Google

“L’ascolto. Confrontiamoci gentilmente. Accogliamo anche solo il dubbio che quello che proviamo non sia solo una convenzione”, Drusilla Foer a Sanremo 2021.

Primo racconto della mia vita

Un caro saluto ai lettori di questo blog. Mi chiamo Gabriele Attadia, sono nato nel 1993, ho 30 anni e a 13 ho scoperto di essere gay. Il mio racconto parte dalla famiglia, dal nido, dalla tana. Vivo nella periferia romana, in una villetta rurale nella zona industriale del quartiere. La mia relazione con la presa di coscienza della mia omosessualità è stata disastrosa. Già da bambino, ricordo che facevo piccoli esperimenti con i coetanei. Non lo facevo apposta ma quando i motori di un aereo sono a massima potenza, mai attivare gli inversori di spinta. Mi sentivo come se avessi dei motori di un aereo che voleva soltanto decollare con amore e che finito il viaggio, non come le assistenti di volo, smettono di lamentarsi. Questi esperimenti avvenivano con un motore non funzionante o forse più motori. Il primo tra tutti la mente, per poi passare al cuore e allo stomaco. Ho sempre sognato di essere un a380. Mi sarei accontentato di essere un 747, ma sono un rispettabile MD11. Mi sento dunque come un aereo con soli tre motori appunto. Il quarto, il cervello, inteso come applicativo delle volontà, non funzionante.

L’e esperienze

I miei giochini erotici di bambino, innocenti passaggi che spesso capitano nella preadolescenza, erano incentrati sul confronto con gli altri compagni dell’epoca. È capitato anche con un mio coetaneo che frequentavo, che povero di spirito, date le sue umili origini, non comprese la gravità di quanto sto per raccontare.

Veniamo ad oggi

Ovviamente con l’avvento degli anni 2000 abbiamo avuto un boom tecnologico per i servizi di dating, ma questo non è bastato perché, perché non è convenzionale essere gay, cattolicamente parlando un abominio; politicamente parlando poi con l’attuale governo, una schifezza. Ma le domande spontanee che tu, caro lettore ti poni, immagino siano: “Perché il tuo motore cervello non funzionava? Perché a scuola subivi bullismo, perché eri ossessionato da chi era più dotato di te e ti vergognavi? perché ragione principe, non sei stato supportato dalla famiglia?”. Ma su quest’ultima domanda c’è un altra storia. A 13 anni finalmente il motore cervello inizia a prendere coscienza e capisce di provare una forte attrazione per un compagno di scuola e di classe delle medie. Ne approfitto e saluto Massi, chissà se non mi legge…. Ma io ero caratterialmente esile e fisicamente obeso, di conseguenza complessato. Secondo voi la scuola ha avuto pietà per un bimbo come me di 13 anni con un sasso di depressione sulla testa, vergogna della propria immagine obesa, cicciotta, tozza, robusta? Ovviamente NO.

Bullismo e body shaming.

Nel 2023 è uno scandalo tutto questo che vi sto raccontando. forse! Per voi e per i vostri figli. Per me no e l’aereo della vita inizia la sua discesa, dalla scuola, dall’adolescenza. Devo dire che ero molto amico di un ragazzo che ho masturbato. Ma che mi ha abbandonato per questo. O forse perché non sono stato educato a coltivare le relazioni amicali, nel senso di non essere il referente di turno, di essere sempre contattato come sopra un piedistallo ma anche di contattare io il mio amico. Inizia, dal 2009 un profondo periodo di isolamento, depressione, schizofrenia. A scuola, il primo anello di protezione di qualunque bimbo per me si è trasformato in un inferno. E mi chiedo da solo: perché Gabriele ora scrive questo ritratto autobiografico? Perché Gabriele ci vuole scocciare con tutto questo? Perché non c’è mai fine al peggio, caro lettore. Perché desidero avere un fidanzato, sentire le farfalle nello stomaco, essere innamorato e corrisposto, poter poggiare la testa sul petto del mio partner quando sono stanco e triste per ricevere e dare tantissime coccole. Tutto questo, ad oggi, non ce l’ho e sto male. Le app dating sono fallimentari, non mi si avvicina nessuno e ci tengo a dire che ho affrontato 2 anni di comunità psichiatrica! Il risultato? Avere la sensazione di essere abbandonato a me stesso e poi il matto sarei io? Volendo riprendere la citazione in apertura di questo post, posso dire che nessun risultato si è profilato all’orizzonte.

