Scopo il vero, tempio la natura, metodo l’esperienza.
Confesso, pur avendo frequentato l’Istituto Magistrale negli anni Novanta e approfondito in varie fasi i temi della scuola e della formazione, non mi sono mai imbattuto nella figura di Giuseppina Pizzigoni che, invece, si dimostra lungimirante nelle sue idee a distanza di più di 110 anni dalla loro formulazione. Pienezza alla biografia di questa donna ed educatrice ci viene fornita dall’articolo che segue a firma di Modesta Abbandonato, che restituisce tra l’altro una fotografia della Milano di un tempo, sia nella dimensione urbanistica come in quella sociale, richiamando alla mente immagini già plastiche forniteci dalla filmografia neorealista degli anni Sessanta,. Buona lettura.
Il toponimo Ghisolfa evoca nei cinefili e nelle cinefile lucani/e, e non solo, il capolavoro viscontiano del 1960 ispirato dai racconti contenuti in …
Nel mio percorso antiproibizionista ho attraversato il dubbio in prima persona. Non e facile sicuramente credere agli aspetti positivi di questa pianta. La natura umana spesso deve appoggiarsi all’esperienza diretta per credere che qualcosa sia possibile.da storico consumatore per scopi ricreativi, quando ho visto una cara persona a me vicina con sclerosi multipla avere degli effetti benefici dalla cura con cannabis terapeutica sono rimasto senza parole. Dalla sedia a rotelle con spasmi alla posizione eretta e con i nervi rilassati. Non parlo sicuramente della mia mutazione nel consumo, i problemi non sono così gravi. Anche se ad esempio ho risolto quelli di sonno. Comunque, vi invito a leggere questa storia emblematica, che insegna tante cose. Prima di tutto che non ci sono limiti culturali, anagrafici o concettuali per ammettere gli enormi vantaggi di cura a base di questa pianta. La seconda cosa importante è l’alternativa che rappresenta rispetto ai farmaci o piace i, veramente pericolosi. Veramente dannosi. Veramente velenosi. Che soprattutto, per esperienza diretta, non servono assolutamente a nulla. Il terzo insegnamento, il più importante, è l’assoluta malafede di buona parte della classe medico-scientifica, non guidata dall’amore per la scienza e dalla missione di cura verso i pazienti, bensì spesso soverchiata da allo Stigma. Quale sarebbe? Medicine a base di oppio, naturale o sintetico, si.medicine a base di cannabis, naturale ed efficace, no. Questa, dalle mie parti, quelle dell’intelletto, si chiama malafede. Buona lettura
“Gli ho dato la cannabis quando il badante se ne era appena andato e per non lasciare mio marito sulla carrozzina da solo, l’ho portato sulla …
Fuoriluogo. Copertina del libro bianco sulle droghe
Il 26 giugno scorso, Giornata mondiale indetta dall’ONU contro l’abuso di droghe e il narcotraffico, c’è stata la presentazione dell’Undicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe curato da Forum Droghe, che in verità aveva già visto una presentazione ufficiale il giorno prima, quando durante la manifestazione di Montecitorio indetta da MeglioLegale veniva presentato alla Camera dei Deputati il documento elaborato per fotografare il livello di consumi in Italia e sullo stato delle politiche per la prevenzione del danno. Al webinar di presentazione del documento alla stampa hanno preso parte i rappresentanti delle realtà e i ricercatori che hanno contribuito alla stesura di quest’importante documento di analisi che, è utile sottolineare, , non è prodotto da un’agenzia pubblica, ma demandato alla volontà del terzo settore e delle realtà dei servizi alle tossicodipendenze.
Il quadrogenerale
Dalla lettura di questa edizione del libro bianco emerge il verificarsi di una doppia realtà, che a sua volta comporta due conseguenze; nel complesso la ricerca restituisce la fotografia di un paese ancora impreparato ad affrontare strutturalmente la questione. Da un lato l’immobilità della politica, al cospetto del fatto che in tutto il resto del mondo – a a prtire dalle agenzie dell’ONU – ci si sta ponendo il problema del proibizionismo, ovvero l’arretratezza sociale e le difficoltà economiche che comportano le politiche proibizioniste. D’Altra parte c’è l’incapacità della stampa italiana di presentare la questione del consumo non come un aspetto legato alla pericolosità sociale (percezione provocata dalla presenza nella cronaca legata alle sostanze della criminalità, come gestore unico del mercato di riferimento), non già per quello che a tutti gli altri appare ovvio, cioè come una questione legata alla scelta personale, alla tutela dei consumatori e riferita ad aspetti di tipo socio-sanitario.
