Con questo articolo inauguro la mia collaborazione con il sito diretto da Andrea Aufieri.buona lettura.
Tag: interviste
Teatri… Apertura in corso: il debutto.

Sulla genesi del contenitore, ovvero la redazione che ospiterà tutti i contributi a Radio32.net, ho parlato qui.

In questo post invece vorrei dare degli imput, sviluppati poi sui vari canali della Radio. La trasmissione nasce inizialmente come summa di una serie di contributi e di fedd-back, come quelli di Katiuscia Torquati, Elisa Capo della Compagnia di teatro integrato Gli Imprevisti, (suggerita in redazione da Daniele Lauri e già ospite nella programmazione 2020 della Radio) e il Teatro Ghione, (Proposto in redazione da Egardo Reali), realtà culturale romana con la quale già Radio32 ha collaborato al tempo del #DisabilityPride2020 e nella stagione teatrale del 2020. Via via si sono poi concretizzati una serie di altri contatti, tra i quali quelli con Davide Enia, conosciuto durante il viaggio a Lampedusa, con l’ Associazione culturale Neon di Catania, per il quale ringrazio Eleonora Cannizaro, amica dai tempi universitari che ha condiviso con noi belle esperienze in ambito teatrale. Sonia inoltre ha recuperato un contatto lontanissimo nel tempo, con la danzatrice Luna Cenere, perchè ci è sembrato doveroso dare il punto di vista non solo di che fa ldrammaturgia e prosa, ma anche della danza, altra arte che nei teatri trova il naturale luogo di manifestazione al pubblico.

Insomma, una redazione corale di questo programma, che non è stato solo merito nostro. Per questo ringraziamo Radio32 per il sostegno e l’ascolto, Roberto Dell’Aquila in primis per aver prestato la voce per la copertina, poi le redazioni di NVR,
I Cocciutissimi e, ovviamente, la nostra Redazione Madre, Accesso totale Maggiori feed-back e accompagnamenti li potete trovare a partire dai prossimi giorni sul
Sito della Radio sulla pagine FB, sul profilo Twitter e Instagram di Radio32.net.
Per riascoltare lo speciale realizzato con Sonia… 👇🏼
I Disabili Pirata tra lotte per i diritti e movimenti popolari

Non ti abbattere, abbatti le barriere!
Premessa
A ridosso della costruzione della Rampa della Pace a Milano dello scorso settembre ho sentito uno dei fondatori dei movimenti di disabili tra i più interessanti nel panorama nazionale, dove la disabilità è abile, attiva e promotrice di vecchi e nuovi diritti. Qui potete leggere l’intervento dalla pagina del Disability Pride Network.

Chi sono i “pirati”
I Disabili Pirata, anche nell’accezione di Abbatti Le Barriere, sono movimenti di azione dal basso, attivi da più di tre anni; sviluppatisi inizialmente a Milano e nel nord Italia, ad oggi raccolgono esperienze dalla Val di Susa alla Sicilia, come ci racconta Andrey Chaykin, tra i fondatori dei due gruppi.

Pensieri e azione
Passiamo alle parole di Andrej, da contestualizzare in un quadro movimentista, dinamico, habitat naturale per un personaggio molto frizzante che con azioni dal basso difende concretamente propri e altrui diritti.

Andrej, che suggestioni ti crea la “diversità”, da disabile, da attivista, da cittadino.
Tutti siamo diversi. Credo che la diversità sia una ricchezza di ognuno e un tratto che ogni persona porta con sé. Al posto di usare la diversità per discriminare ogni persona dovrebbe invece migliorare questo contesto sociale, in maniera globale, proprio a partire dalle diversità. La gente con la mentalità chiusa è destinata a scomparire.
Come affronti le barriere?
Le barriere sono collegate con vari aspetti della disabilità. Vanno abbattute, a partire da quelle architettoniche – che sono barriere reali – fino a quelle mentali e culturali.
Sei una persona disabile, ma sei anche una persona di origine straniera. Quale la percezione che hai, su questi due livelli, dell’accoglienza?
Ho affrontato con tante difficoltà la mia disabilità quand’ero in Russia, ma giungendo in Italia mi sono integrato. Tra le varie esperienze ricordo positivamente come sono stato accolto calorosamente a scuola quando sono arrivato. L’accoglienza nelle scuole si sviluppa più spontaneamente, forse a livello sociale si ha più difficoltà.
A cosa pensi quando si parla di diritti?
Be’, è una bella parola e molto impegnativa. Più diritti per tutti, senza distinzione di sorta. Sono un portatore di una lotta per i diritti, una di quella più inclusive, ispirato – pensando ai diritti, alla figura di Martin Luter King. Noi rappresentiamo gli ultimi, persone a volte senza voce. Occorre poi non dimenticare mai che ognuno prima o poi può incappare nella disabilità. Lottar per i diritti di pochi, quindi, vuol dire lottare per i diritti di tutti.

