#GiornataMondialeAutismo 💙 alcuni video tra comunicazione istituzionale e messaggi educativi

Alcuni video molto belli e interessanti di sensibilizzazione sulla consapevolezza sull’autismo rilanciati dai miei social e dalla pagina facebook di Radio32.

Partiamo con il primo, comunicazione sociale della RAI.

Questo, con dei fumetti, è realizzato da una scuola media campana e si rivolge ai più piccoli…

L’ultimo è stato realizzato da un istituto comprensorio di San Severo, in Puglia, ed è molto esaustivo, oltre che accessibile a tutti. Complimenti…

💙💙💙💙💙

Pubblicità

Contro la mia volontà

Il seguente post, che cita un report di poche settimane fa, racconta di un’autentica vergogna del genere umano. Non esiste pretesa culturale che possa giustificare in alcun modo.

L’Unfpa è l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di garantire la salute sessuale e riproduttiva in più di 150 Paesi nel mondo. I suoi obiettivi …

Contro la mia volontà

Partecipazione alla vita politica e pubblica. Via @AccessoTotale del network del @DisabiliPride

Riflessioni sempre utili sulla Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con Disabilità provenienti da una realtà del Disability Pride.

L’art. 29 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità fa riferimento alla partecipazione alla vita politica e pubblica da parte …

Partecipazione alla vita politica e pubblica

Per i diritti delle persone con disabilità c’è ancora tanto da fare. Carmelo Comisi sul divano di OpposteVisioni.

Premesse

Durante le passeggiate accessibili organizzate dal network del Disability Pride per Natura Senza Barriere a Macchiatonda ho avuto la possibilità di incontrare e chiacchierare con il presidente nazionale del Disability Pride Italia. Mi è sembrata la migliore occasione per spostare idealmente il divano dal salotto di casa in aperta natura e, successivamente, nel complesso architettonico di Santa Severa, e con Carmelo Comisi mi sono soffermato per alcune domande che hanno portato a riflessioni e notizie che vi propongo di seguito. In premessa mi sembra necessario sottolineare che, seppur a distanza di un mese da quell’iniziativa, gli argomenti emersi dalla chiacchierata con Carmelo siano sempre interessanti. Inoltre da quella giornata si sono sviluppate delle riflessioni profonde che mi hanno portato a considerare seriamente l’adesione di questo blog al network, e per questo sto lavorando al momento. Ciò comporta piccole e grandi novità, ma a quest’aspetto dedicherò un contributo a sé. Ora parola a Carmelo.

Parole in movimento

Per OpposteVisioni ho il piacere di fare spazio idealmente sul divano a Carmelo Comisi, personaggio molto interessante e vivace, attivo come pochi, Presidente dell’associazione Disability Pride Italia, importante componente del più ampio movimento internazionale del Disability Pride Network, una delle realtà più impegnate sul fronte della comunicazione e delle battaglie per i diritti delle persone con disabilità. La nostra chiacchierata, come ricordato sopra, risale alla giornata del 27 giugno, svolta a metà tra la riserva di Macchiatonda e il castello di Santa Severa, un po’ registrata e un po’ no.

Abbiamo iniziato questa giornata con l’adesione ad un’iniziativa che vede centrale il discorso dell’accessibilità di spazi culturali e naturalistici. Qual è l’importanza dell’accessibilità nel nostro tessuto sociale, oggi, nel 2020?