Cosanonfalapolitica
Dal lato della incapacità della politica di agire nel senso di evoluzione del sistema, con l’approvazione di una politica di prevenzione ancor più che di repressione, ha come conseguenza il disumano sovraffollamento delle carceri e intasamento del sistema giudiziario, con più di 172000 processi per reati legati al consumo di droghe, rispetto a soli 40mila per reati di traffico, come ricordava Elia De Caro di Antigone durante il suo intervento; si ricordava anche come il 35% della popolazione carceraria è costituito da donne ed uomini private della libertà personale per reati riconducibili al consumo e al piccolo spaccio, dato emerso anche durante la presentazione della Relazione al Parlamento di Mauro Palma, Garante Nazionale delle persone private della libertà,svolta sempre durante la mattinata del 26 giugno. Una seconda conseguenza è quella paradossale vissuta dai consumatori di cannabis terapeutica, che spesso anche in presenza di prescrizioni mediche hanno delle conseguenze penali perché ritenuti “contravventori” per la legislazione attuale, con una serie di conseguenze personali che aggravano situazioni socio-sanitarie già poste di frequente al margine dell’attenzione degli enti di cura e assistenza. In generale, l’assenza di uniformità dei servizi sul territorio nazionale e di politiche nel settore emerge con forza, denotando un gravissimo e colpevole ritardo della nostra dirigenza politica e del Parlamento rispetto a tutto quel mondo occidentale (e non solo) che invece si è posto il problema di cambio di passo, compresi quegli stessi Stati Uniti che iniziarono la guerra alle droghe, con il sostegno all’approvazione della prima convenzione internazionale di contrasto nel 1961. Oltretutto questo cambio di passo non è rallentato con il Coronavirus, bensì ha visto in varie realtà accelerazione per tentare di arginare le conseguenze del Covid; si è notato in alcune esperienze degli states come una politica antiproibizionista mitigasse le conseguenze economiche della crisi.
La cattiva informazione
La conseguenza emersa a carico del ritardo del mondo della comunicazione ad adeguare lo standard qualitativo delle informazioni attorno al mondo delle dipendenze e del sistema carcerario è riconducibile al persistere di uno stigma che a livello sociale ancora è fortemente pervaso nella nostra collettività. Ciò dimostra il grande disinteresse per la questione del consumo delle sostanze, un fenomeno che complessivamente coinvolge 8 milioni di cittadini italiani. Non sono di certo una quota marginale della popolazione. Questi cittadini, aspetto rivendicato con forza da molti relatori, meritano attenzione da parte della politica anche per una tutela come consumatori, quindi con una ovvia normazione del mercato per controllare la qualità delle sostanze circolanti, aspetto che denoterebbe appunto il rispetto di persone che scelgono consapevolmente quale sostanza consumare, sforzo che presuppone la capacità di allontanarsi dall’immagine di un drogato pronto a comprare di tutto sul mercato illegale pur di provocarso lo “sballo”.
