Adolescenza complessa. Scoprirsi gay.

Nella foto c’è un uomo che piange, la lacrima e con i colori arcobaleno
@pastersky.com via Google

“L’ascolto. Confrontiamoci gentilmente. Accogliamo anche solo il dubbio che quello che proviamo non sia solo una convenzione”, Drusilla Foer a Sanremo 2021.

Primo racconto della mia vita

Un caro saluto ai lettori di questo blog. Mi chiamo Gabriele Attadia, sono nato nel 1993, ho 30 anni e a 13 ho scoperto di essere gay. Il mio racconto parte dalla famiglia, dal nido, dalla tana. Vivo nella periferia romana, in una villetta rurale nella zona industriale del quartiere. La mia relazione con la presa di coscienza della mia omosessualità è stata disastrosa. Già da bambino, ricordo che facevo piccoli esperimenti con i coetanei. Non lo facevo apposta ma quando i motori di un aereo sono a massima potenza, mai attivare gli inversori di spinta. Mi sentivo come se avessi dei motori di un aereo che voleva soltanto decollare con amore e che finito il viaggio, non come le assistenti di volo, smettono di lamentarsi. Questi esperimenti avvenivano con un motore non funzionante o forse più motori. Il primo tra tutti la mente, per poi passare al cuore e allo stomaco. Ho sempre sognato di essere un a380. Mi sarei accontentato di essere un 747, ma sono un rispettabile MD11. Mi sento dunque come un aereo con soli tre motori appunto. Il quarto, il cervello, inteso come applicativo delle volontà, non funzionante.

L’e esperienze

I miei giochini erotici di bambino, innocenti passaggi che spesso capitano nella preadolescenza, erano incentrati sul confronto con gli altri compagni dell’epoca. È capitato anche con un mio coetaneo che frequentavo, che povero di spirito, date le sue umili origini, non comprese la gravità di quanto sto per raccontare.

Veniamo ad oggi

Ovviamente con l’avvento degli anni 2000 abbiamo avuto un boom tecnologico per i servizi di dating, ma questo non è bastato perché, perché non è convenzionale essere gay, cattolicamente parlando un abominio; politicamente parlando poi con l’attuale governo, una schifezza. Ma le domande spontanee che tu, caro lettore ti poni, immagino siano: “Perché il tuo motore cervello non funzionava? Perché a scuola subivi bullismo, perché eri ossessionato da chi era più dotato di te e ti vergognavi? perché ragione principe, non sei stato supportato dalla famiglia?”. Ma su quest’ultima domanda c’è un altra storia. A 13 anni finalmente il motore cervello inizia a prendere coscienza e capisce di provare una forte attrazione per un compagno di scuola e di classe delle medie. Ne approfitto e saluto Massi, chissà se non mi legge…. Ma io ero caratterialmente esile e fisicamente obeso, di conseguenza complessato. Secondo voi la scuola ha avuto pietà per un bimbo come me di 13 anni con un sasso di depressione sulla testa, vergogna della propria immagine obesa, cicciotta, tozza, robusta? Ovviamente NO.

Bullismo e body shaming.

Nel 2023 è uno scandalo tutto questo che vi sto raccontando. forse! Per voi e per i vostri figli. Per me no e l’aereo della vita inizia la sua discesa, dalla scuola, dall’adolescenza. Devo dire che ero molto amico di un ragazzo che ho masturbato. Ma che mi ha abbandonato per questo. O forse perché non sono stato educato a coltivare le relazioni amicali, nel senso di non essere il referente di turno, di essere sempre contattato come sopra un piedistallo ma anche di contattare io il mio amico. Inizia, dal 2009 un profondo periodo di isolamento, depressione, schizofrenia. A scuola, il primo anello di protezione di qualunque bimbo per me si è trasformato in un inferno. E mi chiedo da solo: perché Gabriele ora scrive questo ritratto autobiografico? Perché Gabriele ci vuole scocciare con tutto questo? Perché non c’è mai fine al peggio, caro lettore. Perché desidero avere un fidanzato, sentire le farfalle nello stomaco, essere innamorato e corrisposto, poter poggiare la testa sul petto del mio partner quando sono stanco e triste per ricevere e dare tantissime coccole. Tutto questo, ad oggi, non ce l’ho e sto male. Le app dating sono fallimentari, non mi si avvicina nessuno e ci tengo a dire che ho affrontato 2 anni di comunità psichiatrica! Il risultato? Avere la sensazione di essere abbandonato a me stesso e poi il matto sarei io? Volendo riprendere la citazione in apertura di questo post, posso dire che nessun risultato si è profilato all’orizzonte.