Potrei dirti che siamo giunti al 2020 e per l’accessibilità non è ancora stato fatto questo o quell’altro. l’Italia, come sappiamo, è il Paese delle norme, abbiamo da trentacinque anni le norme più stringenti, più importanti se vuoi, sull’abbattimento delle barriere architettoniche, ma non sono applicate nemmeno sul patrimonio immobiliare degli ultimi trentacinque anni, per garantire diritti di cittadinanza alle persone disabili come a tutti gli altri, appunto con fondamenti basilari, adeguando con l’accessibilità tutto il patrimonio immobiliare. Ci sono però dei luoghi, come quelli visitati oggi e altri che ci riproponiamo con realtà del network, come l’associazione “Radici” o l’associazione delle guide turistiche italiane, di renderli fruibili per i mesi e gli anni a venire, per stimolare gli altri a fare altrettanto, perchè tentiamo di promuovere queste strutture e questi spazi, cercando di realizzare attività come network del Disability Pride al fine di portare all’attenzione dell’opinione pubblica l’importanza di questi luoghi e queste eccellenze e per ribadire che le persone con disabilità ci sono, esistono anche come fruitori di spazi culturali. Ed è importante che vi siano luoghi accessibili riferiti al patrimonio culturale, che è sicuramente un aspetto legato alla civiltà, ma rendere accessibile il grande patrimonio culturale italiano è anche una questione economica. Come rete italiana del Disability Pride stiamo cercando di far compiere passi in avanti per le condizioni delle persone con disabilità, guardando all’aspetto dell’inclusione. Lasciami aggiungere che per fortuna non siamo gli unici ad andare in questa direzione.

Come va con le grandi organizzazioni di disabili?

Voglio in primo luogo registrare che la rete va ampliandosi. Ci sono delle relazioni, ad esempio, con l’Unione Italiana dei Ciechi, che sino ad ora non aveva aderito ufficialmente al network. Credo che con l’attuale presidente Barbuto vi siano buoni spazi di dialogo. Sono ottimista, quanto lui entusiasta.

Nelle strade di Roma durante la manifestazione del 2019 girava lo slogan “non è l’elemosina ciò che vogliamo, maAa i nostri diritti “. A che punto siamo con l’affermazione dei diritti delle persone con disabilità in Italia?

Diciamo che a conti fatti non ci hanno dato al momento nemmeno l’elemosina, e sarebbe stato già qualcosa! Scherzi a parte, dal punto di vista dell’affermazione dei diritti c’è tanto da fare. Il nostro faro sono i cinquanta articoli della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, che ricordo sempre essere legge dello stato dal 2009, che mostrano la direzione da seguire per l’inclusione nella società dei disabili. Però, per seguire questa direzione occorrono molti servizi e molti di essi, se consideriamo le molteplici forme di disabilità, sono carenti, da qualsiasi punto di vista li si guardi. Si, C’è molto da fare.

Quali le prossime iniziative del Disability Pride alla luce del cambiamento di programma per il Coronavirus?

Per il 2020 ci stiamo organizzando perché la nostra tradizionale manifestazione del Pride venga fatta non in presenza, ma in maniera mediatica. Si terrà tra settembre ed ottobre; non posso dirti con precisione ancora su quali canali, forse in rete, ma ci sono delle trattative aperte perché la manifestazione si tenga in TV. Ma non posso ancora svelare nulla.

Salutando Carmelo è forte la convinzione a voler dare un modestissimo contributo ponendo a disposizione del network le competenze acquisite in tanti anni di esperienza diretta sul campo in vari settori. A presto ulteriori notizie ed approfondimenti dal mondo del Disability Pride network, di cui mi sento pienamente parte.

Il libro bianco sulle droghe 2020.

Fuoriluogo. Copertina del libro bianco sulle droghe

Il 26 giugno scorso, Giornata mondiale indetta dall’ONU contro l’abuso di droghe e il narcotraffico, c’è stata la presentazione dell’Undicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe curato da Forum Droghe, che in verità aveva già visto una presentazione ufficiale il giorno prima, quando durante la manifestazione di Montecitorio indetta da MeglioLegale veniva presentato alla Camera dei Deputati il documento elaborato per fotografare il livello di consumi in Italia e sullo stato delle politiche per la prevenzione del danno. Al webinar di presentazione del documento alla stampa hanno preso parte i rappresentanti delle realtà e i ricercatori che hanno contribuito alla stesura di quest’importante documento di analisi che, è utile sottolineare, , non è prodotto da un’agenzia pubblica, ma demandato alla volontà del terzo settore e delle realtà dei servizi alle tossicodipendenze.