Il 19 settembre 2020, a Milano, siete stati impegnati in una importante manifestazione, volta a sensibilizzare in merito ai diritti negati alle persone con disabilità, iniziando proprio dalla mera accessibilità dei luoghi. Che impressioni hai avuto?
Più che positive! C’è stata una grossa manifestazione avvenuta coscienziosamente e nel rispetto delle norme anti-Covid. Oltre ai Disabili Pirata ci sono stati altri interventi di tipo politico e sociale, con chiare richieste dalla cittadinanza non solo milanese, ma anche dell’hinterland, per una città, un Paese più sensibile e inclusivo. Dentro questa cornice di realtà autogestite, noi abbiamo trovato il giusto spazio per esprimere il nostro disagio sociale di persone con varie disabilità. Tramite la “rampa della pace” abbiamo lanciato un messaggio forte e chiaro a tutti. Che i noi disabili sappiamo essere anche pirateschi e avventurieri, che non ci fermiamo di fronte a nulla e ci ribelliamo per tutti coloro che sono oppressi, anche se non se ne rendono conto. Inoltre non eravamo pochissimi, bensì molte persone determinate,uscite dal “loro quadrato” per unirsi a noi.
Quali sono i messaggi che i Disabili Pirata hanno lanciato alla società e alla politica in quell’occasione?
Direi che è una fetta di società importante e impegnata costantemente nel sociale a lanciare il messaggio a chi amministra a tutti i livelli e agli altri cittadini poco sensibili o ignari di ciò che succede in città. I messaggi sono chiari: fermare la “caccia alle streghe” che molte regioni praticano. Si parla di rispetto verso chi vive ai margini della società, che intraprende la strada dell’occupazione a fine abitativo, ma anche chi è costruttivo nel senso del recupero di spazi altrimenti abbandonati al vero degrado. Se non ci fosse stato, ad esempio, il Collettivo della cascina Torchiera, che fine avrebbe fatto uno spazio che affonda le sue radici nel 1400? Si trattava di un luogo lasciato a marcire, ora invece è uno spazio accessibile. Vogliamo che le pubbliche amministrazioni riconoscano la pratica dell’autogestione, dell’auto-organizzazione delle persone in gruppi, comitati o collettivi che, avendo cura degli ambienti e degli spazi circostanti, possano prendersene cura senza essere perseguiti e oppressi da una legge ingiusta, scritta da chi non ha mai fatto delle lotte sociali o vissuto una difficoltà. Lo stesso problema colpisce anche noi Disabili. Chi ha fatto le normative sul trasporto, ad esempio, riservandoci solo 2 posti sul treno non sa nulla di noi persone con disabilità e si permette di giocare con i nostri diritti, come la libertà di spostarsi.

Quali sono le priorità per il 2021?
Una delle priorità è sicuramente l’abbattimento delle barriere. Se aspettiamo una iniziativa autonoma in tal senso delle istituzioni a volte può capitare la demotivazione; un altro paio di maniche è quando siamo noi a sollecitare le istituzioni. Occorre maggiore consapevolezza attorno al mondo delle disabilità; con Disabili Pirata portiamo avanti anche attività di consulenza e siamo molto richiesti su Milano, come altrove, sia dal pubblico che dal privato. Ecco, occorre continuare su questo percorso di consapevolezza”. In tal senso seguiremo come Disabili Pirata questa rete sociale fatta dagli spazi, comitati, collettivi e simpatizzanti, per far capire anche due termini importanti da includere nel dialogo generale: Accessibilità e Abilismo. Questo compito continueremo a portarlo avanti non solo tra gli spazi autogestiti, ma anche al pubblico e al privato, cercando di creare un dialogo.
Follow up

