Mancanze della politica assolutamente trasversali

Il 3 dic di ogni anno ricorre la giornata internazionale delle persone con disabilità, momento utile per riflettere sulle reali condizioni esistenziali e sull’effettiva applicazione delle tutele per milioni di donne ed uomini in tutto il mondo, Italia compresa.

Vi segnalo una nota a mia firma pubblicata sulla pagina facebook del Disability Pride che potete leggere nella versione originaria e per intero Qui .

Le riflessioni che seguono, oltre che dalla sentenza 152 del giugno 2020 della corte costituzionale, sono ispirate da Questo articolo Firmato da Dario Dongo sullo stato dell’accessibilità nel trasporto ferroviario italiano. Buona lettura.

“Partiamo da un dato di fatto: nel “Decreto agosto” le misure a sostegno della disabilità sono scarse, nel caso dei disabili lavoratori o di familiari lavoratori di disabili gravi, inesistenti, se non un aleatorio diritto al cosiddetto “smart working”. L’osservazione proviene da varie organizzazioni e le mancanze in Italia, si sa, sono croniche e ben sedimentate nel tempo. Modifiche ed integrazioni degli strumenti di sostegno sono arrivati con i successivi decreti, ma nonostante l tentativi, si può affermare che l’indirizzo sulle questioni riferite alle disabilità resta di tipo assistenziale, e si registrano fenomeni che indicano questa tendenza. Al di là delle scarse risorse investite in tal senso, la mancanza di visione degli interventi rappresenta la costante dell’agenda di governo in questa materia.

Molto ha fatto discutere, nelle scorse settimane, l’aumento delle pensioni di invalidità civile minime fino al cosiddetto “raggiungimento del milione”, per coloro che hanno il 100% di invalidità riconosciuta e rientrano negli indicatori ISEE. Questa, che potrebbe sembrare una scelta politica, in verità è dettata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 152 dello scorso giugno, che rende illegittima la norma del 2001 che assegnava tale aumento alle persone con più di sessant’anni, oggi invece tale diritto è riconosciuto a tutti i maggiorenni.

La riflessione amara, già valida per tanti altri aspetti legati ai diritti civili,è che la politica deve adeguarsi a delle decisioni dell’Alta Corte, eludendo il proprio compito di governare le esigenze del corpo sociale, indirizzando con politiche efficaci lo sviluppo e il progresso del nostro Paese. Perché a ben vedere, se dovessimo contare le istanze pervenute alla politica dalle varie organizzazioni di disabili nel corso del tempo, si può dire che molto poco ascolto c’è stato.

Alcuni esempi? La scuola lamenta continuamente carenze strutturali, di attrezzature di sostegno e di personale adeguato per gli studenti con DSA o bisogni educativi speciali. Sull’assistenza tramite fondi speciali per non autosufficienti si è detto sopra. Di politiche per la disabilità attiva, attraverso il lavoro, nemmeno a parlarne. Di investimento sulle infrastrutture per l’accessibilità un recente articolo di Dario Dongo rende chiaro lo stato della situazione nel nostro Paese.

Le domande a riguardo sarebbero tante, ma in maniera trasversale ne pongo solo una ad eventuali interlocutori politici ed istituzionali: avete idea della portata sociale della disattenzione verso il mondo delle disabilità? Non voglio qui snocciolare numeri. Il rapporto INSTAT del dicembre 2019 è molto eloquente. Ma al margine di queste annotazioni e in una nuova “Giornata mondiale delle persone con Disabilità”, volevo sottolineare come per la politica non contano gli interessi di una fetta prossima al 9% della popolazione, indicando come in Italia esistono cittadini di seria A e cittadini di serie B, con il tacito azzeramento delle garanzie costituzionali contenute nell’articolo 3 della Carta e dei principi espressi nella Convenzione dell’ONU del 2006.

Non vorrei sembrare ripetitivo, ma questa disattenzione cronica e trasversale della classe dirigente, di ogni epoca recente e di ogni colore politico (al di là della tassonomia istituzionale che di tanto in tanto dedica alla disabilità un ministero) mi parrebbe configurarsi come violazione dei diritti umani.

In conclusione, l’invito che rivolgo agli interlocutori istituzionali e ai vari dirigenti pubblici e privati (perché anche le corresponsabilità, come nel caso dei trasporti, sono trasversali) è di gettare lo sguardo sul tessuto sociale italiano. Se vi soffermerete a guardare l’insieme al posto di limitarvi a vedere le singole criticità sulle quali porre delle pezze, vedrete un corpo sociale che richiede attenzione. Questa voce deve essere ascoltata, perchè il fatto che provenga dalla parte più fragile della società vi darebbe l’opportunità di risolvere, con le giuste politiche pubbliche (queste sconosciute), i problemi di gran parte della società italiana. Investire in accessibilità, cura domiciliare, integrazione lavoratva, inclusione scolastica e sociale migliora di gran lunga la stima che un popolo ha di sé. Non sarebbe forse il caso di affrontare in questo periodo di crisi tale sfida? L’obiettivo è costruire una società più giusta.”.