Il quadro generale

Dalla lettura di questa edizione del libro bianco emerge il verificarsi di una doppia realtà, che a sua volta comporta due conseguenze; nel complesso la ricerca restituisce la fotografia di un paese ancora impreparato ad affrontare strutturalmente la questione. Da un lato l’immobilità della politica, al cospetto del fatto che in tutto il resto del mondo – a a prtire dalle agenzie dell’ONU – ci si sta ponendo il problema del proibizionismo, ovvero l’arretratezza sociale e le difficoltà economiche che comportano le politiche proibizioniste. D’Altra parte c’è l’incapacità della stampa italiana di presentare la questione del consumo non come un aspetto legato alla pericolosità sociale (percezione provocata dalla presenza nella cronaca legata alle sostanze della criminalità, come gestore unico del mercato di riferimento), non già per quello che a tutti gli altri appare ovvio, cioè come una questione legata alla scelta personale, alla tutela dei consumatori e riferita ad aspetti di tipo socio-sanitario.

Cosa non fa la politica

Dal lato della incapacità della politica di agire nel senso di evoluzione del sistema, con l’approvazione di una politica di prevenzione ancor più che di repressione, ha come conseguenza il disumano sovraffollamento delle carceri e intasamento del sistema giudiziario, con più di 172000 processi per reati legati al consumo di droghe, rispetto a soli 40mila per reati di traffico, come ricordava Elia De Caro di Antigone durante il suo intervento; si ricordava anche come il 35% della popolazione carceraria è costituito da donne ed uomini private della libertà personale per reati riconducibili al consumo e al piccolo spaccio, dato emerso anche durante la presentazione della Relazione al Parlamento di Mauro Palma, Garante Nazionale delle persone private della libertà,svolta sempre durante la mattinata del 26 giugno. Una seconda conseguenza è quella paradossale vissuta dai consumatori di cannabis terapeutica, che spesso anche in presenza di prescrizioni mediche hanno delle conseguenze penali perché ritenuti “contravventori” per la legislazione attuale, con una serie di conseguenze personali che aggravano situazioni socio-sanitarie già poste di frequente al margine dell’attenzione degli enti di cura e assistenza. In generale, l’assenza di uniformità dei servizi sul territorio nazionale e di politiche nel settore emerge con forza, denotando un gravissimo e colpevole ritardo della nostra dirigenza politica e del Parlamento rispetto a tutto quel mondo occidentale (e non solo) che invece si è posto il problema di cambio di passo, compresi quegli stessi Stati Uniti che iniziarono la guerra alle droghe, con il sostegno all’approvazione della prima convenzione internazionale di contrasto nel 1961. Oltretutto questo cambio di passo non è rallentato con il Coronavirus, bensì ha visto in varie realtà accelerazione per tentare di arginare le conseguenze del Covid; si è notato in alcune esperienze degli states come una politica antiproibizionista mitigasse le conseguenze economiche della crisi.

La cattiva informazione

La conseguenza emersa a carico del ritardo del mondo della comunicazione ad adeguare lo standard qualitativo delle informazioni attorno al mondo delle dipendenze e del sistema carcerario è riconducibile al persistere di uno stigma che a livello sociale ancora è fortemente pervaso nella nostra collettività. Ciò dimostra il grande disinteresse per la questione del consumo delle sostanze, un fenomeno che complessivamente coinvolge 8 milioni di cittadini italiani. Non sono di certo una quota marginale della popolazione. Questi cittadini, aspetto rivendicato con forza da molti relatori, meritano attenzione da parte della politica anche per una tutela come consumatori, quindi con una ovvia normazione del mercato per controllare la qualità delle sostanze circolanti, aspetto che denoterebbe appunto il rispetto di persone che scelgono consapevolmente quale sostanza consumare, sforzo che presuppone la capacità di allontanarsi dall’immagine di un drogato pronto a comprare di tutto sul mercato illegale pur di provocarso lo “sballo”.