Per una prima conclusione.

Care lettrici, cari lettori, mi avvio a concludere questo mio primo racconto parziale autobiografico dove ci sarebbe da raccontare molto e molto altro delle violenze (psicologiche) subite, ma per ora vado a concludere. Caro compagno delle medie, avrei tanto desiderato essere il tuo fidanzato, il tuo amico speciale, il tuo fratello minore, il tuo cucciolo da coccolare. Mi hai regalato una cosa preziosissima che è l’amicizia a scuola, ma sei convenzionato a tutte quelle persone che hanno detto: “che brava Drusilla Foer!” ma di gentilezza non ci capisci un granché. Insomma, la mia pantomima di conoscenza delle cose finisce qui, ma presto tornerò con temi molto più delicati, perché vorrei far comprendere tutta la sofferenza che mi è stata causata e da qui trovarvi soluzione.

A presto.

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Eppure soffia… Presento Alessio Federici con alcune Riflessioni sulla società italiana

Il teatro Ariston @quotidiano.net

«Eppure il vento soffia ancora, Spruzza l’acqua alle navi sulla prora E sussurra canzoni tra le foglie. Bacia i fiori, li bacia e non li coglie», Pierangelo Bertoli.

Premesssa

Lo stile di OpposteVisioni, questione ribadita più e più volte, si allontana dai canoni imposti dalle norme di comunicazione sul web. A volte mi dilungo, a volte cedo il posto e, soprattutto, a volte mi allontano, verso quelle Visioni Opposte richiamate già nel titolo dello stesso blog. Questa breve premessa per dire che, al di là dei contenuti proposti, questo pezzo mi sarà utile per lanciare una bella novità che riguarda anche voi, lettrici e lettori di questo spazio. A breve la chiarezza, per ora i liberi pensieri.

Distopia nonostante tutto

Il virgolettato in apertura, ripreso dal ritornello della celebre canzone di Bertoli, racchiude in sé tanti simboli, oltre il palese significato ambientalista e antimilitarista. Oggi, interpretando il brano alla luce della contemporaneità, resta indicativa della contro utopia, passatemi il termine, rispetto ad un mondo in pace ed equo, potendola usare tranquillamente per indicare quella distopia intuita e descritta da Bertoli qualche decennio fa.

Quindi ci siamo. Quella società distopica è giunta, senza che ce ne accorgessimo. La guerra domina lo scenario presente e futuro, le catastrofi naturali continuano a condizionare intere popolazioni non pronte a fare i conti con una “madre natura” semplicemente indifferente all’umanita.

E poi fiori, fiori da baciare e non cogliere, ma anche da calpestare, vessare e rovesciare, demolendo al contempo ogni sforzo, utopico questo si, di indicare alle nuove generazioni una via della non violenza, della giustizia e dell’umanesimo, equità ed umanità oramai elementi indispensabili se vogliamo raddrizzare quella barca che sulla “prora” oramai riceve schizzi tempestosi.

Presento Alessio

Alessio Federici in foto

In questi giorni, rappresentazione plastica delle tante contraddizioni espresse in seno alla nostra società, domina il festival di Sanremo, indubbio show che catalizza l’attenzione di un terzo della popolazione italiana e che, nello stile tipico italiota, oscura la guerra in corso (se non per le polemiche su messaggi letti o videomessaggi del presidente ucraino), l’enormità della catastrofe umanitaria turca e tante altre contraddizioni del nostro tempo.