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Partecipazione alla vita politica e pubblica. Via @AccessoTotale del network del @DisabiliPride

Riflessioni sempre utili sulla Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con Disabilità provenienti da una realtà del Disability Pride.

L’art. 29 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità fa riferimento alla partecipazione alla vita politica e pubblica da parte …

Partecipazione alla vita politica e pubblica

#IoColtivo appunto 3: considerazioni dopo il raccolto.

Io che m’accendo una canna

Premesse

Questo post di chiusura dell’adesione Estiva” alla campagna #IoColtivo ha in sé una serie di note sugli esiti della coltivazione, oltre a valere come coming out di consumatori. Questa premessa per dire che siamo giunti alla fase conclusiva del ciclo di coltivazione delle nostre due piantine, una per me e una per la cara consorte, che ci hanno fatto compagnia in salotto per circa 10 settimane. Qui avevo dato le informazioni della varietà scelta, anche in funzione dell’adesione alla disobbedienza civile, con una serie articolata di ragionamenti che ci hanno indotto ad optare per una auto, ovvero una genetica che in tempi determinati giunge a fioritura.

Com’è andata?

Nel corso dell’esperienza sono intervenuti piccoli e grandi imprevisti, evento non raro per chi coltiva cannabis ad uso personale in maniera artigianale e domestica. Il livello di difficoltà è paragonabile a quello di tenuta della vigna, dove sono moltissimi gli aspetti da dover considerare affinché esca fuori prima dell’uva sana, poi di conseguenza un buon vino. Ma volendo restare sul livello domestico, è come se una pianta di peperoncini ad un certo punto ha bisogno di un livello di attenzioni particolari, cosa non rara, se si considerano ad esempio alcune genetiche che badano si al frutto, ma anche alla sua qualità. Una pianta di Habanero o un Carolina Reaper ha bisogno di certi accorgimenti affinché frutti secondo quella data genetica del cultivar. altrimenti fruttano poco, non fruttano proprio o i frutti non sono all’altezza della qualità che ci si aspetta, come è capitato a noi. Bene, per la cannabis è uguale. Nel video presente alla fine di questo contributo do una sorta di motivazione “politica” alla disobbedienza civile, ma di seguito vorrei precisare gli effetti della coltivazione domestica.

Le piantine ormai fiorite prima del raccolto

Il problema da stress di calore è stato l’inaspettato fuori programma del quale non abbiamo avuto prontezza, anche perché inizialmente non si è manifestato come problema, bensì come virtù, con un’esplosione della biomassa del tutto inaspettata. Questo però, nonostante gli sforzi di arieggiare il piccolo box usato e l’aver inserito due sole piantine, una a testa, non ci ha comunque messo al riparo dai più nefasti effetti della problematica più banale. Tante le considerazioni e le scelte per il futuro che deriveranno da quest’esperienza, ma sui tecnicismi ritornerò più dettagliatamente nella prossima disobbedienza civile, ovvero il box autunno-inverno!

Un fiore essiccato

Dalla foto potete vedere come i fiori secchi non siano compatti, problema caratterizzato dalla presenza di piccolo fogliame nella spiga dell’inflorescenza, circostanza che non permette una perfetta compattezza della resina, oltre che uno stato di generale sofferenza della pianta nella fase finale della vegetazione e in tutto il periodo di fioritura. L’effetto è tutto nel raccolto esiguo. La qualità della resina, i profumi e gli effetti terapeutici/psicotropi non sono compromessi, ne è compromesso solo l’aspetto quantitativo e un po’ la forma dell’inflorescenza, non soda e compatta. ma da consumatori di grande modestia diciamo che ci accontentiamo dei 15 grammi circa di fiore secco che le piante ci hanno complessivamente reso dopo 8 settimane di ciclo vitale più 8 giorni di essiccazione e alcuni giorni di concia per far risaltare profumi e gusto.

Mai avere fretta

Per concia, rivolgendomi ai meno abituati a certe terminologie, si intende una fase di riposo dei fiori in un vasetto di vetro, al buio, di tanto in tanto da aprire e smuovere delicatamente per evitare la formazione di muffe e dare ai fiori essiccati la possibilità di recuperare un minimo di umidità, utile alla maturazione della resina e alla degradazione delle varie sostanze, processo chimico che rende più efficace la relazione tra CBD e THC.