Andrej e tutti i Disabili Pirati e Abbatti le barriere sono l’esempio concreto di quell’”abilismo” che rende attiva e dinamica la disabilità, soprattutto nel momento in cui le persone con handicap, pienamente consapevoli, rivendicano diritti e chiedono conto della loro mancata applicazione ad istituzioni e politicucci, come testimonia questo video dello stesso Andrej dove incalza l’ennesima mezza calzetta che usa le disabilità solo come collante per la poltrona su cui siede.
Leggendo tutto ciò risulta che quella dei Disabili Pirata si denota come una realtà molto dinamica. Un movimento che conserva viva la sua natura “dal basso. Complimenti e grazie di questo approfondimento ad Andrej. A presto!
Energy Family Project: tra accoglienza e innovazione.

Premessa
Riprendiamo il percorso di Opposte Visioni tra le tante realtà che si occupano di disabilità, dove essa è intesa, vissuta e promossa nella sua componente “attiva”, o dinamica, se preferite.
Ho sentito negli scorsi mesi per il Disability Pride Network Samuela Fronteddu, Presidentessa, ispiratrice e anima di Energy Family Project. Potete leggere il suo intervento per intero Qui. Di seguito una sintesi di quell’intervento, il quale apre spazi di riflessione che vanno ben al di là della disabilità, perché i presupposti e le modalità hanno una profondità tale da riguardare l’approccio verso una “nuova comunità umana”. Buona lettura.
L’associazione

Energy Family Project APS è un’organizzazione nazionale nata nel 2019 con sedi e gruppi attivi in tutta Italia. L’associazione supporta famiglie con bambini e singoli individui affetti da Agenesia degli arti, gravi amputazioni e malformazioni. Conosciamo questa realtà attraverso la testimonianza di Samuela Fronteddu, fondatrice e Presidentessa dell’associazione, coinvolta dall’Agenesia degli arti perché madre di Giulio, bambino menomato del braccio destro.
L’intervista
Samuela, raccontaci un po’ di Energy Family Project…
L’associazione ha trovato spazio ideale già dopo la nascita di mio figlio, ma è nata ufficialmente un anno fa. Ci occupiamo di sostenere le famiglie che affrontano queste patologie, che al contrario di ciò che si potrebbe pensare, sono tante. Uno dei nostri obiettivi è quello di creare rete tra loro. Attualmente sosteniamo 500 famiglie in tutta Italia, sia a livello morale, burocratico e terapico e registriamo ogni settimana uno o due nuovi contatti di famiglie.
Quali le problematiche più importanti che affrontate?
Ce ne sono tante. Mi preme sottolineare, ad esempio, come in Italia non sono state mai adottate linee guida fisioterapiche pediatriche per bambini con amputazione. Se nessuno le scrive, nessun bambino riuscirà , di conseguenza, a iniziare un percorso di riabilitazione, perché il personale medico non saprà come agire. In altre realtà europee si lavora con queste linee guida fisioterapiche, studiate anche dai nostri professionisti. Siamo fortemente impegnati affinché vengano adottate anche in Italia, consapevoli che ci vorranno anni.
Con quali realtà collaborate?
Nonostante l’associazione sia nata da poco, basiamo il nostro operato su una grande concretezza. Ad oggi, tra le più significative, collaboriamo con la Fondazione “Santa Lucia” (centro europeo per la neuro-riabilitazione) e il distaccamento di Palidoro dell’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, con il quale abbiamo avuto un accredito recentissimo per una partnership finalizzata alla costituzione di un nuovo polo di chirurgia della mano e del piede.
Samuela, cosa rappresenta per te la diversità?
Ho dovuto confrontarmi con questo termine quando è nato Giulio. Ho imparato a comprendere che mio figlio è una persona unica, che non si è mai sentito diverso dagli altri. Il mio impegno di madre è quello di farlo sentire come tutti gli altri. Da mamma vedo oggi Giulio come un bambino e il mio impegno è farlo diventare un uomo. Quando è nata l’associazione e ho iniziato a conoscere altre madri, al di là della loro provenienza geografica o di ogni differenza etnica e culturale, ho scoperto che il dolore e la paura di quelle madri erano come le mie. Qui è nata una scintilla che mi ha spinto a sostenere e affiancare altre madri.
L’accoglienza cos’è per te?
L’accoglienza per me è tutto. Incidono sicuramente le mie origini sarde, dove abbracciare le persone vicine a me è un gesto che mi viene naturale e rappresenta l’accoglienza dell’altro. Con l’associazione cerchiamo un contatto con le persone (anche se spesso ci cercano loro) in maniera delicata, per poi farle entrare nel gruppo, sempre con gradualità e volontariamente. Alcune persone sono affamate di vicinanza. Altri si sento no protetti, ma sono diffidenti. Per noi accoglienza significa dare loro un punto di riferimento e un conforto.
Quali gli obiettivi per Energy Family Project nel il 2021?
Visti i grandi impegni che portiamo avanti, alla luce delle restrizioni che stiamo vivendo, dichiarare oggi questi obiettivi ci dà fiducia per il futuro, perché consapevoli di costruire i pilastri di un lavoro buono. Per noi gli obiettivi sono chiari e limpidi:L’adozione di un protocollo nascite per le famiglie; questo per garantire l’accoglienza della famiglia, favorendo i processi di socializzazione con altre famiglie già coinvolte, fornire assistenza burocratica e indirizzare verso soluzioni terapiche idonee. Scrittura delle linee guida fisioterapiche e terapiche pediatriche. L’introduzione nel sistema di protesi low coast.
Puoi approfondire quest’ultimo aspetto?
A proposito di quest’ultimo punto volevo segnalare che siamo chapter italiana di E-nable, comunità mondiale, e forniamo device ai bambini stampati in 3D. Grazie alle competenze di molti nostri associati, abbiamo vari laboratori sul territorio nazionale. A tal proposito segnalo il sito dedicato a questa specifica attività di supporto per le protesi a basso costo.
Samuela, un auspicio per concludere…
Per concludere ribadisco la volontà affinché mio figlio non cresca disabile, perché lo Stato e il corpo sociale devono assumersi le loro responsabilità verso coloro che hanno delle fragilità.