In questo quadro a tinte fosche, e non per mia responsabilità, le chiacchiere sanremesi servono come cartina di tornasole per relazioni e progettualità avviate da tempo, lo stesso tempo che mi ha portato lontano dalle pagine di OpposteVisioni. Per riflettere dunque su queste tante contraddizioni, ma restando legati alla cronaca, che accolgo sul blog Alessio Federici, giovane risorsa di vari progetti di comunicazione che è sulla via della formazione nel settore giornalistico.,

Presto lascerò che si presenti da solo, e magari lo conosceremo anche attraverso lo sviluppo di un suo blog personale. Ma è quanto mai tempestivo il suo intervento sulle giornate sanremesi, squisitamente sanremesi, contributo racchiuso in questo suo primo post su OpposteVisioni

Ebbene si, abbandoniamoci anche noi a questa piccola contraddizione e al resto ci penseremo da lunedì, restando consapevoli che quel vento di bertoliniana memoria soffia, eppure soffia ancora, nonostante noi.

Sanremo, tra provocazioni e prese di posizione.

Foto di Alessio Federici

Siamo nel pieno di Sanremo 2023 e le polemiche, fin dalla prima serata, non si sono risparmiate, prendendo subito il posto della buona musica, o pseudo tale che stiamo ascoltando da alcuni giorni a questa parte.
Da Fedez, che si scaglia contro le dichiarazioni indegne di alcuni politici, prendendosi la responsabilità delle sue affermazioni, dimostrando un coraggio che, bisogna dargliene atto, ha sempre avuto. Passando per la canzone diRosa Chemical, fonte di discussioni infinite per via del testo decisamente provocatorio. Come se poi parlare di sesso a tre fosse come aver invocato il demonio davanti al papa. Sorvolando poi su Blanco: che come posseduto dallo spirito di Maradona scambia i vasi per palloni da calcio, e li prende a calci come se stesse battendo un rigore alla finale dei mondiali. poi, rinsavito esce in lacrime dal retro del teatro Ariston.
Tra insulti, provocazioni e discussioni questo festival, che dalle premesse doveva essere sullo stile ”tutti insieme appassionatamente” si è trasformato nella “guerra dei rosis”, con tanto di bicchieri volati tra Anna Oxa e Madam. Quella Madam, proprio lei, che non doveva neanche far parte di Sanremo a causa di un’indagine avviata dalla procura della Repubblica: indagata per un falso green pass ha rischiato l’espulsione dalla rosa dei 28 big. Perché non parlare anche dello stipendio di Chiara Ferragni, devoluto in beneficenza ad un’associazione contro la violenza sulle donne. Doveva farlo di nascosto? Conta il gesto?
Insomma, un’infinità di voci che parlano l’una sopra l’altra e che portano a chiedersi: ma questo Sanremo nasce come canalizzatore di rabbia popolare o come distrazione dai reali problemi del paese? Probabilmente resteremo con questo dubbio vita natural durante.
Comunque sia: dio salvi Beppe Vessicchio

Ci sono ancora dei porti…

Il mare di Tricase porto con il profilo della costa

“Il sapere ha un piede in mare e l’altro in terra”, anonimo.
Quercia vallonea di Tricase , esemplare ultracentenario detta dei cento cavalieri

Nel Capo di Leuca

Il proverbio citato rende l’idea di ciò che rappresenta un luogo emblematico dell’incontro tra cultura marinara e civiltà contadina. Il Capo di Leuca ospita un suggestivo scenario che evoca la vita in tutti i suoi aspetti, Tricase Porto. Non finis terrae, ma centro del Mediterraneo, è il grande insegnamento che si coglie dal visitare questi luoghi, dove il mare è importante come la campagna, dove la saggezza di popolazioni miti ha arricchito una profonda cultura locale, basata sull’accoglienza.

L’iniziativa

Gruppo di lavoro presso la sede del chieam di Tricase porto

«Infondo, cosa vuol dire autentico se viviamo un luogo basato sul meticciato?», questa è la domanda che si pone al principio della tre giorni organizzata a Tricase Porto dal CIHEAM Antonio Errico, Presidente di Magna Grecia Mare, Associazione che con la Cooperativa Terrarossa Presieduta da Daniele Sperti ha curato un Educational Tour per presentare in chiave di responsabilità un luogo non tanto e non solo vocato in via esclusiva al turismo, quanto intimamente fondato sul principio dell’accoglienza.