Che ne è venuto fuori?

L’effetto, già dalle “primizie” rubate, è assolutamente gradevole, molto rilassante e distensivo e concilia non poco il sonno notturno. Molto del merito di ciò che abbiamo raccolto è dei prodotti usati, biologici, che ci hanno permesso di aver dei fiori seppur scarsi e bruttini, comunque gustosi. Come certi frutti minori dell’orto del vecchio nonno di una volta, che non erano bellissimi da vedere, ma poi una volta mangiati e assaporati restituiscono sensazioni piene e godimento sin nell’anima, oltre che delle papille gustative. Da salentino penso ad alcune varietà di perette o melette che spesso tradivano l’estetica a vantaggio della bontà.

Ci siamo concessi anche un recupero di parte del fogliame per un uso alimentare e Nel blog di Sonia potrete trovare alcuni esempi, come un gustoso Risotto

Risotto zafferano e foglie di cannabis

Messaggio alla nazione!

Nel video di coming aut che segue altre riflessioni in merito e una piccola dimostrazione dell’assoluta domesticità, tranquillità e placidità di un consumatore di cannabis, trasformatosi per l’occasione in modesto coltivatore domestico per soddisfare fini terapeutici in assenza di una normativa che consenta il libero commercio della pianta più innocente e odiata al mondo. Scusate strafalcioni e imparpagliamenti!

Videomessaggio di un fumatore di ganja

Per concludere

Con questo ciclo contiamo di stare a posto un paio di mesi, ma presto ci riproporremo. Ad ora cos’altro dire, buona cannabis a tutti…

…e buona disobbedienza civile! 😄

Se non ora quando! Impressioni su #Iocoltivo a Montecitorio

Spinello con Montecitorio sullo sfondo

Nelle righe che seguono alcune riflessioni, ricordi, notizie, fotografie e video frutto della giornata del 25 giugno scorso, quando di fronte al parlamento italiano è arrivata la protesta di chi vuole la canapa legale.

Riccardo Magi con una pianta di canapa in mano.. Foto @facebook

“Arrivando in questa piazza sento il profumo, il buon profumo della libertà”. Così apre il suo intervento il deputato Riccardo Magi nella manifestazione di giovedì scorso a Montecitorio per chiedere una revisione della politica proibizionista sulla cannabis. In effetti in piazza un buon profumo si sentiva, di una cannabis coltivata per vari usi e che spandeva aromi piacevoli fra tutti i partecipanti, che seppur seguendo ogni norma prescritta, hanno superato le aspettative degli stessi organizzatori.

Panoramica della piazza

Parlamentari, malati, imprenditori, medici e semplici consumatori hanno ascoltato partecipi molti interventi che ribadivano la necessità di una netta politica antiproibizionista sulla cannabis per tante ragioni. In anticipo sulla presentazione del libro bianco sulle droghe al Parlamento di quella stessa mattina, sono intervenuti molti rappresentanti del network di Forum Droghe, che ha elaborato il libro bianco, ma anche associazioni, rappresentanti del mondo dei Cannabis social club, della canapa legale, gruppi di consumo e tantissime altre realtà.

La manifestazione si apre con la notizia diffusa da Marco Perduca del fermo di Matteo Mainardi dell’associazione Luca Coscioni per aver portato in piazza la sua pianta coltivata durante la campagna di disobbedienza civile.

Il fatto è conseguenza di ciò che sia in apertura in piazza che come preannunciato dalla stessa coordinatrice di #IoColtivo Antonella Soldo già dalla sera prima, comunicando che la questura aveva emesso una diffida in tal senso verso la sua persona, come potete sentire Qui..

MeglioLegale ha attivato una raccolta fondi, che consiglio di sostenere anche con una cifra simbolica, per fare fronte alle spese legali per Matteo e tutti coloro che avranno conseguenze per aver aderito alla disobbedienza civile coltivando una piantina di cannabis in casa.

Antonella Soldo

Tornando alla piazza, Antonella Soldo apre la manifestazione ricordando come la questura di Roma, come era suo compito fare per avere ricevuto la notizia che volevamo portare delle piante e procedendo al fermo di Matteo Mainardi, da ironicamente la notizia che ci sono più di 2000 persone autodenunciate sui social come coltivatori e sono stimati più di 100000 persone che ogni hanno si autoproducono cannabis in forma domestica, invitando le forze dell’ordine a venire a cercarci a casa. Sono le 10:30 del mattino circa e l’entusiasmo già è alto.