La cannabis come volano antiproibizionista
Ruolo importante nella relazione e al centro del dibattito di queste settimane lo ha la cannabis, considerando anche la vicinanza della manifestazione di piazza Montecitorio e l’iniziativa dei cento parlamentari, che durante gli Stati Generali delle scorse settimane hanno scritto una lettera a Conte per ribadire l’importanza di valutare politiche di depenalizzazione per tutti i motivi sinora descritti, oltre che per motivi economici visto il tema della serie di meetting di Villa Panfili. Tutti i relatori hanno sottolineato la necessità di decriminalizzare e regolamentare la produzione, l’uso e la vendita di cannabis, per poi aprire la strada antiproibizionista verso tutte le sostanze, in modo da sottrarre da un lato potere economico alle organizzazioni criminali, dall’altro trarre risorse per i livelli di cura e assistenza – guardando alla riduzione del rischio -, sia in termini di risorse liberate nel sistema giudiziario, inquirente e penitenziario, sia per gli introiti diretti derivanti dalle imposte sul commercio dei vari prodotti, fattori che darebbero respiro non poco alle casse dello stato, oltre a vedere l’attivazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Ovviamente sui canali social di Forum Droghe e FuoriLuogo troverete traccia del webinar e degli altri appuntamenti dedicati alla presentazione del libro bianco, che potete trovare e scaricare Qui
Se il calendario civile citato dall’autrice ha una sua importanza, oggi ricordiamo la definizione definitiva dei diritti dei lavoratori nel nostro paese, ricordando i cinquant’anni dall’approvazione dello statuto dei lavoratori. Segnalo questo bel saggio storico sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, del mondo del lavoro e sindacale.
Avvertenza ai naviganti: continua, in Memoria futura, la categoria di questo blog che raccoglie vecchi interventi scritti in epoche più o meno lontane, la pubblicazione dei post dell’estate 2018. Di seguito, tra virgolette, una riflessione sul welfare italiano alla luce di quello che allora fu chiamato “decreto dignità”, ma che in quel luglio 2018 mi costò un po’ di fatica in alcune ricerche al fine di smontarne l’utilità e l’efficacia sin dalle fondamenta. Molte riflessioni restano ancora valide e sono presenti ex post nel P. S. a quest’articolo, scritto nel 2020.
“Cos’è concretamente il welfare? porsi una domanda sulle definizioni è utile, perché le questioni vanno comprese sino in fondo, anche se mi resta la convinzione che basta guardare la concretezza delle cose e tutti sono poi in grado di comprendere. Il welfare è tutto l’insieme di strumenti volti alla risoluzione delle problematiche di persone con difficoltà o soggetti svantaggiati, che di norma ricade (in ossequio all’art. 3 ed altri della Costituzione) sullo Stato, ma negli ultimi anni se ne vedono nuove forme, dove l’intervento dei privati in questo frastagliato panorama risulta ormai una costante imprescindibile per la garanzia di servizi.
Pensate alle associazioni per disabili, centri diurni, servizi per anziani e bambini. Ecco, queste sono le questioni poste. La Politica chiaramente deve governare a livello centrale questo, come tutti gli altri fenomeni sociali. Fenomeni che, ribadisco con nettezza, fanno riferimento a settori vivi della nostra economia, quella detta del terziario.
Dunque il sig. ministro cialtrone Di Maio (all’epoca Ministro dello Sviluppo Economica e del lavoro, NDA) si ritrova a scribacchiare quattro puttanate in un decreto, dandogli la definizione di “dignità”, parola che evidentemente a lui non deve essere ben chiara. Due parole sulla questione decreto.
Dico del sig. Di Maio di essere cialtrone, perchè dovrebbe sapere che la decretazione d’urgenza nel formato D.L. (decreto legge) necessita di alcune caratteristiche particolari, come l’urgenza, appunto, motivo per il quale questo atto per due mesi mantiene intatta la sua forza di legge, nell’attesa che il Parlamento si esprima in merito alla sorte del suddetto decreto. Ora, il sig. cialtrone Di Maio e il suo entourage dovrebbero spiegare agli italiani cosa c’è di urgente nella decretazione sui contratti di lavoro, con riferimento al lavoro domestico e di sostegno alle persone. Attendo risposte che non verranno. Premetto, a scanso di equivoci, che legiferare tramite la decretazione d’urgenza è uno strumento che ho sconfessato anche durante i governi Berlusconi e Renzi, proprio perché manifestano la debolezza politica degli attori proponenti e sminuiscono il ruolo del Parlamento, spesso sotto mira della questione di fiducia posta durante l’iter nelle camere del decreto proposto. Capite perché Di Maio oltre ad essere cialtrone è anche vile? ha scritto per scrivere, perché doveva far vedere che lui decretava… Taccio, che è meglio.