L’esperienza

Gruppo di lavoro in visita alla quercia dei cento cavalieri

Con Sonia Gioia di Cucinabili Visioni Ho partecipato dal 22 al 24 ottobre 2021 in rappresentanza del Disability Pride Network all’iniziativa, che porta il titolo di questo post, per testare anche la capacità di rendre accessibile le offerte di fruizione lenta e sostenibile del territorio tricasino, già vocato alla tolleranza e all’apertura delle braccia per accogliere in grembo chiunque voglia sostare. «Ci sono ancora dei porti» è una frase tratta da uno scritto del giornalista Gabriele Romagnoli, nel più ampio ragionamento e testimonianza da Tricase Porto. Su SinapsiMag E sulla stessa pagina del Disability Pride Network troverete testimonianza nei prossimi giorni di ciò che è stata l’esperienza, ma anche delle suggestioni che ci portiamo dentro al ritorno a Roma, interiorizzando l’importanza che ha per la crescita della persona un porto vero, come appunto suggerisce lo stesso Romagnoli.

Tricase comunità accogliente

Il porto di Tricase visto dall’alto con varie imbarcazioni ormeggiate

Per i lettori di Opposte Visioni vorrei sottolineare in anteprima degli aspetti di quella comunità che mi hanno molto colpito, punto di partenza per tutte le riflessioni e i contributi che seguiranno. Traendo spunto dallo Statuto comunale di Tricase, possiamo ricavare delle informazioni preziose per comprendere anche il tentativo che il territorio esprime in chiave concreta di quegli stessi principi, filo conduttore che seguirò per le testimonianze future.

Leggiamo dunque al secondo comma dell’articolo 2 dello Statuto di Tricase, dedicato ai  Principi generali, che: «La comunità locale è costituita: Dai residenti. Dai residenti anche se domiciliati all’estero e/o fuori del Comune di Tricase. Da tutti coloro che hanno un rapporto qualificato per ragioni di lavoro, di studio, di utenza dei servizi, o che scelgano di soggiornarvi anche temporaneamente/periodicamente». Quest’ultimo aspetto è molto significativo, perché nella comunità ospite viene data pari dignità anche a quei cittadini che soggiornano periodicamente, ovvero ai turisti/visitatori di Tricase. Tale dignità viene ribadita poi nella lettera D dello stesso comma, dove leggiamo che: «Primo dovere del Comune è il governo della città a misura d’uomo(…) ».
Dunque l’umanità è posta al centro della carta fondamentale di Tricase, a prescindere dalla provenienza o dal motivo che spinge la persona a vivere la comunità; risulta subito chiaro come questo tratto sia evidentemente ispirato da una cultura marinaresca dove il porto è luogo di accoglienza per chiunque lo necessiti.

Tale visione è rafforzata leggendo l’Articolo 3, dedicato agli Obiettivi fondamentali, che riporto di seguito in sintesi: «Il Comune di TRICASE informa il proprio ordinamento ai seguenti principi: la centralità della persona umana; l’affermazione della cultura dell’accoglienza, quale condivisione dei bisogni degli altri, senza distinzione di razza o provenienza; la partecipazione sostanziale alla vita della comunità, perché il cittadino sia parte consapevole dei processi decisionali; la solidarietà, il volontariato e la gratuità dell’impegno sociale come valori di convivenza civile; la valorizzazione della cultura originaria e della memoria storica della comunità; (…) il raggiungimento della piena integrazione delle realtà del mezzogiorno in quella più ampia e strutturata del Continente europeo e del bacino del Mediterraneo; (…) superare gli squilibri sociali, garantire i diritti dei soggetti svantaggiati, riconoscere il ruolo sociale delle donne, sostenere le libere forme associative; (…) tutelare e recuperare l’ambiente e il patrimonio storico/culturale; (…) qualificare i servizi erogati, elevandone gli standard anche mediante il metodo delle “carte dei servizi”, basate su criteri di trasparenza, accessibilità, responsabilità e sul principio della collaborazione tra cittadini-utenti ed operatori pubblici».