La cannabis come volano antiproibizionista

Ruolo importante nella relazione e al centro del dibattito di queste settimane lo ha la cannabis, considerando anche la vicinanza della manifestazione di piazza Montecitorio e l’iniziativa dei cento parlamentari, che durante gli Stati Generali delle scorse settimane hanno scritto una lettera a Conte per ribadire l’importanza di valutare politiche di depenalizzazione per tutti i motivi sinora descritti, oltre che per motivi economici visto il tema della serie di meetting di Villa Panfili. Tutti i relatori hanno sottolineato la necessità di decriminalizzare e regolamentare la produzione, l’uso e la vendita di cannabis, per poi aprire la strada antiproibizionista verso tutte le sostanze, in modo da sottrarre da un lato potere economico alle organizzazioni criminali, dall’altro trarre risorse per i livelli di cura e assistenza – guardando alla riduzione del rischio -, sia in termini di risorse liberate nel sistema giudiziario, inquirente e penitenziario, sia per gli introiti diretti derivanti dalle imposte sul commercio dei vari prodotti, fattori che darebbero respiro non poco alle casse dello stato, oltre a vedere l’attivazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Ovviamente sui canali social di Forum Droghe e FuoriLuogo troverete traccia del webinar e degli altri appuntamenti dedicati alla presentazione del libro bianco, che potete trovare e scaricare Qui

Consigli per la serata: per la #giornatamondialedelRifugiato il teatro alla radio

Per la giornata mondiale del rifugiato 2020 consiglio di seguire la diretta della trasmissione Il teatro alla radio su Radio 3, Dove tra i vari ospiti ci sarà il modo anche per la lettura di un testo teatrale diDel quale parlerò presto a proposito di un suo romanzo. Davide Enia, Del quale parlerò presto a proposito di un suo romanzo.

Trasmissione in onda tra le ore 20:00 e le ore 21:15. Dal link sopra indicato ovviamente raggiungibile il podcast tramite il sito di radio Rai

, L’autonomia? Non sintomo di dignità, ma segnale di truffa…

Per Memoria Futura vi propongo tra virgolette un articolo del lontanissimo 2013, dove evidenziavo alcune questioni legate alla trattazione della disabilità dai media, in tutte le sue sfaccettature. Molte di tali riflessioni poi sono state approfondite Qui.

Ciò che mi scandalizzò all’epoca fu la rozzezza con la quale un organo di stampa importante come “La Repubblica” trattasse certi temi, Con molto sensazionalismo, perplessità dovute al fatto che si trattava di un aspetto sensibile come le truffe allo stato da parte di falsi invalidi, nervo scoperto nel nostro Paese. L’intero impianto di questi pensieri lo reputo ancora valido, perché molti altri sono stati gli episodi di cattiva informazione intercorsi in questi anni. La proposta ancora del tutto valida, perché inevasa. Buona lettura.

““Prima ancora di passare all’analisi, specifico che i falsi ciechi di Palermo lo sono. Si. Non ho dubbi. Ma li ho per le affermazioni degli inquirenti. Quando vengono divulgate queste notizie ricordate che esiste una cosa che voi non avete, signori della Guardia di Finanza, signori giudici, signori funzionari INPS. Molto spesso dietro i vostri accertamenti manca la valutazione del parametro affermato in leggi internazionali, ratificate dal nostro Parlamento, ovvero la Dignità. e leggetevi la dichiarazione dell’ONU sui diritti delle persone disabili.

Ma veniamo al dunque. Le argomentazioni esposte di seguito saranno di tre ordini: 1 l’affermazione che quelli di Bagheria sono falsi ciechi. 2 il perché lo sono ma per ben altre motivazioni espresse dagli inquirenti di Palermo ; 3 la totale inadeguatezza di quella classe dirigenziale a svolgere indagini e la richiesta di commissioni ad hoc per risolvere la questione, ma composta dai migliori e più colti agenti dello Stato. Andiamo per ordine.