Passiamo al nocciolo della questione. Siamo in piena estate, momento dell’anno in cui il welfare va fortemente in crisi perché molte strutture chiudono, perchè ci sono le ferie, perchè il peso di una società che sta invecchiando viene scaricato sotto la calura delle nostre città, relegata al silenzio. In questo frangente molte famiglie rinnovano contratti, dispongono soluzioni, insomma si avvalgono delle collaborazioni familiari, anche per godersi quel minimo di ferie, diritto legittimo e irrinunciabile per Costituzione. Parliamo, stando alle cifre del lavoro domestico regolarizzato, di un contesto che riguarda quasi un milione di famiglie, contando quelle che tra bambini, disabili gravi e anziani usano questo strumento per tenere alto lo standard di qualità della vita dei propri congiunti.
Dov’è il trait d’union tra tutto ciò? Il decreto del sig. cialtrone Di Maio è immediatamente applicabile, sino al termine di 60 giorni previsti per legge, ovvero sino al termine dell’iter parlamentare. Quindi moltissime famiglie si sono ritrovate a dover gestire dai primi giorni di luglio un aumento nei costi di rinnovo e mantenimento del lavoro di collaborazione familiare e aiuto alle persone non autosufficienti, considerando che molte famiglie si avvalgono di questi strumenti a chiamata, oppure con contratti part-time. Anche perché si sa, chi presta servizio in una casa lo presta almeno in tre.
Lui che fa, con urgenza, per governare una questione strutturale? rende più costosi il rinnovo dei contratti a termine ma, anziché individuare e colpire le storture nell’industria, nel turismo e nell’artigianato (dove invece vuole introdurre nuovamente i tagliandini a prestazione), colpisce le famiglie, dove il lavoro di collaborazione e assistenza alle persone doveva essere escluso proprio per le sue caratteristiche particolari, ovvero la repentinità di cambio delle circostanze e degli equilibri tra datore di lavoro e prestatore d’opera. Un genio insomma.
Contiamo quindi, tra anziani, collaborazioni familiari, malati di Alzeimer e disabili gravi non autosufficienti un milione (e la stima va veramente a ribasso) di posti di lavoro che da domani costeranno di più, facendo gravare una cifra importante di molte decine di milioni di euro su di loro, anzichè a loro destinarli. Robe da pazzi!
Considerando che molte di queste famiglie si avvalgono di assistenti personali per anziani e disabili, sarei curioso di sapere che cosa pensa l’altro cialtrone travestito da ministro, il sig. Lorenzo Fontana )all’epoca a capo del Ministero per la Famiglia e la Disabilità, poi ridenominato Ministero per la Famiglia, NDA), proprio in virtù del fatto che questi aspetti del welfare ricadono nelle sue competenze.
In bocca al lupo a tutti, augurandoci di non avere mai bisogno dell’aiuto di altri per vivere degnamente, altrimenti la dignità di quel decreto ce lo farà costare caro!”.
P. S.: alla luce del Coronavirus, potete leggere la richiesta al Governo di queste settimane da parte del mondo del terzo setore nel post che segue, dove però emergono i tratti di un welfare in sofferenza per carenza strutturale di interventi della politica.
Inoltre, molte problematiche sono ancora vive e mal vissute dal mondo del terzo settore. Alcune istanze potete rintracciarle anche in quest’altro mio post, successivo a questo, dove si poneva alla platea politica un certo tipo di considerazione del mondo della disabilità, della terza età, dell’infanzia.
Quelle che seguono sono alcune istanze espresse, per via informale, al congresso fondativo di +Europa, svoltosi a Milano il 25-26-27 gennaio 2019, che poi vide l’elezione di Benedetto Della Vedova alla carica di Segretario politico. Premetto che il partito in questione, quello che maggiormente mi rappresenta, si dimostra sensibile su certi temi; devo però registrare una specie di resistenza, non dico in termini operativi, ma almeno al dialogo quando sottopongo certe tematiche e con certe sfumature, fatto che si è verificato alcune volte e con vari esponenti in differenti fasi di vita del movimento. Francamente non so spiegarmi perché si crei questo velo di silenzio, ma confido nella sensibilità delle persone che lo rappresentano e nella bontà delle azioni politiche, che, in parte, contengono alcuni principi come li trovate di seguito.