Intervento di Antonella Soldo
Filomena Gallo

Interviene poi Filomena Gallo, segretaria della Luca Coscioni, ricordando la proposta di legge Legalizziamo Afferma come la maggioranza di adesso avrebbe i numeri per approvare questa o altra legge in merito. Ricordando poi il proprio timore verso le sostanze stupefacenti, per sottolineare che nessuno stigma deve giustificare il proibizionismo, ribadisce anche come pur non essendoci una regolamentazione sulla cannabis ne esiste un mercato che, in sostanza, è giunto il momento di definire con regole certe, oltre a denotare il fatto che l’Italia comunque ne è produttrice. Segnalo una simpatica risposta a Filomena da Benedetto della Vedova, segretario di +EUROPA, che ricordando nel suo intervento anche le trascorse battaglie antiproibizioniste con Marco Pannella, ha rivendicato un proprio passato da consumatore.

Intervento di Filomena Gallo
Emma Bonino

Un altro intervento molto atteso è quello di Emma Bonino, parlamentare di +EUROPA e memoria storica delle battaglie antiproibizioniste. Più di un momento è stato dedicato al ricordo appassionato della figura di Marco Pannella e di altri storici attivisti per l’antiproibizionismo sulla cannabis nel nostro paese. La senatrice ha affermato con forza il concetto che “il mio non voglio, non deve trasformarsi in un tu non puoi”, scatenando un applauso accalorato da tutta la piazza, generalmente commossa per l’accorato appello alla pazienza nela battaglia per la cannabis, “perché prevedo che sarà ancora lunga”, afferma la storica rappresentante radicale, affidando alle nuove generazioni questa lotta per le libertà personali.

Un intervento che mi ha entusiasmato è quello del rappresentante di DolceVita che ha racchiuso in una battuta molto semplice tutto il discorso: “la cannabis, per quello che ci vorrà per adeguarsi anche in Italia, ha già vinto”.

Molto efficace e diretto è stato Franco Corleone del Forum Droghe, andando a presentare il documento alla camera dei Deputati, ha ricordato ai parlamentari presenti che non è il momento di attendere, richiamando alla responsabilità anche loro stessi dell’intergruppo,, perché si assumano il peso su ogni ritardo, e all’Intero Parlamento, che voti e si esprima in merito prendendosi ovviamente la responsabilità della decisione, in qualsiasi direzione vada.

Per brevità non cito tutti gli interventi e le realtà, ricordando che il network legato alla campagna IoColtivo è molto ampio e, nonostante la defezione del Partito Radicale di Rita Bernardini, compatto e presente in piazza, una piazza comunque pacifica, aperta al dialogo e ad accogliere chiunque voglia sostenere questa battaglia di libertà e di affermazione dello stato di diritto; Marco Cappato, a tal proposito, nel suo intervento ha richiamato all’unità e compattezza del fronte antiproibizionista e molti assieme a lui hanno ricordato come il fronte proibizionista invece è unito e accecato dall’unica volontà di discriminare una pianta che invece è la soluzione di molti problemi.

Tutti hanno espresso comunque la necessità di adeguare le politiche sulla cannabis al trend internazionale, fortemente orientato su posizioni di revisione della politica di repressione al narcotraffico riferita alla cannabis.

Spero di non dover attendere ancora a lungo, considerando la presenza della proposta di iniziativa popolare già da quattro anni in Parlamento e che numerose sono le iniziative sul tema, a partire dall’emendamento ai decreti economici a prima firma di Riccardo Magi per la normazione definitiva della Cannabis Light, vero paradosso del proibizionismo all’italiana, che come ricordava Perduca ed altri tocca per fissazione anche la non droga pur di colpire una presunta droga.

Se la assumo senza THC è canapazzo, se la fumo per curarmi è cannabis, se la compro per strada è Marijhuana, ad ogni modo la canapa è l’unica pianta concretamente perseguitata nel nostro paese, come emerge dal Libro bianco del Forum droghe che registra come il 94% dei sequestri di polizia di sostanze droganti riguarda la cannabis.

E ad ogni modo, anche quando la fumo per un mal di testa, mi ricordano le rappresentanti di Canapè la sto assumendo a fini terapeutici. I confini tra gli usi sono labili e il proibizionismo tenta solo di definirne di nuovi su nessun presupposto.

In verità però è il proibizionismo ad essere nocivo e deve essere abolito, questo emerge e questo ribadiamo costantemente anche con la disobbedienza civile.

La piazza di giovedì 25 era colorata, determinata, pacifica, profumata e allegra, soprattutto allegra, perché l’auspicio di vedere con i propri occhi il cambiamento del mondo grazie alla cannabis, anche in senso di economia green, riaccende gli entusiasmi e la speranza per un mondo migliore.