I pezzi visti online sui fatti siciliani sono molto simili tra loro. Evidentemente tutte le testate (aspetto sul quale ora non mi dilungo)hanno usato le veline GDF, pari pari, per dare la notizia. E ad eccezion fatta delle testate giornalistiche nazionali, che ricamano la notizia in chiave governativa, tutti gli altri canali di informazione non si prendono la benché minima bega di approfondire la notizia; rammarico, sul quale ripeto, tornerò poi. Signori giornalisti da urlo, presto o tardi ne avrò anche per voi, in difesa dei vostri colleghi onesti in primis. I fatti dicono che questi signori avevano una certa autonomia sulla quale non potevano riscontrarsi assenze tali della vista, quindi seppur minime effettivamente le capacità di vista c’erano. L’infrazione loro contestata è quella di aver dichiarato di essere “ciechi assoluti”, quando in verità non erano tali. Non sapremo mai se magari questi fossero con microlftalmo, monocoli, ventesimisti, glaucomati, colobomizzati, o magari chissà quale patologia che ne riduceva la capacità normale al vedere, ma di certo non ciechi assoluti. Chi non si accompagna al muro, al bastone, ad un cane o ad un braccio in effetti non può essere sempre certo al 100% di intraprendere la traiettoria giusta. E quindi evidentemente anche fossero ombre o sagome, loro le vedevano. Quindi sono “falsi ciechi assoluti”. Una considerazione: un ambiente conosciuto, a partire dalla propria casa, il quartiere, strade note, un cieco che sia in grado di deambulare le affronta tranquillamente anche senza supporti esterni. Si contano passi, si ascoltano suoni, ci si regola dalla presenza o meno di un’apertura d’aria in prossimità di una strada. Ma per carità, queste son robe per ciechi fenomenali dell’estero, magari, ma questi erano tre anziani, ignoranti forte, che il medico accondiscendente l’hanno trovato. Eccoci al punto. Gradirei dai Signori inquirenti che, una volta tanto, nel dare le veline l’attenzione fosse spesa verso coloro che quelle pensioni le hanno rilasciate,perché potrebbero essere quegli stessi dirigenti medici INPS che oggi vi dicono di indagare. Le commissioni mediche infatti mutano con una certa lentezza, almeno nelle loro componenti dirigenziali. L’assunto, brevissimo, è questo:nel caso dei due fratelli dichiarati ciechi nel 1988 ne sono passati ben25, devono essere stati visitati, la loro pratica accertata e inoltrata all’allora ministero erogante, quello del Tesoro. Una firma questi l’avranno dovuta mettere, e non per la firma in sé, ma per la più o meno capacità di inquadrare e tenere il rigo, e qualcuno li ha seguiti con lo sguardo…

Passiamo al secondo punto, cioè il fatto che questi non sono falsi ciechi per i deliri dei finanzieri inquirenti. Non si è falso cieco se usi internet, scatti foto e le condividi sui social, eviti un ostacolo, se spazzi, se cucini. Perché sennò io, sano portatore di due bellissime protesi oculari con iride dipinta a mano di color verde bosco, sarei il primo falso cieco. Poi se sia invalido o meno, se mi sento disabile o meno, è un altro paio di maniche,ma non sono falso cieco. Quindi i signori di Palermo sono falsi ciechi perché giocavano a carte senza toccarle e non perché giocavano a carte. Insomma, perché da ciechi non usavano il senso deputato a sostituire la vista: il tatto. Passatemi un’altra considerazione: siete, voi signori finanzieri inquirenti di Palermo, degli operatori che fanno male il loro mestiere. Si, perché avete per uno di questi falsi ciechi affermato che è tale in quanto titolare di un auto. Ma se è lo stato ad agevolarminell’acquisto di autovetture, anche se cieco, oltre che ai disabili tutti e addiritturaloro familiari, abbassandomi l’IVA dal 20% al 4%, esentandomi dal bollo; e diròdi più: alcune compagnie di assicurazione danno sconti a persone disabili titolarid’auto. Ma questo lo sapete? A no? Perché che non lo sappia colui che mi staleggendo, senza handicap e magari anche senza macchina, mi disturba poco, ma tuche devi incrociare i dati… insomma un po’ coglione lo sei…

Appurato che quelli di Palermo non sono ciechi assoluti, che i finanzieri inquirenti sono pagati dallo Stato per fare male il loro mestiere, che i medici non verranno mai toccati, che qualcuno su queste storie ci sta speculando e magari facendosi un po’ di sana carriera, veniamo alterzo punto, quello veramente più importante: i parametri, i criteri e le definizioni legate alla disabilità e all’invalidità. Il problema truffatori c’è, sia sul fronte “falsi” invalidi, sia su medici e funzionari corrotti, sia sull’omertà di chi sa e non parla. Prima di inoltrarmi nella questione, a proposito di quest’ultimo aspetto, volevo ricordare che a Taranto nel 2008 è stato scoperto un falso cieco che lavorava come centralinista nel locale carcere. Truffa perpetrata per 24 anni. Possibile mai che in un carcere, dico io… o complici, o omertosi, o in questo paese siam messi male….