Grazie a Samuela Fronteddu per il suo intervento e per l’operato di Energy Family Project., realtà che indica una tendenza ben precisa da seguire: quando le soluzioni sembrano lontane per volontà di pochi, esse sono a portata di mano e realizzabili grazie all’impegno di tanti, quindi occorre sempre agire.
Cooperativa aCapo: Includere per innovare.

Premessa
La striscia, ad oggi breve, delle #StorieDalNetwork per presentare le differenti realtà del Disability Pride Network del nostro Paese – che spero di riprendere quanto prima – si è, ad un certo punto, imbattuta in una coop molto interessante. Questo contributo inedito, è ispirato ad uno slogan della Cooperativa aCapo, presieduta da Roberta Ciancarelli, “includere per innovare”, appunto.
Questa realtà mi ha colpito perché il tema dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità resta molto sensibile nel panorama italiano. Il mercato del lavoro in Italia è in sofferenza, con nodi cristallizzati in anni di cattive politiche del lavoro. Il collocamento mirato e le altre formule di indirizzo per l’inclusione lavorativa dei disabili soffrono maggiormente delle carenze e dei ritardi, non solo per la crisi Covid19, ma perché al cattivo costume di non applicare strumenti di Politica attiva del lavoro delle categorie svantaggiate, si aggiunge la pessima abitudine del tessuto datoriale di lavoro – Stato compreso – che non volge lo sguardo verso questa esigenza della società italiana.
L’azione

Per tale motivo, tra gli altri, è da ribadire l’importante ruolo della Cooperativa aCapo, che con pragmatismo interviene nel mercato del lavoro, stimolando la risorsa più importante, il capitale umano; tutto ciò nella direzione dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, professionisti a servizio del mercato.
La voce
Giammarco Nebbiai, responsabile comunicazione e socio della Cooperativa dal 2006, presentandomi questa realtà spiega:
“A capo è un’importante cooperativa sociale perché offre servizi di contact center a amministrazioni pubbliche e imprese, adottando nella propria mission un principio importante, quello della inclusione lavorativa delle persone con disabilità. aCapo, infatti, non opera in termini di assistenza, seppur questa sia un’attività importante, ma punta sul coinvolgimento attivo delle persone con disabilità per operare sul mercato. In oltre quarant’anni di attività della cooperativa, hanno trovato occupazione migliaia di lavoratori in condizioni di fragilità, trovando collocazione ad ogni livello della nostra organizzazione in base a preparazione, motivazione e opportunità”.