Gentile Dirigenza di “+EUROPA”,
è mia intenzione porre all’attenzione della Dirigenza di “+EUROPA” alcune tematiche sensibili nel tessuto sociale italiano e al centro di interventi della stessa Unione Europea.
Le persone con disabilità sono, in linea teorica e per grandi tematiche, sempre presenti in seno alla dialettica politica, spesso in termini propagandistici, al punto che si creò un Ministero ad hoc per affrontare tematiche e questioni ad esse legate. Ma quanto effettivamente si muove nella politica a garanzia dei diritti, delle prerogative e del pieno sviluppo delle persone con disabilità? La domanda di partenza posta in questo documento è dunque già una risposta, considerando lo stato giuridico di molte persone con disabilità, la negazione di molti diritti e la mancata applicazione di molte norme a tutela, pur previste nel nostro ordinamento, che vede appunto l’Italia capofila al mondo come assimilazione nella cultura giuridica di taluni diritti che, occorre ricordarlo, sono spesso promossi dal nostro Paese sul piano internazionale, ma purtroppo in ritardo nella fase di attuazione di questi stessi principi e diritti al suo interno.
Risulta importante ribadire che i principi espressi nella Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con Disabilità e nelle varie leggi italiane in merito sono il frutto di quello rintracciabile nell’art. 3 della nostra Carta costituzionale, che per molti aspetti risulta ancora disatteso. Questioni aperte, rispetto alla mancata applicazione dell’uguaglianza enunciata all’art. 3, sono la parità tra i sessi e la non discriminazione in base agli orientamenti sessuali, la parità tra tutti gli individui a prescindere dalla “razza” od origine etnica, la parità tra persone indipendentemente dalle condizioni sociali e, aspetto che racchiude il contenuto di questa raccomandazione, dalle condizioni personali.
L’Europa esprime la più alta interpretazione nella garanzia di taluni diritti, emanando regolamenti e raccomandazioni in tal senso, favorendo con istituti speciali la mobilità delle persone con disabilità, garantendo lo stesso accesso anche a strumenti di uso quotidiano, della vita sociale e della sanità. Ma quanto c’è ancora da fare sia in Europa che in Italia?
Con i principi di “uguaglianza” e “pieno sviluppo della persona”, “+EUROPA” pone già nel suo statuto le premesse per potersi assumere l’impegno di portare avanti, con pragmatismo, politiche rivolte alle disabilità, a quelle periferie esistenziali spesso abbandonate nei fatti da chi governa e da chi amministra la cosa pubblica – soprattutto in determinate aree del Paese -, dove tutto ciò si somma ad ulteriori aspetti di degrado sociale, venendo a costituire così un ostacolo realmente insormontabile ad una piena integrazione.
Si deve però rimarcare la scarsità di indicazioni specifiche anche nel nostro programma, dove la parola disabilità è presente principalmente a proposito degli aspetti riferiti alla riforma del sistema sanitario. Si, aspetto importante, ma non sufficiente a ricomprendere la vastità di esperienze e tematiche coinvolte. Si rileva altresì, in termini positivi, la trasversalità delle istanze poste dallo Statuto a proposito della piena valorizzazione dello sviluppo della persona umana, ai processi di democratizzazione e all’uso delle tecnologie e dell’innovazione in termini di e-gouvernement, tutti aspetti che, ovviamente, toccano in pieno le persone con disabilità. Ma possiamo osare, parlare, proporre di più.
Quando si parla di persone malate e di persone disabili si allude ad una percentuale che grossomodo è pari al 10% della popolazione europea e al 7% di quella italiana, percentuali che crescono vertiginosamente quando poi si vuol alludere ai familiari e agli attori sociali che sono coinvolti in queste tematiche. Pertanto trattare ed esporre con pienezza aspetti di questo genere vuol dire avere a cuore quella che è la condizione di milioni di persone. Si ribadisce inoltre che “+EUROPA” può e deve distinguersi per un maggiore pragmatismo in questi ambiti, dove la proposta di azioni concrete, di raccolta delle istanze dal basso, possa poi portare alla presentazione di soluzioni efficaci.