Per una prima conclusione.

Care lettrici, cari lettori, mi avvio a concludere questo mio primo racconto parziale autobiografico dove ci sarebbe da raccontare molto e molto altro delle violenze (psicologiche) subite, ma per ora vado a concludere. Caro compagno delle medie, avrei tanto desiderato essere il tuo fidanzato, il tuo amico speciale, il tuo fratello minore, il tuo cucciolo da coccolare. Mi hai regalato una cosa preziosissima che è l’amicizia a scuola, ma sei convenzionato a tutte quelle persone che hanno detto: “che brava Drusilla Foer!” ma di gentilezza non ci capisci un granché. Insomma, la mia pantomima di conoscenza delle cose finisce qui, ma presto tornerò con temi molto più delicati, perché vorrei far comprendere tutta la sofferenza che mi è stata causata e da qui trovarvi soluzione.

A presto.

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Stasi e dinamismo

«Bisogna cercare l’equilibrio muovendosi, non stando fermi», B. Lee.

Nella foto una pianta molto grande di peperoncino a rosa del mio balcone

Scrivere dopo tanto tempo sul blog non è facile, anche perché di cose ne sono successe tante e il web è intasato di informazioni su quella che pare una catastrofe imminente. Guerra, pandemia che ancora non è endemia, altre epidemie all’orizzonte, carestia, crisi alimentare, crisi energetica, crisi climatica non lasciano molto spazio ad argomentazioni terze, ma dopo un periodo di down molto intenso in inverno, tra prima e dopo – nonostante tutto – nella mia vita di cose ne sono successe. Titolo e aforisma in apertura riassumono lo stato d’animo di questi ultimi 14 mesi.

La stasi…

Se da un lato la stasi è rappresentata dalla ricerca del lavoro, ad esempio, e dall’aggiornare le OpposteVisioni, d’altra parte si contrappone un dinamismo in ambito sociale qui a Roma, dove vivo stabilmente da un paio d’anni.

Ad un certo punto, per ridare un po di vita al tutto, mi sono dedicato con Sonia molto al balcone, quello nella foto di accompagnamento al post è uno dei tanti risultati. Oltre a peperoncini ho dato vita silenziosamente alla mia disobbedienza civile in opposizione all’ottusità dimostrata nel febbraio 2022 dalla Corte Costituzionale, a proposito dei referendum su

Eutanasia e Legalizzazione

Per pigrizia non ho testimonianza fotografica della Disobbedienza Civile, ma posso garantire sul risultato. Dal prossimo giro riprendo permanentemente il mio solitario #IoColtivo In memoria, se posso, anche del compianto Walter De Benedetto

…e il dinamismo

Il dinamismo invece è rappresentato paradossalmente dall’On line, che in una serie di meccanismi difficili da spiegare, ci porta a muoverci molto nella vita reale.

Questo dinamismo è rappresentato da Radio32

e dal Sant’Alessio luogo sempre più presente nella mia quotidianità, nonché in quella di Sonia,

Entrambe le comunità Hanno catalizzato molto le energie di questo periodo. Oltre alla collaborazione nella programmazione estiva dello scorso anno di #Radio32

con Un Occhio A Quei due… Dal mese di ottobre 2021 si è concretizzato un nuovo progetto di comunicazione, in via del tutto sperimentale, con l’ASP S. Alessio MDS di Roma, con la nascita della redazione dal nome A Tutta Radio!