Come evolve oggi la collocazione della Cooperativa sul mercato del lavoro?
“Oggi le condizioni di competizione severissime; il valore sociale di imprese come la nostra non è sufficientemente riconosciuto e tutelato, ma resta ben presente il nostro impegno. Abbiamo anche dato maggiore slancio alle attività di progettazione sociale, con le quali di buone prassi sul territorio, esperimenti di sociale che ci vedono occupati con progetti come “Hostability”, che cerca di trasferire ad un gruppo di giovani persone con disabilità la capacità di operare nel campo degli affitti e delle esperienze turistiche accessibili, e “InOnda” che coinvolgerà un gruppo di giovani nella creazione di una webradio e un web magazine per stimolare la capacità di espressione e relazione con il territorio in cui vivono ”.
Come perseguire e proseguire l’azione di tutela dei diritti dei disabili?
“Intanto proseguire con manifestazioni e iniziative come il Disability Pride. Le leggi necessarie sul lavoro, sull’inclusione scolastica, sull’eliminazione delle barriere architettoniche dalle città esistono da anni; sarebbe ora di cominciare ad applicarle. È questione di visione e volontà dei decisori”.
Ringrazio Gianmarco Nebbiai per gli stimoli importanti che ha dato su un tema fondamentale, quale è il diritto al lavoro delle persone con disabilità, sancito anche nell’articolo 27 della Convenzione dell’ONU, oltre che nella seconda parte dell’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale, aspetto sul quale interviene egregiamente la Cooperativa Acapo.
Per conoscere di più le iniziative della Coop potete visitare il Sito web e per restare aggiornati sulle varie iniziative seguire la loro Pagina FB.
Per i diritti delle persone con disabilità c’è ancora tanto da fare. Carmelo Comisi sul divano di OpposteVisioni.

Premesse
Durante le passeggiate accessibili organizzate dal network del Disability Pride per Natura Senza Barriere a Macchiatonda ho avuto la possibilità di incontrare e chiacchierare con il presidente nazionale del Disability Pride Italia. Mi è sembrata la migliore occasione per spostare idealmente il divano dal salotto di casa in aperta natura e, successivamente, nel complesso architettonico di Santa Severa, e con Carmelo Comisi mi sono soffermato per alcune domande che hanno portato a riflessioni e notizie che vi propongo di seguito. In premessa mi sembra necessario sottolineare che, seppur a distanza di un mese da quell’iniziativa, gli argomenti emersi dalla chiacchierata con Carmelo siano sempre interessanti. Inoltre da quella giornata si sono sviluppate delle riflessioni profonde che mi hanno portato a considerare seriamente l’adesione di questo blog al network, e per questo sto lavorando al momento. Ciò comporta piccole e grandi novità, ma a quest’aspetto dedicherò un contributo a sé. Ora parola a Carmelo.
Parole in movimento