Nel panorama delle realtà vicine a “+EUROPA” è esemplificativo il ruolo dell’associazione “Luca Coscioni” che, attraverso il lavoro di Filomena Gallo, Marco Cappato e Marco Gentili, pone sempre al centro del dibattito e dell’azione politica gli interessi autentici delle persone disabili o malate, non perdendo mai di vista quello che è il carattere fondamentale alla base di vicende e storie, ovvero la dignità, che Emma Bonino ha saputo umilmente mostrare nel raccontare se stessa attraverso la malattia; +EUROPA” da qui deve partire per abbracciare pienamente battaglie, tematiche e proposte perché riguardano l’esistenza di milioni di persone e, se mai occorresse ribadirlo, una volta indirizzati verso percorsi politici che ruotino attorno all’integrazione e all’inclusione, attorno all’assistenza e all’emancipazione, attorno al welfare e ai diritti delle persone malate e con disabilità riguardano anche l’economia, interessando numerosi punti di PIL e voci di bilancio dei singoli stati e dell’Unione Europea.
A “+EUROPA” si richiede di considerare cardine, assolutamente trasversale e di enorme rilievo i tre seguenti aspetti, onnicomprensivi di una molteplicità di situazioni, sulle quali la politica italiana deve dare risposte, per portare il nostro Paese al livello di altre realtà del continente anche dal punto di vista dell’applicazione di questi diritti:
1 – Una maggiore tutela della persona con disabilità nel perseguimento della piena inclusione sociale; questo attraverso l’inserimento di specifici punti riferiti alla disabilità nei documenti ufficiali che da ora in avanti verranno ad opera della dirigenza, che deve tradursi nella proposta concreta di attuazione della normativa già esistente e nel perseguimento degli obiettivi di applicazione dei nuovi diritti provenienti dall’Unione Europea, assorbendo il meglio rappresentato dai modelli di altri paesi all’avanguardia su queste tematiche. Si pensi alla possibilità di attuare al meglio i processi di emancipazione, valorizzando ad esempio l’autoimprenditorialità; oppure adeguando i livelli di accessibilità di luoghi e servizi; o mirare alla piena introduzione dell’e-gouvernment ad ogni livello per rendere maggiormente attiva la popolazione disabile nelle relazioni con la società e lo Stato.
2 – Una maggiore attenzione nei confronti delle persone malate e delle loro famiglie: occorre sottolineare che con l’invecchiamento della popolazione e i cambiamenti climatici, vanno poste al centro della politica le soluzioni di welfare che guardano alla malattia non come una condizione che porta verso la fine, ma lo stato transitorio di difficoltà che ogni persona può attraversare. Ribadiamo con convinzione il sostegno già espresso da “+EUROPA” a favore delle scelte di fine vita, parimenti al riconoscimento dello status di “persone occupate” a tutte quelle centinaia di migliaia di donne che assistono i malati nel nostro paese, spostando il focus da meri interventi economici passivi rispetto al malato cronico al riconoscimento attivo del ruolo di coloro che si occupano quotidianamente di malati e disabili in sostituzione delle elementari funzioni che lo Stato dovrebbe garantire per l’erogazione domiciliare di tali servizi. Si cita la questione del tutto trascurata dalla politica di questo e degli scorsi governi riferita a centinaia di migliaia di persone con Alzaimer, che eccezion fatta per rari casi di brillante intervento, sono spesso – specie al sud – affidati all’assistenza di familiari, che se ne fanno carico con grande sacrificio in termini economici e di dignità.