Dicevamo, il problema falsi invalidi esiste, come esiste un problema “modernità” legato al concetto di disabilità. I riferimenti di legge più recenti che determinano i parametri risalgono a metà degli anni Novanta, quando il web e le tecnologie erano in fase preistorica; molti riferimenti normativi dedicati all’invalidità oltretutto risalgono ai decenni precedenti, quando il concetto di “differente abilità” era appena accennato e tutto era vissuto come un’eccezionalità, una quasi impossibilità, legata non alle condizioni economiche, no, ma a quelle personali. Si sa di ciechi elettricisti, ciechi impagliatori, ciechi professori e poi vennero i ciechi centralinisti. Se oggi ci sono ciechi ingegneri o ciechi imprenditori è il frutto della modernità, perché tecnologie e sviluppo del welfare ci hanno consentito di squarciare il velo di autoesclusione dalla vita lavorativa. Il problema è qui. E abbandoniamo i ciechi e la cecità. L’invalidità è considerata sulla base dell’incapacità al lavoro, quando questo del lavoro era un parametro fondamentale per determinare i rapporti sociali. Ora come ora, che il lavoro e le sue accezioni e definizioni sono in crisi sistemica postcapitalista, non si può ricondurre l’invalidità a quel solo parametro. Uno su tutti, nel mentre intervenuto, è la qualità della vita. L’invalidità poi è diversa dalla disabilità, ovvero il reale impedimento fisico o psichico. Non si possono legare l’invalidità e la disabilità ad un nodo stretto con i laci dellacapacità al lavoro e alla deambulazione, perché oggi, la deambulazione e la capacità a lavorare sono abbondantemente risolti come problemi da centinaia di “diavolerie moderne” che eliminano questi ostacoli: auto, robot, computer,sensori. Non sto farneticando, e chi conosce la domotica, ad esempio, lo sa bene. Quindi rimproverare ad una persona che è falsa cieca perché usa Facebook è proprio da ignoranti forti. Questi nodi vanno sciolti e dall’emergenza welfare si può giungere alla normalità delle vite solo tramite la presa di coscienza dello stato che non può lasciare a chiunque questa bega, perché moltidi coloro che indagano su questi fenomeni sono irriducibili ignoranti. E sono se non ignoranti, ben imbevuti di pregiudizi, anche quei funzionari e quei giudici che devono affrontare con le norme tali questioni. Sapete perché?Perché in Italia non esiste la “Cultura della diversità”,, men che meno la“cultura delle disabilità”, entrambe a fondamento della citata dichiarazione dell’ONU.

Per migliorare questo status quo occorrono i migliori dirigenti, burocrati, inquirenti. I migliori poliziotti e finanzieri. Adeguatamente aggiornati dalle parti in causa, che ascoltino il mondo dei veri disabili. Occorre insomma il medesimo atteggiamento che si è avuto per contrastare la mafia, che ha portato alla costituzione del D.I.A.; ecco, percontrastare i falsi invalidi e rimodulare dal punto di vista normativo la questione, servirebbe un Dipartimento Investigativo AntiTruffatore dei disabili. E lo auspico quanto prima, per le casse dello stato, ma ancor prima per la nostra dignità. Ricordando a tutti che qui si tratta, in un senso o nell’altro, di una questione di legalità, e noi italiani ne abbiamo veramente un gran bisogno.”.

NB: post scritto il 22/04/2013 a seguito della lettura di un articolo che raccontava le vicende sopra descritte, ma con un taglio per me vergognoso. Non giudico i fatti, ma il retropensiero. Larticolo era questo.