In prospettiva

Ma anche altri progetti importanti si sono delineati, tra i quali uno in partenariato tra Sant’Alessio e l’associazione Amici Per La Città ODV-ETS dal titolo “Conversazioni solidali”, sulla reazione alla pandemia delle persone con disabilità visiva, Del quale spero di potere parlarvene in concreto quanto prima.

Insomma, so che non sono il massimo dei blogger, che violo sistematicamente le norme minime di pubblicazione sul web, ma spero che possiate comunque apprezzare ciò che ho da dire da qui in avanti, volendo fortemente recuperare con i lettori di OpposteVisioni anche su versanti che mi hanno visto impegnato in questo lungo periodo di assenza dal blog, come la collaborazione su Sinapsimag, Momentaneamente in standby, ma per la quale conto di riprendere con preziose novità.

Grazie per quei pochi che leggeranno e avranno, me lo auguro, voglia di approfondire. Buon ascolto per chi seguirà podcast e streaming.

#GiornataMondialeAutismo 💙 alcuni video tra comunicazione istituzionale e messaggi educativi

Alcuni video molto belli e interessanti di sensibilizzazione sulla consapevolezza sull’autismo rilanciati dai miei social e dalla pagina facebook di Radio32.

Partiamo con il primo, comunicazione sociale della RAI.

Questo, con dei fumetti, è realizzato da una scuola media campana e si rivolge ai più piccoli…

L’ultimo è stato realizzato da un istituto comprensorio di San Severo, in Puglia, ed è molto esaustivo, oltre che accessibile a tutti. Complimenti…

💙💙💙💙💙

Teatri… Apertura in corso: il debutto.

Logo arrotondato di Radio32

Sulla genesi del contenitore, ovvero la redazione che ospiterà tutti i contributi a Radio32.net, ho parlato qui.

Teatri, apertura in corso 1

In questo post invece vorrei dare degli imput, sviluppati poi sui vari canali della Radio. La trasmissione nasce inizialmente come summa di una serie di contributi e di fedd-back, come quelli di Katiuscia Torquati, Elisa Capo della Compagnia di teatro integrato Gli Imprevisti, (suggerita in redazione da Daniele Lauri e già ospite nella programmazione 2020 della Radio) e il Teatro Ghione, (Proposto in redazione da Egardo Reali), realtà culturale romana con la quale già Radio32 ha collaborato al tempo del #DisabilityPride2020 e nella stagione teatrale del 2020. Via via si sono poi concretizzati una serie di altri contatti, tra i quali quelli con Davide Enia, conosciuto durante il viaggio a Lampedusa, con l’ Associazione culturale Neon di Catania, per il quale ringrazio Eleonora Cannizaro, amica dai tempi universitari che ha condiviso con noi belle esperienze in ambito teatrale. Sonia inoltre ha recuperato un contatto lontanissimo nel tempo, con la danzatrice Luna Cenere, perchè ci è sembrato doveroso dare il punto di vista non solo di che fa ldrammaturgia e prosa, ma anche della danza, altra arte che nei teatri trova il naturale luogo di manifestazione al pubblico.

Teatri apertura in corso 2

Insomma, una redazione corale di questo programma, che non è stato solo merito nostro. Per questo ringraziamo Radio32 per il sostegno e l’ascolto, Roberto Dell’Aquila in primis per aver prestato la voce per la copertina, poi le redazioni di NVR,

I Cocciutissimi e, ovviamente, la nostra Redazione Madre, Accesso totale Maggiori feed-back e accompagnamenti li potete trovare a partire dai prossimi giorni sul

Sito della Radio sulla pagine FB, sul profilo Twitter e Instagram di Radio32.net.

Per riascoltare lo speciale realizzato con Sonia… 👇🏼

Teatri… apertura in corso! Trasmissione andata in onda su Radio32 il 27 marzo 2021 per la Giornata Mondiale del Teatro.

Rosso come il cielo: com’erano gli istituti per ciechi.

Una scena del film

“I grandi musicisti quando suonano chiudono gli occhi per sentire la musica più intensamente”.