3 – la piena valorizzazione della persona: questo può avvenire attraverso alcuni punti cardine già presenti nel nostro vulnus politico, ovvero l’attenzione posta allo sviluppo di ogni individuo; concretamente questo, se riferito alle persone con disabilità, può avvenire attraverso forme precise di valorizzazione, come la formazione continua, l’integrazione lavorativa e sociale, il miglioramento degli ambienti e dell’ambiente, il diritto alla costruzione di una vita affettiva, punti che sono premessa, oltretutto, per un rilancio sostenibile della nostra economia e il miglioramento complessivo della qualità della vita di tutti. Si sa, d’altronde, che un mondo dove le persone sono valorizzate e godono dell’accessibilità come diritto garantito è, indubbiamente, un mondo migliore per tutti. Dal punto di vista del soddisfacimento dei singoli progetti di vita occorre dare sostanza all’art. 25, Co. 1, lett. A) della Convenzione, inserendo nel quadro complessivo delle attenzioni di “+EUROPA” in merito alla medicina riproduttiva, un chiaro riferimento alla tutela del diritto da parte delle persone con disabilità all’accesso libero e gratuito a tutti gli strumenti di procreazione medicalmente assistita, per soddisfare pienamente il diritto alla costruzione di una autonoma dimensione familiare; inoltre, per tenere alta l’attenzione su questi temi ed essere incisiva sulle relative politiche, “+EUROPA”, noi tutti, dobbiamo ribadire il diritto riconosciuto nella citata Convenzione a proposito del maggiore coinvolgimento nella politica e nella società delle persone con disabilità come enunciato nell’art. 29, ribadendo il concetto, sempre più necessario, che “niente su di noi, senza di noi”.
In conclusione si ribadisce che occorre interiorizzare, per una maggiore incisività di ogni proposta perseguita, il principio guida espresso dalla sopra citata associazione “Luca Coscioni”, lo slogan che lo stesso fondatore aveva coniato su questi temi: “Dal corpo del malato al cuore della politica”, perché proprio dall’effettiva conoscenza delle tematiche possano poi emergere le più brillanti soluzioni.
Tutto quanto sostenuto sinora si rene necessario da parte di un partito moderno ed europeista, democratico e liberale, per sconfiggere il vuoto oscurantismo che ad oggi è rappresentato da una politica sorda e cieca alle istanze più profonde, immobile e muta sulle grandi tematiche di civiltà.
La primavera incede, se ne avvertono già odori e sensazioni. Tra non molti giorni arriverà un primo rialzo delle temperature che darà il via ad una delle stagioni più entusiasmanti per il nostro Paese, dove natura, cultura e paesaggi si riempiono di colori, profumi, sensazioni e vita. Ma in questo drammatico 2020 tutto ciò sarà solo a beneficio della natura, appunto, perché le persone, noi cittadini, saremo ancora costretti a numerosi sacrifici sul piano delle libertà individuali, costrizione dovuta più dall’inadeguatezza delle decisioni che dallo stesso virus.
Il Governo presieduto da Giuseppe Conte (in Foto, Copyright Corriere della Sera), ha annunciato le nuove misure per uscire gradualmente dal lokdown, ovvero dal blocco di queste libertà individuali con progressività. Ma si tratta di una fase 2 dove occorrerà prendere delle accortezze; per l’aspetto mascherine, ad esempio, leggi qui,
Di seguito vediamo un aspetto che ritengo fondamentale e che accompagna queste misure e un paio di criticità, legate soprattutto alla parte di comunicazione istituzionale, fattore che non ha aiutato in queste settimane la comprensione del fenomeno da parte della popolazione e che risulta, a mio avviso, uno dei punti dolenti e di maggiore debolezza dell’esecutivo nella gestione di questa crisi, che ricordo essere comunque senza precedenti.
Per una panoramica, esaustiva, sulle misure previste dal nuovo DPCM puoi consultare quest’articolo, come premessa per tutto ciò che segue.
Un tweet di Tito Boeri mi da lo spunto per innestare una riflessione, come anticipato. L’ex presidente dell’INPS (NDA) fa un distinguo, che a livello governativo non è stato considerato, tra “distanziamento sociale” e “distanziamento fisico”, e i termini non sono di poco conto. Puoi leggere il tweet qui.
Le parole contano. Distanziamento sociale è fuorviante. Non è quello che vogliamo. Abbiamo bisogno di distanziamento fisico e di forte prossimità sociale altrimenti non ne usciamo. Consapevolezza del fatto che il nostro comportamento incide su quello degli altri e viceversa.