Risulta ormai chiaro a tutti, è il momento di legalizzare la cannabis. Se non ora, quando?

Il libro bianco sulle droghe 2020.

Fuoriluogo. Copertina del libro bianco sulle droghe

Il 26 giugno scorso, Giornata mondiale indetta dall’ONU contro l’abuso di droghe e il narcotraffico, c’è stata la presentazione dell’Undicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe curato da Forum Droghe, che in verità aveva già visto una presentazione ufficiale il giorno prima, quando durante la manifestazione di Montecitorio indetta da MeglioLegale veniva presentato alla Camera dei Deputati il documento elaborato per fotografare il livello di consumi in Italia e sullo stato delle politiche per la prevenzione del danno. Al webinar di presentazione del documento alla stampa hanno preso parte i rappresentanti delle realtà e i ricercatori che hanno contribuito alla stesura di quest’importante documento di analisi che, è utile sottolineare, , non è prodotto da un’agenzia pubblica, ma demandato alla volontà del terzo settore e delle realtà dei servizi alle tossicodipendenze.

Il quadro generale

Dalla lettura di questa edizione del libro bianco emerge il verificarsi di una doppia realtà, che a sua volta comporta due conseguenze; nel complesso la ricerca restituisce la fotografia di un paese ancora impreparato ad affrontare strutturalmente la questione. Da un lato l’immobilità della politica, al cospetto del fatto che in tutto il resto del mondo – a a prtire dalle agenzie dell’ONU – ci si sta ponendo il problema del proibizionismo, ovvero l’arretratezza sociale e le difficoltà economiche che comportano le politiche proibizioniste. D’Altra parte c’è l’incapacità della stampa italiana di presentare la questione del consumo non come un aspetto legato alla pericolosità sociale (percezione provocata dalla presenza nella cronaca legata alle sostanze della criminalità, come gestore unico del mercato di riferimento), non già per quello che a tutti gli altri appare ovvio, cioè come una questione legata alla scelta personale, alla tutela dei consumatori e riferita ad aspetti di tipo socio-sanitario.

Cosa non fa la politica

Dal lato della incapacità della politica di agire nel senso di evoluzione del sistema, con l’approvazione di una politica di prevenzione ancor più che di repressione, ha come conseguenza il disumano sovraffollamento delle carceri e intasamento del sistema giudiziario, con più di 172000 processi per reati legati al consumo di droghe, rispetto a soli 40mila per reati di traffico, come ricordava Elia De Caro di Antigone durante il suo intervento; si ricordava anche come il 35% della popolazione carceraria è costituito da donne ed uomini private della libertà personale per reati riconducibili al consumo e al piccolo spaccio, dato emerso anche durante la presentazione della Relazione al Parlamento di Mauro Palma, Garante Nazionale delle persone private della libertà,svolta sempre durante la mattinata del 26 giugno. Una seconda conseguenza è quella paradossale vissuta dai consumatori di cannabis terapeutica, che spesso anche in presenza di prescrizioni mediche hanno delle conseguenze penali perché ritenuti “contravventori” per la legislazione attuale, con una serie di conseguenze personali che aggravano situazioni socio-sanitarie già poste di frequente al margine dell’attenzione degli enti di cura e assistenza. In generale, l’assenza di uniformità dei servizi sul territorio nazionale e di politiche nel settore emerge con forza, denotando un gravissimo e colpevole ritardo della nostra dirigenza politica e del Parlamento rispetto a tutto quel mondo occidentale (e non solo) che invece si è posto il problema di cambio di passo, compresi quegli stessi Stati Uniti che iniziarono la guerra alle droghe, con il sostegno all’approvazione della prima convenzione internazionale di contrasto nel 1961. Oltretutto questo cambio di passo non è rallentato con il Coronavirus, bensì ha visto in varie realtà accelerazione per tentare di arginare le conseguenze del Covid; si è notato in alcune esperienze degli states come una politica antiproibizionista mitigasse le conseguenze economiche della crisi.

La cattiva informazione

La conseguenza emersa a carico del ritardo del mondo della comunicazione ad adeguare lo standard qualitativo delle informazioni attorno al mondo delle dipendenze e del sistema carcerario è riconducibile al persistere di uno stigma che a livello sociale ancora è fortemente pervaso nella nostra collettività. Ciò dimostra il grande disinteresse per la questione del consumo delle sostanze, un fenomeno che complessivamente coinvolge 8 milioni di cittadini italiani. Non sono di certo una quota marginale della popolazione. Questi cittadini, aspetto rivendicato con forza da molti relatori, meritano attenzione da parte della politica anche per una tutela come consumatori, quindi con una ovvia normazione del mercato per controllare la qualità delle sostanze circolanti, aspetto che denoterebbe appunto il rispetto di persone che scelgono consapevolmente quale sostanza consumare, sforzo che presuppone la capacità di allontanarsi dall’immagine di un drogato pronto a comprare di tutto sul mercato illegale pur di provocarso lo “sballo”.