Per OpposteVisioni ho il piacere di fare spazio idealmente sul divano a Carmelo Comisi, personaggio molto interessante e vivace, attivo come pochi, Presidente dell’associazione Disability Pride Italia, importante componente del più ampio movimento internazionale del Disability Pride Network, una delle realtà più impegnate sul fronte della comunicazione e delle battaglie per i diritti delle persone con disabilità. La nostra chiacchierata, come ricordato sopra, risale alla giornata del 27 giugno, svolta a metà tra la riserva di Macchiatonda e il castello di Santa Severa, un po’ registrata e un po’ no.
Abbiamo iniziato questa giornata con l’adesione ad un’iniziativa che vede centrale il discorso dell’accessibilità di spazi culturali e naturalistici. Qual è l’importanza dell’accessibilità nel nostro tessuto sociale, oggi, nel 2020?
Potrei dirti che siamo giunti al 2020 e per l’accessibilità non è ancora stato fatto questo o quell’altro. l’Italia, come sappiamo, è il Paese delle norme, abbiamo da trentacinque anni le norme più stringenti, più importanti se vuoi, sull’abbattimento delle barriere architettoniche, ma non sono applicate nemmeno sul patrimonio immobiliare degli ultimi trentacinque anni, per garantire diritti di cittadinanza alle persone disabili come a tutti gli altri, appunto con fondamenti basilari, adeguando con l’accessibilità tutto il patrimonio immobiliare. Ci sono però dei luoghi, come quelli visitati oggi e altri che ci riproponiamo con realtà del network, come l’associazione “Radici” o l’associazione delle guide turistiche italiane, di renderli fruibili per i mesi e gli anni a venire, per stimolare gli altri a fare altrettanto, perchè tentiamo di promuovere queste strutture e questi spazi, cercando di realizzare attività come network del Disability Pride al fine di portare all’attenzione dell’opinione pubblica l’importanza di questi luoghi e queste eccellenze e per ribadire che le persone con disabilità ci sono, esistono anche come fruitori di spazi culturali. Ed è importante che vi siano luoghi accessibili riferiti al patrimonio culturale, che è sicuramente un aspetto legato alla civiltà, ma rendere accessibile il grande patrimonio culturale italiano è anche una questione economica. Come rete italiana del Disability Pride stiamo cercando di far compiere passi in avanti per le condizioni delle persone con disabilità, guardando all’aspetto dell’inclusione. Lasciami aggiungere che per fortuna non siamo gli unici ad andare in questa direzione.
Come va con le grandi organizzazioni di disabili?
Voglio in primo luogo registrare che la rete va ampliandosi. Ci sono delle relazioni, ad esempio, con l’Unione Italiana dei Ciechi, che sino ad ora non aveva aderito ufficialmente al network. Credo che con l’attuale presidente Barbuto vi siano buoni spazi di dialogo. Sono ottimista, quanto lui entusiasta.
Nelle strade di Roma durante la manifestazione del 2019 girava lo slogan “non è l’elemosina ciò che vogliamo, maAa i nostri diritti “. A che punto siamo con l’affermazione dei diritti delle persone con disabilità in Italia?
Diciamo che a conti fatti non ci hanno dato al momento nemmeno l’elemosina, e sarebbe stato già qualcosa! Scherzi a parte, dal punto di vista dell’affermazione dei diritti c’è tanto da fare. Il nostro faro sono i cinquanta articoli della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, che ricordo sempre essere legge dello stato dal 2009, che mostrano la direzione da seguire per l’inclusione nella società dei disabili. Però, per seguire questa direzione occorrono molti servizi e molti di essi, se consideriamo le molteplici forme di disabilità, sono carenti, da qualsiasi punto di vista li si guardi. Si, C’è molto da fare.
Quali le prossime iniziative del Disability Pride alla luce del cambiamento di programma per il Coronavirus?
Per il 2020 ci stiamo organizzando perché la nostra tradizionale manifestazione del Pride venga fatta non in presenza, ma in maniera mediatica. Si terrà tra settembre ed ottobre; non posso dirti con precisione ancora su quali canali, forse in rete, ma ci sono delle trattative aperte perché la manifestazione si tenga in TV. Ma non posso ancora svelare nulla.
Salutando Carmelo è forte la convinzione a voler dare un modestissimo contributo ponendo a disposizione del network le competenze acquisite in tanti anni di esperienza diretta sul campo in vari settori. A presto ulteriori notizie ed approfondimenti dal mondo del Disability Pride network, di cui mi sento pienamente parte.
Cannabis al marito 80enne con patologia neurodegenerativa: “Ho gridato al miracolo”