La differenza sta nel fatto che, come sembra palese, si è operato nella direzione di un maggiore distanziamento sociale appunto, confondendolo con il mero distanziamento fisico tra le persone; quello sociale, invece, è già implicito tra le conseguenze della crisi, volendo considerare all’aspetto economico di questa vicenda; per questa emergenza non si è considerato la realtà dei vari strati di popolazione in sofferenza anche prima della crisi per storture strutturali del nostro paese, come le fasce più deboli (anziani, bambini disabili). La strage Nelle RSA, l’assenza di decisioni specifiche per le persone con disabilità, di cui quali puoi leggere qui
(a proposito delle scelte di sanità pubblica in relazione alla cura) e l’approccio della didattica a distanza per i bambini in tenera età in particolare son il vero tallone d’Achille dal punto di vista della creazione delle politiche pubbliche in relazione alla crisi del Corona Virus, dove la lentezza e l’incapacità di instaurare processi di Policy making sono palesi e rischieranno di creare futuri problemi strutturali al nostro Paese, che già su certi aspetti non aveva modelli continuativi sul territorio, e che richiederà una nuova definizione di taluni modelli.
Arianna Cavallo, ad esempio, qui descrive molto approfonditamente ciò che accade nell’universo scuola con tutte le sue criticità.
La confusione del mondo politico, generalizzata per tutti i temi, ma volendo rimanere sul discorso della scuola, rende chiara l’inadeguatezza di tutti questi personaggi nella gestione degli aspetti più sensibili della nostra comunità. Rimane, certo magra consolazione, la figura del presidente della Repubblicaconfusione del mondo politico, generalizzata per tutti i temi, ma volendo rimanere sul discorso della scuola, rende chiara l’inadeguatezza di tutti questi personaggi nella gestione degli aspetti più sensibili della nostra comunità. Rimane, unica consolazione, la figura del presidente della Repubblica a restituire un po’ di dignità alle istituzioni, come puoi leggere qui rispetto alle difficoltà della scuola come comunità.
“Se ami l’Italia, mantieni le distanze”,, l’ultimo slogan coniato dalla comunicazione della Presidenza del Consiglio, sembra quindi un vergognoso schiaffo in faccia alla popolazione tutta, ma fasce deboli in particolare, che stanno tentando in tutti i modi di attenersi da due mesi alle indicazioni date dalle autorità sanitarie, addossando sui cittadini ogni forma di responsabilità per ciò che accadrà in futuro e questo sembra inaccettabile; per il semplice fatto che molto di ciò che accadrà domani (leggi nei prossimi 15-20 giorni) dipenderà dall’inadeguatezza delle scelte di politica sanitaria, sia a livello centrale che locale, visto che come al solito si procede in ordine sparso.
Questa considerazione è avallata ulteriormente dal fatto che dal discorso del presidente Conte ci si aspettava, nel descrivere questa fase 2 di “convivenza con il virus”, come egli l’ha definita, maggiori informazioni sulle strategie del Governo su tamponi e tracciamento, il vero nodo della questione, come Andrea Crisanti spiega molto bene qui
come emerso anche in un’intervista di Filippo Solibello su Caterpillar di radio2 RAI con il virologo Pregliasco, che dichiara che “per la parte sanitaria ci stiamo attrezzando, i materiali arrivano e i centri di analisi continuano ad essere accreditati”, trovando l’unico conforto, come spesso accade per tutta la vicenda COVID, nelle donne e negli uomini di scienza che, però, non sono né da confondere né possono sostituirsi alle donne ed agli uomini che gestiscono ed indirizzano il Governo, ad ogni livello.
Concludo con una riflessione amara: dalle disposizioni, già carenti per la parte di Politica sanitaria e altre Policy, per le scarse attenzioni alla scuola e all’infanzia, è del tutto assente la parte riferita alla cultura che, come molti hanno fatto notare, è sparita dalle varie disposizioni. Eppure questo è un paese che sulla cultura fa muovere tanto PIL, sia come economia dei contenitori culturali che come industria della cultura. Bene, su questi aspetti è tutto molto fuligginoso, opaco, per non dire colpevolmente ignorato.
Riusciremo a riprendere un nuovo cammino se scuola, cultura e Politica /con la P maiuscola) saranno ancora assenti dall’orizzonte del Paese?