Le parole chiave contenute in questi due articoli dello Statuto si respirano nelle atmosfere vissute nella tre giorni, con un grande impegno di Terrarossa, Magna Grecia Mare e dello stesso ente promotore, di respiro internazionale, quale il Ciham. Occorre però che tutto venga supportato da un maggiore impegno degli operatori privati e delle istituzioni pubbliche locali affinchè lo stesso documento comunale si tramuti in una piena affermazione non tanto di diritti, diretta conseguenza, ma di un modello equo di integrazione nel tessuto della comunità di chiunque voglia vivere e visitare Tricase, con le proprie specificità.

Sessione finale con consegna di brochure braille nella sede del ciheam. Nella foto Massimo Zuccaro, Daniele Sperti e Antonio Errico pronti a ricevere il plico da me

In conclusione Tricase, il suo porto e tutto il territorio si presta alla piena accessibilità di luoghi e servizi, occorre solo gettare il cuore oltre l’ostacolo e realizzare con un modello concreto e vivo tutti quegli elementi che si leggono nella Carta tricasina. Chissà che questo messaggio non venga colto a pieno da imprenditori ed amministratori, perché le manca poco per divenire una comunità pienamente inclusiva, anche nel turismo.

Buon vento alle tricasine e ai tricasini, lo auguro di cuore.

“Una giusta Causa”: storia di un concreto attivismo per i diritti delle donne in America.

Locandina del film con la protagonista Felicity Gones

Giovedì 8 aprile 2021, su RAI3, la programmazione serale è stata dedicata ad un recente film che racconta la storia vera di Ruth Bader Ginsburg, Prima docente universitaria, poi avvocatessa, magistrato e infine giudice della Corte suprema degli Stati Uniti d’America, che ha dedicato la propria vita a favore dei diritti delle donne e della parità di genere

Il film

“Una giusta causa” (titolo originale: “On the Basis of Sex”), regia di Mimi Leder, prodotto da Participant Media, Robert Cort Productions, USA, 2018, 120 minuti.

Cast

Felicity Jones: Ruth Bader Ginsburg; Armie Hammer: Marty Ginsburg; Justin Theroux: Mel Wulf; Sam Waterston: Erwin Griswold; Kathy Bates: Dorothy Kenyon; Cailee Spaeny: Jane Ginsburg; Jack Reynor: Jim Bozarth; Stephen Root: professor Brown; Callum Shoniker: James Steven Ginsburg; Chris Mulkey: Charles Moritz; Gary Wentz: giudice William Edward Doyle; Ben Carlson: giudice William Hudson Holloway Jr.

Trama

A metà degli anni Cinquanta, Ruth Bader Ginsburg è una delle 9 studentesse ammesse alla prestigiosa Harvard Law School, nella quale si trasferisce per seguire il marito che aveva iniziato a lavorare a New York. Ruth prosegue poi gli studi presso la Columbia University, dove consegue la laurea in legge nel 1959. Nonostante i brillanti risultati, Ruth incontra enormi difficoltà a trovare lavoro presso uno studio legale, a causa del suo esser donna. Pertanto, è costretta ad accettare un’occupazione come insegnante presso la Rutger Law School. Nel 1970, il marito le propone di rappresentare un cliente per una piccola evasione fiscale. Apparentemente si tratta di un caso modesto, che però presenta una discriminazione di genere: l’accusato deve pagare soltanto perché appartenente al sesso maschile. Ruth si presenta dinanzi alla corte d’appello e convince i magistrati dell’assurdità della legge, aprendo la strada per una maggiore eguaglianza sostanziale nella legislazione statunitense.

Recensione

Due cose mi hanno colpito profondamente di questo film, storia molto interessante che mette in risalto una personalità americana da noi quasi del tutto sconosciuta, che è stata si donna di legge, ma anche grande esempio di persona impegnata nella difesa dei diritti civili; bene, dicevo, le cose che mi colpiscono sono la caparbietà della figlia della protagonista nel sostenere la madre, pur partendo dal tipico conflitto dell’età adolescenziale tra madre e figlia, e il supporto alla causa dato dalla segretaria della stessa protagonista, che riesce a far cadere l’accento su un termine che poi condiziona oggi in tutto il mondo l’approccio verso le tematiche della parità: ovvero passare dall’assunzione nella battaglia del termine “sesso” al termine “genere”, concetto molto più moderno che nei decenni a seguire ha determinato il filo conduttore di una serie di altre battaglie che ancora proseguono, sia per la parità tra i generi che per l’affermazione dei diritti dell’identità sessuale. Ad ogni modo, questa pellicola – molto americana – racconta uno spaccato di vari decenni di battaglie per l’affermazione di principi che sembrerebbero agli occhi degli europei, e non lo sono nemmeno per noi (vedi Polonia), molto scontati. Incredibile è apprendere come nella costituzione americana siano assenti le parole “Libertà” e “Donna”, ma come di contro è presente la possibilità concreta di possedere un’arma, questione che proprio in questi giorni sta monopolizzando la cronaca e il dibattito politico d’oltreoceano. Consiglio vivamente, specie alle ragazze, la visione di questo film perchè si apprende come le rivoluzioni più efficaci sono quelle silenziose e perduranti nel tempo.