La cannabis come volano antiproibizionista

Ruolo importante nella relazione e al centro del dibattito di queste settimane lo ha la cannabis, considerando anche la vicinanza della manifestazione di piazza Montecitorio e l’iniziativa dei cento parlamentari, che durante gli Stati Generali delle scorse settimane hanno scritto una lettera a Conte per ribadire l’importanza di valutare politiche di depenalizzazione per tutti i motivi sinora descritti, oltre che per motivi economici visto il tema della serie di meetting di Villa Panfili. Tutti i relatori hanno sottolineato la necessità di decriminalizzare e regolamentare la produzione, l’uso e la vendita di cannabis, per poi aprire la strada antiproibizionista verso tutte le sostanze, in modo da sottrarre da un lato potere economico alle organizzazioni criminali, dall’altro trarre risorse per i livelli di cura e assistenza – guardando alla riduzione del rischio -, sia in termini di risorse liberate nel sistema giudiziario, inquirente e penitenziario, sia per gli introiti diretti derivanti dalle imposte sul commercio dei vari prodotti, fattori che darebbero respiro non poco alle casse dello stato, oltre a vedere l’attivazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Ovviamente sui canali social di Forum Droghe e FuoriLuogo troverete traccia del webinar e degli altri appuntamenti dedicati alla presentazione del libro bianco, che potete trovare e scaricare Qui

#IoColtivo a Montecitorio il 25 giugno!

Gli ideatori della campagna #IoColtivo alla quale io e Sonia abbiamo aderito vede un suo importante evento il prossimo 25 giugno, quando rispettando ogni regola dettata dal periodo, si attende in piazza Montecitorio un certo numero di attivisti antiproibizionisti per ribadire alla politica che è il momento di agire per la regolamentazione del consumo e dell’autoproduzione, per la legalizzazione e, sotto il controllo del monopolio dello Stato come per alcol e tabacco, regolamentarne la vendita e la certificazione degli standard qualitativi della cannabis. Ma soprattutto chiederemo che finalmente si agisca per sottrarre potere economico alle varie organizzazioni criminali.

I numeri sono inequivocabili, sia perché è il momento di tutelare centinaia di migliaia di consumatori di cannabis, sia per l’economia che si potrà generare, ad ogni livello, da una completa normazione, regolamentazione e messa a regime economico di questa meravigliosa, e non solo stupefacente, pianta.

Adesso basta, non è più il tempo della caccia alle streghe, è ora di legalizzare! Di restituire piena dignità ad una pianta utile.

Il 25 giugno saremo in piazza anche noi per portare di fronte alla sede deputata a rappresentare la democrazia nel nostro Paese il germoglio della legalità.

La coltivazione ad uso personale tra assenza della politica e supplenza della giurisprudenza

Per la campagna #IoColtivo, o almeno per le azioni concrete della mia personale adesione, ritengo importante informare, anche puntualmente, riportando la voce degli attori principali in ambito antiproibizionista, come quello del Forum Droghe. Pertanto mi sembrava importante dare conto di un appuntamento molto importante dal punto di vista del dibattito in merito alla recente sentenza della Cassazione.

Lunedì 8 giugno si è svolto un webinar dal titolo “Coltivazione di cannabis ad uso personale. Dalla Cassazione alle aule dei tribunali”, seminario online introdotto da Leonardo Fiorentini, direttore di FuoriLogo, Che ne è stato l’organizzatore. I relatori, gli avvocati Elia De caro (associazione Antigone), Fabio Valcanover, il Presidente di Magistratura Democratica e giudice di Sorveglianza Riccardo De Vito e il Direttore di Forum Droghe, già sottosegretario alla Giustizia, Franco Corleone, si sono confrontati sugli scenari aperti con la sulla sentenza della cassazione sulla coltivazione domestica di cannabis. Tutti gli ospiti hanno chiosato sull’assenza della politica in materia, quindi la mancanza dell’attività parlamentare nella produzione di leggi che diano una norma certa, ad oggi orientata, se non dettata, dalla giurisprudenza. Ma vediamo un po’ più nel dettaglio, seppur per veloci schizzi, gli aspetti principali emersi durante il seminario e che denotano un rischio per lo stato di diritto per migliaia di persone, rischio aumentato dalla genericità delle norme in materia di coltivazione delle piante di cannabis.

