Se il calendario civile citato dall’autrice ha una sua importanza, oggi ricordiamo la definizione definitiva dei diritti dei lavoratori nel nostro paese, ricordando i cinquant’anni dall’approvazione dello statuto dei lavoratori. Segnalo questo bel saggio storico sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, del mondo del lavoro e sindacale.
Di seguito la sintesi di due articoli, pubblicati il 20 e il 21 giugno 2018, quando al Governo sedeva il moralista padano, detto anche Senatore Salvini. In quell’epoca vi fu un gran parlare sulla cannabis light, che viveva un boom di produzione e vendita sull’onda della normativa del 2016; ma parimenti, l’allora indegno Ministro degli interni, mosse una guerra ideologica verso i cannabis store, compromettendo un’intera filiera produttiva e migliaia di posti di lavoro, poi risolta da molte sentenze di vari tribunali verso la legittimità alla produzione e alla vendita. Inoltre questi due post che mi danno la possibilità di ricordare in appendice le recenti posizioni della Cassazione e segnalare una campagna di disobbedienza civile.
Il 20 giugno 2018, in un post dal titolo “Il coraggio della civiltà”, raccontavo della richiesta delle Nazioni Unite di depenalizzare l’uso della cannabis a livello planetario; “tale richiesta nasce dalla considerazione concreta che il proibizionismo è stato un errore dal punto di vista terapeutico e sanitario. Tutto ciò è supportato da numerose iniziative legislative a livello mondiale e al proliferarsi di studi scientifici che hanno dimostrato una utilità dell’uso di droghe in ambito farmacologico. Inoltre il Portogallo ha dimostrato che depenalizzando completamente il possesso per fini di utilizzo si possono risolvere d’impatto tre problematiche: il calo delle tossicodipendenze, il miglioramento di vita delle persone tossicodipendenti e il calo della criminalità. Forse, soprattutto quest’ultimo, è un punto che non sta molto a cuore a certa cultura politica nostrana.
Dunque ai politici italiani ricordo di darsi da fare ad interpretare questi cambiamenti a livello internazionale per migliorare il nostro tessuto sociale e adeguare gli standard sanitari per i cittadini.”. I contenuti di questo primo post, a molti, ricorderanno quei giorni e, a me, ricordano che molto c’è ancora da fare, anche perché, dal punto di vista concreto della legalizzazione o, per lo meno, di una depenalizzazione della Cannabis, non è stato fatto nulla dalla politica e quel poco, come vedremo, è stato demandato all’iniziativa della magistratura, elemento comunque non confortante per una democrazia.
In quei giorni, oltre all’iniziativa dell’ONU e all’offensiva proibizionista della politica italiana, si registrò (permettetemi di dire, sempre in maniera pilotata dai gruppi di potere oscurantisti) una presa di posizione istituzionale nel senso proibizionista che, visto il tempismo, voleva sconfessare la presa di posizione delle Nazioni Unite palesate nelle ore precedenti. Alludo ad un parere del Consiglio Superiore di Sanità, proprio a proposito della Cannabis Light, a supporto delle guerre proibizioniste del mistificatore padano, allora indegno ministro degli interni. Su questo, il 21 giugno 2018 in un post dal titolo “L’antitesi della ragione”, analizzavo alcune delle questioni che portarono il CSS ad emettere parere negativo verso la commercializzazione degli “spinelli leggeri” che in quel periodo stava registrando un boom, alla luce delle numerose licenze date anche per la vendita in negozi idonei; dunque, a tal proposito ricordavo che “(…) si parla di un prodotto ad uso ricreativo, dove le limitazioni nelle percentuali sono inferiori anche di quaranta volte rispetto alle varianti terapeutiche, anche di sessanta rispetto a quelle fatte circolare dalla criminalità. Comunque, i quesiti posti al Css sono, in sostanza, se questi prodotti siano da considerarsi pericolosi per la salute umana e se possano essere messi in commercio ed eventualmente a quali condizioni. L’organo consultivo raccomanda, con molta premura, che “siano attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti”. Ovviamente lo stesso titolo precauzionale che mette l’alcool, il quale provoca migliaia di morti dirette e indirette all’anno, e il tabacco, dannoso per i polmoni di chi fuma e di chi sta accanto, che ci induce a vendere questi prodotti sotto monopolio dello Stato. Il CSS dimentica che sarebbe lo stato a vigilare sulle regole di vendita proprio a scopo precauzionale, perché altrimenti non si spiega, se non con l’avvelenamento sociale progressivo ed ideologico con alcool e tabacco, questa disparità di trattamento di sostanze che nella scala sono esattamente invertite per pericolosità e livello di dipendenza, ovvero alcool, tabacco e cannabis.