Nel mio percorso antiproibizionista ho attraversato il dubbio in prima persona. Non e facile sicuramente credere agli aspetti positivi di questa pianta. La natura umana spesso deve appoggiarsi all’esperienza diretta per credere che qualcosa sia possibile.da storico consumatore per scopi ricreativi, quando ho visto una cara persona a me vicina con sclerosi multipla avere degli effetti benefici dalla cura con cannabis terapeutica sono rimasto senza parole. Dalla sedia a rotelle con spasmi alla posizione eretta e con i nervi rilassati. Non parlo sicuramente della mia mutazione nel consumo, i problemi non sono così gravi. Anche se ad esempio ho risolto quelli di sonno. Comunque, vi invito a leggere questa storia emblematica, che insegna tante cose. Prima di tutto che non ci sono limiti culturali, anagrafici o concettuali per ammettere gli enormi vantaggi di cura a base di questa pianta. La seconda cosa importante è l’alternativa che rappresenta rispetto ai farmaci o piace i, veramente pericolosi. Veramente dannosi. Veramente velenosi. Che soprattutto, per esperienza diretta, non servono assolutamente a nulla. Il terzo insegnamento, il più importante, è l’assoluta malafede di buona parte della classe medico-scientifica, non guidata dall’amore per la scienza e dalla missione di cura verso i pazienti, bensì spesso soverchiata da allo Stigma. Quale sarebbe? Medicine a base di oppio, naturale o sintetico, si.medicine a base di cannabis, naturale ed efficace, no. Questa, dalle mie parti, quelle dell’intelletto, si chiama malafede. Buona lettura
“Gli ho dato la cannabis quando il badante se ne era appena andato e per non lasciare mio marito sulla carrozzina da solo, l’ho portato sulla …
Cannabis al marito 80enne con patologia neurodegenerativa: “Ho gridato al miracolo”
Voce alle guardie naturalistiche di Macchiatonda.

Lavorare con i sensi per tutelare la natura
Questo post merita un sottotitolo. L’esigenza di rimandare al lettore l’umanità e la dedizione di questi operatori non poteva esaurirsi in una sola battuta. Perché si parla in primo luogo di persone che si dedicano alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente nell’esercizio delle loro funzioni. Ma per il lavoro che svolgono è parimenti la loro sensibilità a dover essere messa in risalto, perché si tratta di personale che usa per lavoro tutte le potenzialità del nostro corpo, al fine di assolvere al meglio al proprio dovere.
La tutela dell’ambiente passa anche dalla consapevolezza nella cittadinanza del patrimonio di biodiversità e degli ecosistemi presenti sul territorio. Questo mi sembra essere il pensiero che fa da sottofondo continuo alla visita del 27 giugno scorso alla riserva di Macchiatonda, nel comprensorio di Santa Marinella, zona nord della Città Metropolitana di Roma, durante la manifestazione “Natura Senza Barriere” voluta da FederTrek e la rete del Disability Pride e realizzata grazie all’organizzazione dell’associazione Il Paese che Vorrei.

Durante questo appuntamento dedicato principalmente al tema dell’accessibilità, che descrivo per linee generali Qui, il gruppo di visitatori è stato accompagnato nella visita alla riserva regionale di Macchiatonda da tre guide naturalistiche delle cinque in forze per la sua tutela. Sergio, Patrizio ed Ernesto, come i loro colleghi assenti in quel momento perché su altri turni, hanno messo a disposizione la loro competenza e voluto fortemente questo appuntamento, proprio per ripartire dall’accessibilità e dalla piena fruizione del bene comune Macchiatonda.
Per dare nuova linfa al sito e divulgare l’importanza della tutela della biodiversità, è loro convinzione, si deve partire proprio dalla sua conoscenza. I video che accompagnano questo post, infatti, raccontano di uomini in prima linea per il bene comune e la salvaguardia del patrimonio più importante che abbiamo, la biodiversità. Ma stimolati da me e da Sonia si raccontano anche non nascondendo la loro umanità. Le informazioni che emergono dai loro contributi sono tante, e molto interessanti. Non mi dedicherò in queste righe alla mera trascrizione dei video in testo, lasciandovi il piacere di godere della loro testimonianza diretta. Porrò invece, in premessa ad essi, alcune riflessioni frutto anche della chiacchierata a camera spenta avuta durante il percorso. Una prima cosa che emerge è come occorre investire di più in personale – e con più funzioni – nell’attività di salvaguardia, controllo e monitoraggio delle aree come Macchiatonda; qui, ad esempio, 5 persone dedicate alla sorveglianza mi sembrerebbero poche e, alla precisa domanda se il personale è sotto organico (come gran parte delle pubbliche amministrazioni), la risposta è scontata. La pianta organica dedicata sarebbe di otto, ma fanno i salti mortali per coprire adeguatamente i due turni previsti solo loro cinque. Ma non è polemico l’intento di questo post, anzi vuol essere elogiativo proprio di coloro che vi lavorano, quindi proseguiamo con la passeggiata.