Potete rivedere il film su raiPlay a Questo link.

la radio che ascolta!

Logo radio32

Nella pagina dedicata alle Realtà amiche è comparsa una nuova sezione, dedicata ai Media, da intendersi sia come mezzi di comunicazione, ma trattando la comunicazione in varie forme, riguarderà principalmente i progetti specifici della comunicazione che seguo direttamente.

Il primo collegamento indicato è quello con Radio32 una webradio di comunità. Si tratta di un progetto che mi ha entusiasmato sin da subito, soprattutto per la forza che racchiude in sé, ovvero quella della prospettiva. La prospettiva intima, quella del riscatto, dell’opportunità, della possibilità. La prospettiva estrinseca, ovvero quella della condivisione, di azione dal basso.

Radio32.net è anche parte della rete del Disability Pride Network quindi giocoforza le argomentazioni e gli stimoli sono una eco che riporta sempre le stesse parole, quelle per le quali tutti noi, ogni singolo progetto di quel network, compreso quello che supporta Radio32, assume come proprio fondamento: dignità, consapevolezza e opportunità.

Per la radio sono da dicembre 2020 già redattore, e ringrazio Daniele Lauri e gli altri per l’accoglienza, umile voce del gruppo di Accesso Totale, che nasce da un blog rilanciato anche da Opposte Visioni, curato da Cristian, redattore anch’egli del format radiofonico. Nella sezione I miei podcast sotto la voce collaborazioni, troverete tutti i collegamenti dove ho collaborato direttamente, per un feedback iniziale con Accesso Totale e tutto il palinsesto.

D’accordo con l’associazione Ipse Lab, ambito in cui nasce il progetto della radio, e assieme a Sonia di CucinabiliVisioni, la cucina in tutti i sensi stiamo per intraprendere un nuovo percorso, proponendoci come redattori per una nuova trasmissione ispirata dai nostri rispettivi blog, in partenza da febbraio 2021, e sulla quale vi informeremo con specifico post.

Se volete conoscere meglio il progetto della radio di comunità potete leggere questo documento, dove vi sono anche indicazioni per sostenere il progetto.

Che dire quindi? A risentirci sulle onde web di radio32!

La radio che ascolta!

A proposito del 30 dicembre scorso…

Noi che attteraversiamo

Avviso ai lettori

Questo post è stato redatto il 21 gennaio 2021, prima del contatto avuto con Veronica Altimari, giornalista di Roma Today per un approfondimento sui fatti del 30 dicembre 2020. Nel paragrafo “Follow up” di questo contributo, posto alla fine, potete vedere la video intervista curata dalla giornalista.

Premessa

Può capitare nel corso di un’esistenza di calcare il proscenio da protagonisti. A volte ciò succede malgrado la propria volontà e non sempre per motivi piacevoli. Quello che a noi è capitato il 30 dicembre scorso è uno di quegli eventi che ci saremmo tranquillamente evitati, soprattutto per lo stato di tensione che ne è derivato e che ora, lentamente, va riassorbendosi.

A distanza di più di tre settimane da quel fatto di cronaca, alla luce di alcuni “rumors”, ci sentiamo di dover approfondire e precisare alcuni aspetti conseguenti a quella vicenda.