Realizzato su un soggetto dello stesso regista, Cristiano Bortone – che ne è anche il produttore -, coautore inoltre della sceneggiatura assieme a Monica Zapelli e Paolo Sassanelli, tra le particolrità registra le musiche del compianto Maestro Ezio Bosso. Questa pellicola è stata presentata come Evento speciale UNICEF nella sezione per ragazzi “Alice nella città” della Festa del Cinema di Roma 2006, uscito poi nelle sale italiane il 9 marzo 2007; nel cast c’è un gruppo di ragazzini di dieci anni di cui alcuni realmente ciechi.

Il film

Rosso come il cielo, Italia, 2005, regia di Cristiano Bortone, Durata 95 min., drammatico

Cast

Luca Capriotti (Mirco), Paolo Sassanelli (don Giulio), Marco Cocci (Ettore), Francesca Maturanza (Francesca), Simone Colombari (padre), Simone Gullì (Felice), Rosanna Gentili (madre di Mirco), Norman Mozzato (direttore della scuola),

Trama

Mirco, un bambino che nel 1970 ha dieci anni, in seguito ad un incidente col fucile del padre perde la vista. I genitori sono costretti a fargli frequentare un istituto per ciechi a Genova, dove inizia un particolare percorso di consapevolezza di sé e del mondo. Lì, non riuscendo ad usare il braille, trova stimolo in un vecchio registratore e riesce a inventare delle favole fatte solo di rumori e narrazione. Nel frattempo, il piccolo protagonista, conosce Francesca, la figlia della portinaia della casa accanto all’istituto, cominciando così un’amicizia nonostante non potessero incontrarsi. Mirco coinvolgerà sempre di più tutti gli altri bambini ciechi nella sua passione delle favole sonore, facendo capire a loro quanto valgono e quanto siano simili a tutti gli altri ragazzini. Alla fine il maestro organizza una recita creata dagli allievi e tutti i genitori ne rimangono colpiti. Il film è tratto da una storia vera: infatti, prima dello scorrere dei titoli di coda, si legge: “Mirco è uscito dal collegio a 16 anni. Nonostante non abbia più recuperato la vista, oggi è uno dei più riconosciuti montatori del suono del cinema italiano”, alludendo alla possibilità di riuscita anche quando tutto è apparentemente perso, come insegna la storia di Mirco Mencacci.

Recensione

La visione di questo film, magistralmente diretto da Bortone e con una capacità di interpretazione dei ragazzi del cast da pelle d’oca, per chi come me ha frequentato (anche se in epoca differente) gli istituti speciali per ciechi comporta un grande trasporto emotivo. Anche un ex interno tra i più induriti nel cuore e nello spirito, non può non rivedersi nelle vicende e nelle dinamiche raccontate nella pellicola. Non nascondo di aver pianto, cosa che mi capita raramente davanti ad un film. La prima volta che l’ho visto ero senz’altro in una situazione di estrema sensibilità per vicende personali, ma il riemergere dopo anni di tante sensazioni, frustrazioni e successi, dinamiche e racconti vissuti in prima persona nella frequenza degli istituti mi ha riportato indietro nel tempo, ad un’infanzia particolare, dove assieme all’Amore di una famiglia c’è stata la necessità di affrontare una separazione da essa, per la questione legata all’educazione e alla formazione che, nei luoghi di origine, allora non era possibile. Solo molto dopo è arrivata l’integrazione scolastica, ma proprio a partire da vicende come quelle di Mirco. Infatti siamo agli inizi degli anni Settanta, dove istanze sociali e rivendicazioni sindacali si toccano e la spinta del cambiamento di questa insolita commistione (all’epoca molto più forte, fatemelo dire) porta ad una serie di riflessioni generali che dall’anno successivo inducono le istituzioni a rivedere quel modello indubbiamente ghettizzante. Infatti in un decennio, partendo da alcuni Decreti del Presidente della Repubblica del 1971, si giunge alla legge sull’integrazione scolastica del 1977 e all’istituzione della figura dell’insegnante di sostegno, che porterà nel periodo 1980-2000 ad affermare definitivamente i processi di inclusione socio-scolastica e alla definitiva chiusura degli istituti speciali come luogo deputato alla formazione dei ciechi e degli ipovedenti. Bene, tutto quanto si vede nel film è autentico, anche la domanda, scioccante in apparenza, che apre l’esperienza di Mirco in istituto: “Ma tu, quanto ci vedi?”, domanda che in apertura di anno scolastico oppure in presenza di un uovo arrivo ho fatto e mi sono sentito rivolgere molte volte.