Il Consiglio “ritiene che la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggera’, non può essere esclusa”. Ma guarda caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, proprio ieri (20-06-2018, NDA), ha posto delle questioni di opposta veduta, dove viene ribadita la minor pericolosità per la salute dei principi di cannabis (sopratutto in chiave terapeutica e di sanità pubblica), tant’è vero che ha chiesto alle Nazioni Unite di rivedere le politiche di proibizionismo a livello globale. Ma dalle parti dell’OMS ovviamente sono degli sprovveduti.
Sulla questione della dannosità inoltre il CSS sostiene: “La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni (0,2%-0,6% (percentuali consentite dalla legge ad oggi, NDA) non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, il Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili; tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine”. Niente di più falso. In primo luogo perché la cannabis, perdurando a lungo nell’organismo, è determinabile in rapporto alla quantità consumata con approfondimenti riferiti ad esami tricologici. In secondo luogo perché l’effetto psicotropo dura poche ore rispetto all’assunzione diretta via inalazione. In parole semplici, il THC degrada più velocemente e viene espulso dall’organismo subito, in quantità tali da non dare più effetti che possano essere considerati nocivi, nonostante gli accumuli nel grasso, proprio perché contrastato dal CBD e altre molecole contenute nelle infiorescenze. Nessuno dopo aver fumato anche 2 o 3 canne di sera, la mattina al lavoro è preso da effetto psicotropo. Dal punto di vista delle limitazioni poi basterebbe solo escludere alcune categorie dalla possibilità di consumo, come avviene laddove la cannabis e depenalizzata o legalizzata. Così stiamo tutti più tranquilli
Il CSS insiste: “non appare in particolare che sia stato valutato il rischio al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni, quali ad esempio età, presenza di patologie concomitanti, stati di gravidanza-allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, così da evitare che l’assunzione inconsapevolmente percepita come ‘sicura’ e ‘priva di effetti collaterali’ si traduca in un danno per se stessi o per altri (feto, neonato, guida in stato di alterazione)”. Rispondo solo che con l’Alcool, il tabacco e gli psicofarmaci chi ne controlla i consumi? No, perché su questi prodotti la pericolosità è tanto quanto confermata, dato il loro abuso o uso fuori controllo.
Quanto al secondo quesito, il Css ritiene che “tra le finalità della coltivazione della canapa industriale” previste dalla legge 242/2016, non è inclusa la produzione delle infiorescenze né la libera vendita al pubblico; per tanto la vendita dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’o ‘cannabis leggera’, in forza del parere espresso sulla loro pericolosità, qualunque ne sia il contenuto di Thc, pone certamente motivo di preoccupazione”. Siamo all’assurdo. Oltre a tutto quanto detto sinora, vorrei sottolineare che i limiti normativi prevedono un lavoro per superarli, non tanto rimarcarli per porre divieti, in controtendenza con ogni valutazione scientifica e giuridica nel mondo.”.
Nel 2020, registrando un sostanziale immobilismo della politica, come anticipato segnalo la pubblicazione delle motivazioni di una sentenza della Corte di Cassazione, risalente al dicembre 2019, rese note il 16 aprile 2020, che determina la non perseguibilità con l’azione penale della piccola e rudimentale coltivazione domestica per consumo personale; i criteri e le circostanze di queste posizioni della Corte sono ben riassunte, assieme alle evidenze delle mancanze della politica, da Marco Perduca in questo post.
Da segnalare inoltre che il 20 aprile 2020, giornata mondiale della lotta antiproibizionista per la Cannabis, è partita la campagna di disobbedienza civile #IoColtivo , promossa da varie organizzazioni, tra le quali Meglio legale, Associazione Luca Coscioni e Radicali. Notizie sulla campagna o per adesioni consultate
Questo lungo articolo lo concludo con l’auspicio che presto il legislatore intervenga in funzione antiproibizionista, anche e soprattutto per risolvere un gravoso problema, che in tempi di Coronavirus si staglia con forza, ovvero il sovraffollamento delle carceri e l’inadeguatezza del sistema penitenziario. Infatti, un terzo dei detenuti è punito proprio per reati riferiti alla produzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti, quindi con un gesto di civiltà si potrebbe dare respiro al sistema penitenziario italiano, in profonda sofferenza, oltre che a restituire un senso di civiltà al nostro sistema giudiziario, molto assorbito dalla repressione di reati per droga e nello specifico per cannabis.
Il post lo dedico a Marco Pannella, che qualche giorno fa (2maggio, NDA) avrebbe compiuto novant’anni, ricordandolo per tutte le sue battaglie di civiltà e per l’affermazione dello stato di diritto e ringraziandolo per averci dato la forza e il coraggio di lottare ancora per i diritti civili di tutti.
NB: gli articoli scritti il 20 e 21-06-2018 sono volutamente inseriti nella categoria Diritti Civili e non Memoria Futura perché, a distanza di tempo, mi sono accorto dell’attualità dei loro contenuti.