No alla violenza

In primo luogo, come Sonia già ha specificato, prendiamo la massima distanza da commenti giustizialisti alla casereccia. La violenza da tastiera è un sentimento facile da far emergere, ma non ci appartiene, anzi riteniamo essere il substrato in cui cresce la violenza che poi esce dal virtuale e si riversa nelle nostre città e strade, provocando di conseguenza fatti come quello a noi occorso. Rivoltarsi ad un’ingiustizia con violenza non porta mai alla giustizia, ma ad ulteriore iniquità.

Vedere il dito…

In secondo luogo una precisazione su un aspetto, ruomors molto fastidioso percepito qui e li. I concetti di cecità e ipovisione, per l’italiano medio (alimentato dalle veline di tribunali e GDF, da certa stampa e da un sentimento giustizialista diffuso) sono intesi come estremi. Il Polo Nazionale di riabilitazione visiva, articolazione italiana della fondazione dell’OMS che si occupa di cecità e ipovisione, spiega Qui Bene questa distinzione. Sarebbe utile che le persone si documentassero e gli organi di stampa approfondissero, perché non è la prima volta che entrambi sollecitiamo i media su quest’aspetto. Denotare che una persona sappia usare il telefono giusto per fare un lancio da TG regionale per dire che è stata sospesa una pensione di invalidità è becera propaganda, come chi rimprovera a me o Sonia di aver dato indicazioni precise sulla dinamica dell’aggressione. Su quest’aspetto vorremmo precisare la più grossa delle banalità, ovvero che noialtri si è sviluppati altri sensi, non si patisce solo per quello che manca. Per quel poco che conta, qui nessuno si deve giustificare di un “motu manu” o di un residuo visivo inferiore al ventesimo di vista, oltretutto da un solo occhio. Vedere ombre, percepire delle sagome, distinguere al sole qualche colore e usare un video ingranditore per comprendere una scritta non vuol dire vederci. Il problema, cari detrattori malpensanti all’italiana, è che ci stavano mettendo sotto per una mancata precedenza ai pedoni, e peggio ancora pedoni ciechi, maggiormente tutelati dal codice della strada, oltre ad un’aggressione ad una donna (percepita come elemento perennemente debole della società), non quanto ci vede Alessandro, se Sonia ha percepito tre o quattro persone attorno, o cosa. Altrimenti, come sostiene sempre Sonia, “datemi la patente di guida, se non vi sta bene che riesco a non farmi mettere sotto per un residuo minimo di ombre”. Alessandro sostiene invece da tempo che “le persone disabili spesso sono migliori dei presunti “normodotati”, perchè affinano maggiori capacità di adattamento alle vicende della vita, anche quotidiana, dimostrando maggiore resilienza all’esistere, altro che soggetti deboli”. Che sia chiaro. Nel link sopra segnalato approfondite prima di riversare le vostre frustrazioni su una tastiera, ignoranti.

Noi con le istituzioni

Strumentalizzati…

Il terzo punto verte su quanto o meno siamo stati strumentalizzati. Bene, questo è l’aspetto più succoso, dal nostro punto di vista. Nessuno ci ha manipolati, anzi, forse si può dire che siamo stati efficaci noi nel suscitare un dibattito. Che l’Unione Italiana dei Ciechi abbia preso posizioni è più che naturale, perché di questi fatti in Italia ne succedono spesso ed è ovvio che l’organizzazione di difesa dei diritti e che monitora la loro mancata applicazione sui disabili della vista si sia mossa. A livello Nazionale come a livello locale.

Inoltre noi abbiamo parlato con le istituzioni, non con questo o quel politico di questo o quel partito. Se le istituzioni si sono esposte per un tornaconto di visibilità politica ad opera di amministratori attenti all’immagine più che alla gestione del territorio, tipico della bassa politicuccia, è un problema che non ci riguarda, lo vedremo come tutti, misurandolo con la qualità delle strade, dei marciapiede e degli attraversamenti. Ma che le istituzioni si siano mosse per comprendere le problematiche è comunque ammirevole e doveroso; noi abbiamo apprezzato la tempestività. Nessuno ha manipolato nessuno, si è solo riacceso un dibattito sano e un dialogo tra cittadinanza e istituzioni in grado di poter generare modelli virtuosi, circostanza che ci auguriamo accada.