Consiglio a chiunque, soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, la visione di questo film, sia per assimilare l’importanza della formazione e dell’istruzione, sia per capire fino in fondo la necessità di abbattere lo stigma che accompagna ognuno di noi in prossimità di esperienze aliene dalla presunta “normalità”, come è appunto l’handicap visivo.

la radio che ascolta!

Logo radio32

Nella pagina dedicata alle Realtà amiche è comparsa una nuova sezione, dedicata ai Media, da intendersi sia come mezzi di comunicazione, ma trattando la comunicazione in varie forme, riguarderà principalmente i progetti specifici della comunicazione che seguo direttamente.

Il primo collegamento indicato è quello con Radio32 una webradio di comunità. Si tratta di un progetto che mi ha entusiasmato sin da subito, soprattutto per la forza che racchiude in sé, ovvero quella della prospettiva. La prospettiva intima, quella del riscatto, dell’opportunità, della possibilità. La prospettiva estrinseca, ovvero quella della condivisione, di azione dal basso.

Radio32.net è anche parte della rete del Disability Pride Network quindi giocoforza le argomentazioni e gli stimoli sono una eco che riporta sempre le stesse parole, quelle per le quali tutti noi, ogni singolo progetto di quel network, compreso quello che supporta Radio32, assume come proprio fondamento: dignità, consapevolezza e opportunità.

Per la radio sono da dicembre 2020 già redattore, e ringrazio Daniele Lauri e gli altri per l’accoglienza, umile voce del gruppo di Accesso Totale, che nasce da un blog rilanciato anche da Opposte Visioni, curato da Cristian, redattore anch’egli del format radiofonico. Nella sezione I miei podcast sotto la voce collaborazioni, troverete tutti i collegamenti dove ho collaborato direttamente, per un feedback iniziale con Accesso Totale e tutto il palinsesto.

D’accordo con l’associazione Ipse Lab, ambito in cui nasce il progetto della radio, e assieme a Sonia di CucinabiliVisioni, la cucina in tutti i sensi stiamo per intraprendere un nuovo percorso, proponendoci come redattori per una nuova trasmissione ispirata dai nostri rispettivi blog, in partenza da febbraio 2021, e sulla quale vi informeremo con specifico post.

Se volete conoscere meglio il progetto della radio di comunità potete leggere questo documento, dove vi sono anche indicazioni per sostenere il progetto.

Che dire quindi? A risentirci sulle onde web di radio32!

La radio che ascolta!

I Disabili Pirata tra lotte per i diritti e movimenti popolari

Costruzione della RampaDellaPace-Milano-19.9.2020

Non ti abbattere, abbatti le barriere!

Premessa

A ridosso della costruzione della Rampa della Pace a Milano dello scorso settembre ho sentito uno dei fondatori dei movimenti di disabili tra i più interessanti nel panorama nazionale, dove la disabilità è abile, attiva e promotrice di vecchi e nuovi diritti. Qui potete leggere l’intervento dalla pagina del Disability Pride Network.

Logo Disabili Pirata

Chi sono i “pirati”

I Disabili Pirata, anche nell’accezione di Abbatti Le Barriere, sono movimenti di azione dal basso, attivi da più di tre anni; sviluppatisi inizialmente a Milano e nel nord Italia, ad oggi raccolgono esperienze dalla Val di Susa alla Sicilia, come ci racconta Andrey Chaykin, tra i fondatori dei due gruppi.

Logo AbbattiLeBarriere

Pensieri e azione

Passiamo alle parole di Andrej, da contestualizzare in un quadro movimentista, dinamico, habitat naturale per un personaggio molto frizzante che con azioni dal basso difende concretamente propri e altrui diritti.