Mi colpisce la consapevolezza degli operatori del concetto di fruibilità e accessibilità. Non lo si pretenderebbe da persone abituate a lavorare lontano dall’uomo e immerso nella natura, eppure loro sono i primi che in modo molto naturale, passatemi il termine, e consapevole sanno dell’importanza di rendere fruibile Macchiatonda. Un’altra cosa che mi ha impressionato positivamente è stata la capacità di comunicare la loro profonda natura umana. Nel senso che qui, come tassello della biodiversità, anche l’uomo usa le sue capacità sensoriali per adattarsi all’ambiente circostante. Proprio come le guardie naturalistiche, persone che usano tutti i loro sensi per monitorare, sorvegliare e salvaguardare la riserva, fondamentale per il patrimonio di vita dell’area costiera a nord di Roma.
Sergio ci racconta dell’importanza del canto degli uccelli per monitorare lo stato di salute dell’ambiente e come la vista, in quest’attività, non serva quasi. “Sento tutti i giorni il canto di uccelli che poi vedo si e no un paio di volte all’anno”. Eppure Sergio conosce e sa precisamente dove trovare colonie di questo o quel volatile all’interno dell’area protetta. Dal suo racconto emergono poi tante altre informazioni, molto interessanti e che denotano anche delle contraddizioni. Ma il percorso in sua compagnia inizia con il farci assaggiare un frutto amarissimo, spontaneo, che è presente nel parco e nel circondario, anche se molto raro. Il Prugnolo è infatti una specie edule ormai in disuso, della quale l’uomo non si ciba più.

Grazie al supporto di Sonia, durante la chiacchierata con Patrizio nel secondo video viene fuori anche una ricetta per trattare questo frutto minore ed ottenere una confettura da questo dono della natura ormai disdegnato dal palato sgraziato di un’umanità che ha smarrito il rapporto privilegiato con i sensi e la natura circostante.

Sempre con Sergio, durante il tratto di spiaggia al margine della riserva, emerge anche l’uso di un’altra pianta edule che da salentino ben conosco, il celebre “asparago di mare”, ormai riposto nella tradizione di pochissime comunità locali.

Sulla biodiversità vegetale del parco e la loro struttura, Patrizio ci da un veloce accenno, proprio per riprendere parte del contenuto della passeggiata che, sia lui e sia Sergio, hanno divulgato nei due gruppi che componevano la platea di quel giorno, divisa appunto per rendere maggiormente fruibile il tempo a noi dedicato e rispettare le norme sul distanziamento fisico a causa del Covid19.
Un altro aspetto emerso nel dialogo continuo con tutti gli operatori del parco coinvolti, del quale abbiamo parlato con Ernesto, è il ruolo dei sensi nello svolgimento del loro delicatissimo lavoro. Ad esempio, per comprendere lo stato di salute della natura circostante, un ruolo lo ricopre anche l’olfatto. Inebriati si dai profumi, esso restituisce anche un’importante sentinella in funzione di prevenzione degli incendi. Chiude poi Ernesto con una battuta, ovvero su come si ritorna alla vita sociale dopo un turno di lavoro in questo paradiso. Ebbene, non è facile!
Raccogliendo il loro appello, ribadito sia all’inizio della passeggiata che durante la pausa nell’area pic-nic, invito chiunque si trovi a visitare Macchiatonda a scrivere alla Direzione Ambiente della regione Lazio per segnalare ogni cosa possa migliorare e rende più fruibile quest’area naturalistica. Macchiatonda merita l’attenzione di tutti. E la merita anche per il lavoro di queste persone che dedicano un’intera vita professionale alla tutela di un bene che spesso ci dimentichiamo di avere sul territorio e che passa in silenzio accanto a noi ogni volta che lambiamo con l’auto la riserva di Macchiatonda percorrendo la via Aurelia.