Grazie

Rinnoviamo a questo proposito la nostra massima fiducia nell’Arma dei Carabinieri, che gestisce le indagini. Difficile sarà risalire al responsabile dell’aggressione, ma le cause sono altre, sono in quell’omertà in strada che non ci ha permesso di individuare subito la persona e chiamare le forze dell’ordine in quel momento. L’indifferenza interessata dei vecchietti di Piazza Mirti e le risate dei ragazzoti che da li passavano sono eloquenti sull’immaturità di parte del tessuto sociale italiano. Badate, italiano, non di Centocelle, perchè qui le persone volenterose e solidali si sono mosse. La nostra sfortuna è stata che alle 10:15 circa del 30 dicembre 2020 attorno a noi ci fossero solo ignavi. Pazienza. Ciò che ne è derivato è stata la migliore conseguenza per noi che ne siamo usciti comunque indenni, cioè suscitare riflessione su un elemento di profondo allarme sociale come la sicurezza dei pedoni a Roma, capitale d’Italia, soprattutto se i pedoni hanno handicap visivo, aspetto sul quale anche il codice della strada si concentra con particolare attenzione. Ignoranti due volte.

In conclusione questa è la sede per rinnovare il ringraziamento a tutte le persone che ci sono state accanto ad ogni livello, dai singoli cittadini che hanno dimostrato sconcerto, alle istituzioni territoriali che hanno dimostrato solerzia, all’UIC che si è mossa in termini solidali, ala stampa che ne ha parlato e che ha colto il nostro stimolo per approfondire tale tematica.

In chiusura troverete una rassegna stampa di coloro che hanno rilanciato l’agenzia o approfondito, anticipatamente ringraziamo chi approfondirà in futuro queste tematiche. Nostra è la consapevolezza di dover lavorare a lungo affinché online e offline si possa recuperare il senso di umanità per valutare le cose per quelle che sono, ovvero gesti di tensione sociale che non aiutano persone svantaggiate come noi a vivere una vita ed una città sostenibile e degna.

Alessandro e Sonia.

Rassegna stampa

Nota bene: hanno rilanciato e trattato la vicenda le seguenti testate ed agenzie, alle quali esprimiamo gratitudine e che invitiamo ad approfondire le tematiche sociali e la conoscenza del mondo delle disabilità, che ribadiamo concernere milioni di cittadini italiani, come dimostra il Libro bianco sulle disabilità del 2019.

Ci perdoneranno quelle testate e siti di informazione che ci sono sfuggiti.

Follow up

Alla luce di quanto raccontato sinora, rispondendo alla migliore aspettativa di approfondimento da parte dei media delle tematiche poste, veniamo contattati da una giornalista di Roma Todai, Veronica Altimari – come anticipato nell’”avviso ai lettori “ posto in cima -, per una video intervista di approfondimento. Premettiamo che il suo pezzo ci ha molto ben impressionato per la linea seguita e per la professionalità di Veronica, che ringraziamo, come tutta la redazione, per la volontà dimostrata nel capire come si sia potuto arrivare ai fatti di dicembre.

Tutto, durante le riprese, è andato per il meglio , ma tra il nostro terrore e lo sconcerto della videomaker guardate Qui cosa ci è successo! Ciò succede tutti i giorni, questo rappresenta la nostra disabilità.

Le mafie ai tempi del Covid

Riprendo le attività del blog in questo 2021 – approfittando per fare gli auguri ai lettori di questo spazio, visto che siamo ancora al principio- proponendo la lettura di un articolo di Ilaria Mariotti Ottaviani sul rischio di inserimento della criminalità tra le pieghe della società e dell’economia grazie alle smagliature provocate dalla pandemia.

Accompagnata dalla lettura del saggio di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, “Ossigeno illegale “, l’autrice ribadisce quel che apparve subito chiaro dall’inizio della crisi covid, cioè che come una sostanza purulenta e con il più becero cinismo, l’apparato mafiogeno approfitti della crisi economica e sociale conseguente al coronavirus per alimentare il proprio, meschino, interesse.

“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere ma quella che si adatta meglio al cambiamento“ .C. Darwin …

Le mafie ai tempi del Covid