Andrej Chaikin

Andrej, che suggestioni ti crea la “diversità”, da disabile, da attivista, da cittadino.

Tutti siamo diversi. Credo che la diversità sia una ricchezza di ognuno e un tratto che ogni persona porta con sé. Al posto di usare la diversità per discriminare ogni persona dovrebbe invece migliorare questo contesto sociale, in maniera globale, proprio a partire dalle diversità. La gente con la mentalità chiusa è destinata a scomparire.

Come affronti le barriere?

Le barriere sono collegate con vari aspetti della disabilità. Vanno abbattute, a partire da quelle architettoniche – che sono barriere reali – fino a quelle mentali e culturali.

Sei una persona disabile, ma sei anche una persona di origine straniera. Quale la percezione che hai, su questi due livelli, dell’accoglienza?

Ho affrontato con tante difficoltà la mia disabilità quand’ero in Russia, ma giungendo in Italia mi sono integrato. Tra le varie esperienze ricordo positivamente come sono stato accolto calorosamente a scuola quando sono arrivato. L’accoglienza nelle scuole si sviluppa più spontaneamente, forse a livello sociale si ha più difficoltà.

A cosa pensi quando si parla di diritti?

Be’, è una bella parola e molto impegnativa. Più diritti per tutti, senza distinzione di sorta. Sono un portatore di una lotta per i diritti, una di quella più inclusive, ispirato – pensando ai diritti, alla figura di Martin Luter King. Noi rappresentiamo gli ultimi, persone a volte senza voce. Occorre poi non dimenticare mai che ognuno prima o poi può incappare nella disabilità. Lottar per i diritti di pochi, quindi, vuol dire lottare per i diritti di tutti.

Andrej percorre la RampaDellaPace

Il 19 settembre 2020, a Milano, siete stati impegnati in una importante manifestazione, volta a sensibilizzare in merito ai diritti negati alle persone con disabilità, iniziando proprio dalla mera accessibilità dei luoghi. Che impressioni hai avuto?

Più che positive! C’è stata una grossa manifestazione avvenuta coscienziosamente e nel rispetto delle norme anti-Covid. Oltre ai Disabili Pirata ci sono stati altri interventi di tipo politico e sociale, con chiare richieste dalla cittadinanza non solo milanese, ma anche dell’hinterland, per una città, un Paese più sensibile e inclusivo. Dentro questa cornice di realtà autogestite, noi abbiamo trovato il giusto spazio per esprimere il nostro disagio sociale di persone con varie disabilità. Tramite la “rampa della pace” abbiamo lanciato un messaggio forte e chiaro a tutti. Che i noi disabili sappiamo essere anche pirateschi e avventurieri, che non ci fermiamo di fronte a nulla e ci ribelliamo per tutti coloro che sono oppressi, anche se non se ne rendono conto. Inoltre non eravamo pochissimi, bensì molte persone determinate,uscite dal “loro quadrato” per unirsi a noi.

Quali sono i messaggi che i Disabili Pirata hanno lanciato alla società e alla politica in quell’occasione?

Direi che è una fetta di società importante e impegnata costantemente nel sociale a lanciare il messaggio a chi amministra a tutti i livelli e agli altri cittadini poco sensibili o ignari di ciò che succede in città. I messaggi sono chiari: fermare la “caccia alle streghe” che molte regioni praticano. Si parla di rispetto verso chi vive ai margini della società, che intraprende la strada dell’occupazione a fine abitativo, ma anche chi è costruttivo nel senso del recupero di spazi altrimenti abbandonati al vero degrado. Se non ci fosse stato, ad esempio, il Collettivo della cascina Torchiera, che fine avrebbe fatto uno spazio che affonda le sue radici nel 1400? Si trattava di un luogo lasciato a marcire, ora invece è uno spazio accessibile. Vogliamo che le pubbliche amministrazioni riconoscano la pratica dell’autogestione, dell’auto-organizzazione delle persone in gruppi, comitati o collettivi che, avendo cura degli ambienti e degli spazi circostanti, possano prendersene cura senza essere perseguiti e oppressi da una legge ingiusta, scritta da chi non ha mai fatto delle lotte sociali o vissuto una difficoltà. Lo stesso problema colpisce anche noi Disabili. Chi ha fatto le normative sul trasporto, ad esempio, riservandoci solo 2 posti sul treno non sa nulla di noi persone con disabilità e si permette di giocare con i nostri diritti, come la libertà di spostarsi.