L’avvocato Fabio Valcanover fa una lettura analitica della sentenza, evidenziando i tratti di maggior interesse per rimarcare l’indeterminatezza dettata dall’assenza di una norma che stabilisca dei parametri di valutazione. Ad esempio, egli si chiede, come si può oggi definire in senso univoco il concetto di minime dimensioni, domandandosi appunto se siano di “minime dimensioni” delle piante con la portata della sentenza in oggetto, rilevando pertanto già che non si legge una uniformità di valutazione nella stessa sentenza. La seconda questione rilevata da Valcanover si apre con la considerazione che la Cassazione potrebbe aver aperto ad una estensione di diritto sulla coltivazione ad uso domestico, anche se altri giudici potrebbero non tener conto della giurisprudenza ed appellarsi esclusivamente alla normativa vigente, comunque repressiva. Il problema consiste di fatto nel rilevare la tipicità della condotta, ovvero se sussista l’ipotesi di coltivazione di piante per la destinazione costituente reato (ovvero lo spaccio). Ma in senso positivo verso la presenza di una norma chiara, che aiuti anche il difficile ruolo del giudice nel dover valutare individualmente ogni volta, vi è anche buona parte della magistratura.

Riccardo De Vito, Presidente del sindacato delle toghe Magistratura Democratica e giudice del tribunale di sorveglianza, nel suo intervento parte dal quesito che il giudice si è posto sull’”offensività”, ovvero sulla capacità del coltivatore ad uso personale di ledere le sfere di altri diritti. Per giungere ad una soluzione vi sono due sentieri: la verifica della conformità della pianta al tipo botanico o la necessaria valutazione della lesione della salute pubblica tramite circolazione della sostanza che se ne derivi. De vito afferma che da questo bivio non se ne è mai usciti perché i criteri sono variabili, cioè non dettati per legge, ma totalmente lasciati alla singola decisione del giudice. Per questo ne vediamo alcuni propensi a spostare il discorso sulla parte dell’ordine pubblico ed altri sugli aspetti della salute pubblica. Il presidente di Magistratura Democratica rileva poi come le sezioni unite della Corte di Cassazione, in questa sentenza, hanno fatto una sorta di “mossa del cavallo”. Infatti, il reato di coltivazione si può determinare al di là della quantità e presenza del principio attivo, ma tutto questo è vero se parliamo dell’effettivo verificarsi del reato di coltivazione; infatti alcune condotte riferite all’uso personale non si possono determinare come coltivazione rilevante dal punto di vista penale. Mossa importante questa, rileva De Vito, da parte della Cassazione, perché tende a riempire i solchi lasciati dall’attività della Corte Costituzionale, che in una sentenza del 2016 afferma che è irragionevole punire chi coltiva ad uso personale e non punire chi detiene ad uso personale, che potrebbe il più delle volte essere la stessa persona, individuando in un certo senso la tipicità della coltivazione ad uso personale. Le maggiori difficoltà, rileva il giudice De Vito, stanno proprio nell’identificare con certezza la fattispecie e cita per questo alcuni passaggi della sentenza, sopratutto quelli riferiti ai “mezzi rudimentali”, “domestico”, “modestissime quantità”, che risultano essere dei concetti elastici. Inoltre, continua a chiedersi il giudice, a proposito della rudimentalità, la tecnica agraria usata per una sola pianta fa cadere il concetto di coltivazione domestica, evento tale da rendere la condotta offensiva? L’ostacolo sta proprio nel fatto che questa situazione comporta la frizione con il principio di legalità, per l’assenza della norma che ne determini i parametri; la sua personale previsione è che nell’incertezza, l’attività di polizia giudiziaria continuerà a vedere il sequestro delle coltivazioni domestiche; ma continuerà ad esserci anche una disparità di trattamento a seconda dei vari tribunali.

Franco Corleone, già sottosegretario del Ministero di Giustizia e direttore del Forum Droghe, nel suo intervento si concentra sugli aspetti di tipo culturale e le valutazioni etiche, guardando ad esempio al ruolo della cannabis terapeutica, ormai dichiarata dalla scienza come medicina. Nel tempo ogni magistrato ha scelto delle vie per risolvere la questione della coltivazione domestica, ricordando che alcune sentenze affermano che la condotta non costituisce reato se, ad esempio, la pianta non ha effetto drogante, fatto impossibile con la cannabis se considerato il valore sempre presente del THC tra i suoi componenti, anche se sotto una certa soglia. Corleone loda le prese di posizione avanzate dal punto di vista della cultura giuridica quelle della magistratura, assieme a quelle della scienza, sulla coltivazione domestica e il consumo personale di cannabis, ricordando che l’attuale ministra Lamorgese, come l’ex ministro degli interni Salvini, condivideva recentemente l’idea di eliminazione della previsione di “lieve entità”, rischio anche per questa sentenza della Cassazione, che riceverebbe così un duro colpo rispetto a future applicazioni. Corleone auspica che il Parlamento valorizzi la sentenza della Cassazione, al fine di mantenere la previsione dei fatti di lieve entità e che affronti quanto prima la discussione su una norma che legittimi la coltivazione ad uso personale.

