Per l’archivio storico di questo blog, che trovate sotto la categoria Memoria futura, vi propongo un post scritto nel marzo 2016, che ha in sé delle riflessioni molto attuali, sopratutto in tempo di Coronavirus; l’emergenza infatti ha ulteriormente oscurato sotto il profilo mediatico le effettive esigenze dei disabili e la necessità di parlare delle disabilità sotto una nuova veste, più moderna, più rispondente ai canoni della civiltà, come indicato dalla Costituzione repubblicana e dall’ONU nella Convenzione per i diritti delle persone con Disabilità del 2006. Il post che segue tra virgolette fu scritto a seguito di una serie di articoli pubblicati su varie testate a proposito delle nostre attività di allora, fatto che mi lusingava non poco, perché con l’impegno nel turismo accessibile assieme a Sonia riuscimmo a smuovere una sorta di cortina d’omertà generalizzata attorno alle disabilità nel Salento. Ma mi sentii di fare delle precisazioni sotto forma di ulteriori riflessioni, che di seguito vi sottopongo integralmente, ritenendole del tutto attuali ed utili perché parlando agli operatori dei Media mi rivolgevo in verità ad un intero tessuto sociale. Sapete com’è, parlare a suocera perché nuora intenda, ma a distanza di anni non hanno inteso, a mio avviso, né suocera né nuora. Buona lettura.
“Ovviamente non sono impermeabile a ciò che si muove in termini di comunicazione attorno a me, soprattutto se questo movimento riguarda la mia persona o le mie attività. Giusto anche per me ritengo associare il vecchio adagio “ognuno è artefice del proprio destino”, ma a volte mi sorprendo per il livello di feedback che si crea attorno, dando a questo “attorno” una connotazione di “liquidità”, dai toni e dai riflessi sempre diversi. Questa contorta premessa per ringraziare tutti quegli operatori dell’informazione e della comunicazione che in qualche modo hanno rivolto la loro attenzione alle nostre attività e/o al nostro modo di porre certe questioni. DI seguito alcune ulteriori riflessioni sulla Convenzione, che mi aiuta nel relazionarmi con voialtri, giornalisti e comunicatori, ricordandovi che al di là delle “coccole” e dei “complimenti!” degli amici, occorre sollevare certe leve e premere certi tasti per una Politica e una Società più mature e avanzate; qui un po’ di impegno e buona volontà è anche a carico vostro.
Responsabilità degli operatori dell’informazione e degli esperti di comunicazione, a mio personale avviso, è l’accentuare gli aspetti legati ai principi generali contenuti negli art. 3 e 4 della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con Disabilità, svuotando ogni azione o attenzione da contenuti “emergenziali” o “pietistici”, adempiendo cioè alla propria funzione di “cane da guardia” della democrazia, considerando il fatto che le più moderne delle democrazie passa anche da questo disposto di civiltà, legge dello Stato italiano dal 2009 (l. 18, NDA); ora passerò ad argomentarvi il perché. Ovviamente mi sento pienamente coinvolto quando si tratta di aumentare il livello di consapevolezza attorno alle disabilità e valorizzarne i contributi rilevanti per il territorio e le comunità, come sancito nell’articolo 8; ma quanto affermato in quell’articolo è appunto la missione che tocca quotidianamente ad ogni operatore dell’informazione, chiamato a confrontarsi con questi temi, di una certa rilevanza per il nostro tessuto sociale; Affermo ciò proprio perché l’Italia probabilmente è sul livello di percezione che ha bisogno di recuperare il terreno perduto in trent’anni di gap culturale, quei trent’anni intercorsi tra il periodo di maggior produzione legislativa in merito ai diritti delle persone con disabilità, continuato pure oltre quel periodo (anni Settanta-Ottanta, NDA) e quando ci si è fermati per capire come andassero le cose, ed evidentemente è sorta la nemesi tra parole scritte e comportamenti adottati (grossomodo primo decennio degli anni Duemila, NDA). Siamo stati sempre i fuoriclasse, nell’espletare tutti i principi cardine; quando leggerete i primi 30 articoli della Convenzione, quelli più operativi, e cercherete riscontri nella nostra legislazione, vi salterà all’occhio come l’Italia a più o meno contribuito al 50% con la sua esperienza giuridica. Si, Giuridica appunto. Ma la sfida per tutti gli operatori dell’informazione e della comunicazione è racchiusa nell’articolo 21 della stessa Convenzione, completato in alcuni passaggi dell’art. 30, dove questo impegno per la dimensione futuribile è suddiviso in due livelli: da un lato garantire il maggior accesso possibile alle informazioni; qui forse qualcosa in Italia viene fatta, grazie al grande panorama di iniziative editoriali sul web, blog privati e canali specialistici di comunicazione (penso in primis a Superabile dell’INAIL, NDA). ma nella sfida è contemplata anche la possibilità di dare maggiore spazio e riservare sempre più frangenti considerevoli a talune tematiche o necessità di una fetta, che si voglia o no, in continua crescita nel tessuto sociale italiano; e se vista attraverso la lente a grandi maglie, quella della “disabilità” permanente o temporanea riguarda ormai fasce di popolazione vicine al 10%. Ovviamente non tutto si risolve dall’oggi al domani, e ovviamente non tutto ricade sulle spalle di giornalisti e comunicatori, ma evidentemente nella società ipertecnologica in cui viviamo, dove l’informazione è condivisa, globale, circolare e subitanea, evidentemente se certi temi non arrivano alla ribalta, al cuore, evidentemente qualcosa occorre fare, e ognuno ci deve mettere il suo. Il passaggio di livello sta dal ricondurre tali tematiche dagli aspetti esclusivamente “sociali” a questioni apertamente “politiche”, visto che non si parla solo di servizi alla persona, ma anche di questioni legate ai lavori pubblici, al diritto al lavoro, alla libertà di cura e di ricerca, al diritto di godere dei diritti fondamentali come dettati dall’art. 3 della Costituzione Italiana…
Se non è considerazione “Politica” questa? Chiudo questa trattazione invitando tutti coloro che si sentano spinti a garantire nel loro “tempo professionale” spazi che rispondano al rispetto dei dettati della Convenzione, proprio per abbattere gap culturali e disagi comunicativi legati all’immagine stereotipata della disabilità, a farlo perché occorre lavorare sul terreno della cultura, e lo si deve fare tutti, per smontare l’atteggiamento della grettezza pietistica che sottrae forze e giusta considerazione delle persone con esigenze speciali, disabili che dir si voglia, proprio perché da “soggetti svantaggiati della società” si passi alla piena considerazione di “risorsa per la società”, che in fin dei conti è un esercizio solo di percezione, considerando che attorno a noi, in Europa, questi gap sono grandemente superati senza necessariamente prevedere misure assistenziali, ma solo la giusta considerazione di esigenze e prospettive, di risorse da investire e di potenzialità da veicolare, così, naturalmente, come per qualunque altra categoria di cittadini che pienamente godono di tale status.”.
Questo post fu ispirato da articoli Che raccontavano la nostra realtà come questo
NB: articolo scritto il 22/03/2016.