Logo Cascina Torchiera

Quali sono le priorità per il 2021?

Una delle priorità è sicuramente l’abbattimento delle barriere. Se aspettiamo una iniziativa autonoma in tal senso delle istituzioni a volte può capitare la demotivazione; un altro paio di maniche è quando siamo noi a sollecitare le istituzioni. Occorre maggiore consapevolezza attorno al mondo delle disabilità; con Disabili Pirata portiamo avanti anche attività di consulenza e siamo molto richiesti su Milano, come altrove, sia dal pubblico che dal privato. Ecco, occorre continuare su questo percorso di consapevolezza”. In tal senso seguiremo come Disabili Pirata questa rete sociale fatta dagli spazi, comitati, collettivi e simpatizzanti, per far capire anche due termini importanti da includere nel dialogo generale: Accessibilità e Abilismo. Questo compito continueremo a portarlo avanti non solo tra gli spazi autogestiti, ma anche al pubblico e al privato, cercando di creare un dialogo.

Follow up

Politico incalzato da Andrej in fuga @

Andrej e tutti i Disabili Pirati e Abbatti le barriere sono l’esempio concreto di quell’”abilismo” che rende attiva e dinamica la disabilità, soprattutto nel momento in cui le persone con handicap, pienamente consapevoli, rivendicano diritti e chiedono conto della loro mancata applicazione ad istituzioni e politicucci, come testimonia questo video dello stesso Andrej dove incalza l’ennesima mezza calzetta che usa le disabilità solo come collante per la poltrona su cui siede.

https://fb.watch/32wx4mYKcw/

Leggendo tutto ciò risulta che quella dei Disabili Pirata si denota come una realtà molto dinamica. Un movimento che conserva viva la sua natura “dal basso. Complimenti e grazie di questo approfondimento ad Andrej. A presto!

Energy Family Project: tra accoglienza e innovazione.

Copyright EnergyFamiliProject

Premessa

Riprendiamo il percorso di Opposte Visioni tra le tante realtà che si occupano di disabilità, dove essa è intesa, vissuta e promossa nella sua componente “attiva”, o dinamica, se preferite.

Ho sentito negli scorsi mesi per il Disability Pride Network Samuela Fronteddu, Presidentessa, ispiratrice e anima di Energy Family Project. Potete leggere il suo intervento per intero Qui. Di seguito una sintesi di quell’intervento, il quale apre spazi di riflessione che vanno ben al di là della disabilità, perché i presupposti e le modalità hanno una profondità tale da riguardare l’approccio verso una “nuova comunità umana”. Buona lettura.

L’associazione

Energy Family Project APS è un’organizzazione nazionale nata nel 2019 con sedi e gruppi attivi in tutta Italia. L’associazione supporta famiglie con bambini e singoli individui affetti da Agenesia degli arti, gravi amputazioni e malformazioni. Conosciamo questa realtà attraverso la testimonianza di Samuela Fronteddu, fondatrice e Presidentessa dell’associazione, coinvolta dall’Agenesia degli arti perché madre di Giulio, bambino menomato del braccio destro.

L’intervista

Samuela, raccontaci un po’ di Energy Family Project…

L’associazione ha trovato spazio ideale già dopo la nascita di mio figlio, ma è nata ufficialmente un anno fa. Ci occupiamo di sostenere le famiglie che affrontano queste patologie, che al contrario di ciò che si potrebbe pensare, sono tante. Uno dei nostri obiettivi è quello di creare rete tra loro. Attualmente sosteniamo 500 famiglie in tutta Italia, sia a livello morale, burocratico e terapico e registriamo ogni settimana uno o due nuovi contatti di famiglie.

Quali le problematiche più importanti che affrontate?