Ad un certo punto mi sono chiesto una cosa semplice, prendendo spunto dalla situazione personale . Rispetto a questa indeterminatezza, considerando che comunque potrebbero restare da un procedimento le sanzioni amministrative, come quelle sulla patente di guida; nello specifico facevo presente che come persona non vedente non ho molte altre possibilità di riuscita nella coltivazione ad uso personale se non con l’impiego di qualche piccolo mezzo, necessario per lo sviluppo di una biomassa vegetale (box e lampada) considerando la doppia caratteristica di contesto urbano e necessità di utilizzare spazi ridotti. Sulla mia domanda, l’avvocato Elia De Caro osserva che è difficile, appunto, dare risposte certe, proprio perché dipende dagli operatori che si possono incontrare; egli rileva il mutare della coltivazione, anche per la contingenza del contesto urbano, dove essa praticata in esterno non è possibile. Un consiglio pratico che deriva dalla mia domanda è quello di cercare di evidenziare sin da subito la finalizzazione della coltivazione per il consumo personale e determinare pertanto l’assenza dell’indice di cessione. Concretamente, consiglia De Caro, dichiarare sin da subito nel controllo di polizia che si tratta di coltivazione ad uso personale, legando questa dichiarazione a quella di essere un consumatore e, dove possibile, indicare anche un quantitativo giornaliero e il perché del consumo.

Per concludere brevemente, occorre sempre più una presa di posizione di responsabilità della politica e il Parlamento deve intervenire per colmare il vuoto normativo, visto che c’è una proposta di legge di iniziativa popolare in merito depositata a Montecitorio dal 2016 e che dagli inizi degli anni Novanta sono stati segnalati alle prefetture più di novecentomila cittadini come consumatori.

Sarebbe il caso e il tempo di intervenire per garantire lo Stato di diritto e la certezza della norma, proprio per tutelare quelle centinaia di migliaia di persone che scelgono di consumare e coltivare la pianta di cannabis ad uso personale, se non proprio consumarla ad uso sanitario.

Dal corpo dei malati al cuore della politica.

Il titolo di questo post non è farina del mio sacco. Si tratta del pensiero – profondo -di Luca Coscioni, poi diventato slogan dell’Associazione che porta il suo nome.

L’economista orvietano Luca Coscioni era un attivista politico – radicale – molto impegnato per l’affermazione dei diritti civili, attivo nel periodo tra la fine degli anni Novanta e la metà del primo decennio degli anni Duemila.

L’associazione che porta il suo nome, Associazione Luca Coscioni, è stata fondata dallo stesso Coscioni nel 2002 e, come si legge sul loro sito web nella pagina di presentazione, si occupa prevalentemente “delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento delle barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la ricerca sugli embrioni, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione”.

Attribuibile all’operato dell’associazione è la legge sul testamento biologico, lavora con azioni politica – come la creazione di un intergruppo parlamentare – per una legge sul fine vita, da più di 5 anni ha depositato una legge per la legalizzazione della cannabis e segue una sua campagna antiproibizionista dal nome Legalizziamo, e più recentemente l’organizzazione del VI° incontro per il congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica, svolto ad Addis Abeba il 25 e 26 febbraio 2020.

Dal novembre 2019, L’associazione attualmente presieduta da Filomena Gallo, ha lanciato il progetto CITBot, la prima intelligenza artificiale per le libertà civili.

Tra i personaggi politici di spicco dell’organizzazione appartenente all’area radicale posso ricordare Marco Cappato e Marco Perduca. Tra i numerosi mezzi che utilizza per la partecipazione democratica alle sue attività vi è l’uso dei social (conferenze su Facebook), programmi dedicati su Radio Radicale e un uso costante delle newsletter.

Sono orgoglioso di essere vicino a questa organizzazione per tutti questi e tanti altri motivi. Anche se non sempre posso essere attivo con la partecipazione o con contributi economici, mi sento di condividere pienamente le battaglie e sostenerla con ogni mezzo, perché le libertà per le quali si batte sono libertà che toccano o possono riguardare tutti.

IN questi mesi è attiva inoltre nella campagna #IoColtivo promossa da MeglioLegale.