Ce ne sono tante. Mi preme sottolineare, ad esempio, come in Italia non sono state mai adottate linee guida fisioterapiche pediatriche per bambini con amputazione. Se nessuno le scrive, nessun bambino riuscirà , di conseguenza, a iniziare un percorso di riabilitazione, perché il personale medico non saprà come agire. In altre realtà europee si lavora con queste linee guida fisioterapiche, studiate anche dai nostri professionisti. Siamo fortemente impegnati affinché vengano adottate anche in Italia, consapevoli che ci vorranno anni.

Con quali realtà collaborate?

Nonostante l’associazione sia nata da poco, basiamo il nostro operato su una grande concretezza. Ad oggi, tra le più significative, collaboriamo con la Fondazione “Santa Lucia” (centro europeo per la neuro-riabilitazione) e il distaccamento di Palidoro dell’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, con il quale abbiamo avuto un accredito recentissimo per una partnership finalizzata alla costituzione di un nuovo polo di chirurgia della mano e del piede.

Samuela, cosa rappresenta per te la diversità?

Ho dovuto confrontarmi con questo termine quando è nato Giulio. Ho imparato a comprendere che mio figlio è una persona unica, che non si è mai sentito diverso dagli altri. Il mio impegno di madre è quello di farlo sentire come tutti gli altri. Da mamma vedo oggi Giulio come un bambino e il mio impegno è farlo diventare un uomo. Quando è nata l’associazione e ho iniziato a conoscere altre madri, al di là della loro provenienza geografica o di ogni differenza etnica e culturale, ho scoperto che il dolore e la paura di quelle madri erano come le mie. Qui è nata una scintilla che mi ha spinto a sostenere e affiancare altre madri.

L’accoglienza cos’è per te?

L’accoglienza per me è tutto. Incidono sicuramente le mie origini sarde, dove abbracciare le persone vicine a me è un gesto che mi viene naturale e rappresenta l’accoglienza dell’altro. Con l’associazione cerchiamo un contatto con le persone (anche se spesso ci cercano loro) in maniera delicata, per poi farle entrare nel gruppo, sempre con gradualità e volontariamente. Alcune persone sono affamate di vicinanza. Altri si sento no protetti, ma sono diffidenti. Per noi accoglienza significa dare loro un punto di riferimento e un conforto.

Quali gli obiettivi per Energy Family Project nel il 2021?

Visti i grandi impegni che portiamo avanti, alla luce delle restrizioni che stiamo vivendo, dichiarare oggi questi obiettivi ci dà fiducia per il futuro, perché consapevoli di costruire i pilastri di un lavoro buono. Per noi gli obiettivi sono chiari e limpidi:L’adozione di un protocollo nascite per le famiglie; questo per garantire l’accoglienza della famiglia, favorendo i processi di socializzazione con altre famiglie già coinvolte, fornire assistenza burocratica e indirizzare verso soluzioni terapiche idonee. Scrittura delle linee guida fisioterapiche e terapiche pediatriche. L’introduzione nel sistema di protesi low coast.

Puoi approfondire quest’ultimo aspetto?

A proposito di quest’ultimo punto volevo segnalare che siamo chapter italiana di E-nable, comunità mondiale, e forniamo device ai bambini stampati in 3D. Grazie alle competenze di molti nostri associati, abbiamo vari laboratori sul territorio nazionale. A tal proposito segnalo il sito dedicato a questa specifica attività di supporto per le protesi a basso costo.

Samuela, un auspicio per concludere…

Per concludere ribadisco la volontà affinché mio figlio non cresca disabile, perché lo Stato e il corpo sociale devono assumersi le loro responsabilità verso coloro che hanno delle fragilità.

Anna Fusco, una delle testimonial EnergyFamilyProject

Grazie a Samuela Fronteddu per il suo intervento e per l’operato di Energy Family Project., realtà che indica una tendenza ben precisa da seguire: quando le soluzioni sembrano lontane per volontà di pochi, esse sono a portata di mano e realizzabili grazie all’impegno di tanti, quindi occorre sempre agire.