Cooperativa aCapo: Includere per innovare.

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Premessa

La striscia, ad oggi breve, delle #StorieDalNetwork per presentare le differenti realtà del Disability Pride Network del nostro Paese – che spero di riprendere quanto prima – si è, ad un certo punto, imbattuta in una coop molto interessante. Questo contributo inedito, è ispirato ad uno slogan della Cooperativa aCapo, presieduta da Roberta Ciancarelli, “includere per innovare”, appunto.

Questa realtà mi ha colpito perché il tema dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità resta molto sensibile nel panorama italiano. Il mercato del lavoro in Italia è in sofferenza, con nodi cristallizzati in anni di cattive politiche del lavoro. Il collocamento mirato e le altre formule di indirizzo per l’inclusione lavorativa dei disabili soffrono maggiormente delle carenze e dei ritardi, non solo per la crisi Covid19, ma perché al cattivo costume di non applicare strumenti di Politica attiva del lavoro delle categorie svantaggiate, si aggiunge la pessima abitudine del tessuto datoriale di lavoro – Stato compreso – che non volge lo sguardo verso questa esigenza della società italiana.

L’azione

Laboratorio progetto InOnda

Per tale motivo, tra gli altri, è da ribadire l’importante ruolo della Cooperativa aCapo, che con pragmatismo interviene nel mercato del lavoro, stimolando la risorsa più importante, il capitale umano; tutto ciò nella direzione dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, professionisti a servizio del mercato.

La voce

Giammarco Nebbiai, responsabile comunicazione e socio della Cooperativa dal 2006, presentandomi questa realtà spiega:

“A capo è un’importante cooperativa sociale perché offre servizi di contact center a amministrazioni pubbliche e imprese, adottando nella propria mission un principio importante, quello della inclusione lavorativa delle persone con disabilità. aCapo, infatti, non opera in termini di assistenza, seppur questa sia un’attività importante, ma punta sul coinvolgimento attivo delle persone con disabilità per operare sul mercato. In oltre quarant’anni di attività della cooperativa, hanno trovato occupazione migliaia di lavoratori in condizioni di fragilità, trovando collocazione ad ogni livello della nostra organizzazione in base a preparazione, motivazione e opportunità”.

Attività InOnda

Come evolve oggi la collocazione della Cooperativa sul mercato del lavoro?

“Oggi le condizioni di competizione severissime; il valore sociale di imprese come la nostra non è sufficientemente riconosciuto e tutelato, ma resta ben presente il nostro impegno. Abbiamo anche dato maggiore slancio alle attività di progettazione sociale, con le quali di buone prassi sul territorio, esperimenti di sociale che ci vedono occupati con progetti come “Hostability”, che cerca di trasferire ad un gruppo di giovani persone con disabilità la capacità di operare nel campo degli affitti e delle esperienze turistiche accessibili, e “InOnda” che coinvolgerà un gruppo di giovani nella creazione di una webradio e un web magazine per stimolare la capacità di espressione e relazione con il territorio in cui vivono ”.

Come perseguire e proseguire l’azione di tutela dei diritti dei disabili?

“Intanto proseguire con manifestazioni e iniziative come il Disability Pride. Le leggi necessarie sul lavoro, sull’inclusione scolastica, sull’eliminazione delle barriere architettoniche dalle città esistono da anni; sarebbe ora di cominciare ad applicarle. È questione di visione e volontà dei decisori”.

Ringrazio Gianmarco Nebbiai per gli stimoli importanti che ha dato su un tema fondamentale, quale è il diritto al lavoro delle persone con disabilità, sancito anche nell’articolo 27 della Convenzione dell’ONU, oltre che nella seconda parte dell’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale, aspetto sul quale interviene egregiamente la Cooperativa Acapo.

Per conoscere di più le iniziative della Coop potete visitare il Sito web e per restare aggiornati sulle varie iniziative seguire la loro Pagina FB.

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Mancanze della politica assolutamente trasversali

Il 3 dic di ogni anno ricorre la giornata internazionale delle persone con disabilità, momento utile per riflettere sulle reali condizioni esistenziali e sull’effettiva applicazione delle tutele per milioni di donne ed uomini in tutto il mondo, Italia compresa.

Vi segnalo una nota a mia firma pubblicata sulla pagina facebook del Disability Pride che potete leggere nella versione originaria e per intero Qui .

Le riflessioni che seguono, oltre che dalla sentenza 152 del giugno 2020 della corte costituzionale, sono ispirate da Questo articolo Firmato da Dario Dongo sullo stato dell’accessibilità nel trasporto ferroviario italiano. Buona lettura.

“Partiamo da un dato di fatto: nel “Decreto agosto” le misure a sostegno della disabilità sono scarse, nel caso dei disabili lavoratori o di familiari lavoratori di disabili gravi, inesistenti, se non un aleatorio diritto al cosiddetto “smart working”. L’osservazione proviene da varie organizzazioni e le mancanze in Italia, si sa, sono croniche e ben sedimentate nel tempo. Modifiche ed integrazioni degli strumenti di sostegno sono arrivati con i successivi decreti, ma nonostante l tentativi, si può affermare che l’indirizzo sulle questioni riferite alle disabilità resta di tipo assistenziale, e si registrano fenomeni che indicano questa tendenza. Al di là delle scarse risorse investite in tal senso, la mancanza di visione degli interventi rappresenta la costante dell’agenda di governo in questa materia.

Molto ha fatto discutere, nelle scorse settimane, l’aumento delle pensioni di invalidità civile minime fino al cosiddetto “raggiungimento del milione”, per coloro che hanno il 100% di invalidità riconosciuta e rientrano negli indicatori ISEE. Questa, che potrebbe sembrare una scelta politica, in verità è dettata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 152 dello scorso giugno, che rende illegittima la norma del 2001 che assegnava tale aumento alle persone con più di sessant’anni, oggi invece tale diritto è riconosciuto a tutti i maggiorenni.

La riflessione amara, già valida per tanti altri aspetti legati ai diritti civili,è che la politica deve adeguarsi a delle decisioni dell’Alta Corte, eludendo il proprio compito di governare le esigenze del corpo sociale, indirizzando con politiche efficaci lo sviluppo e il progresso del nostro Paese. Perché a ben vedere, se dovessimo contare le istanze pervenute alla politica dalle varie organizzazioni di disabili nel corso del tempo, si può dire che molto poco ascolto c’è stato.

Alcuni esempi? La scuola lamenta continuamente carenze strutturali, di attrezzature di sostegno e di personale adeguato per gli studenti con DSA o bisogni educativi speciali. Sull’assistenza tramite fondi speciali per non autosufficienti si è detto sopra. Di politiche per la disabilità attiva, attraverso il lavoro, nemmeno a parlarne. Di investimento sulle infrastrutture per l’accessibilità un recente articolo di Dario Dongo rende chiaro lo stato della situazione nel nostro Paese.

Le domande a riguardo sarebbero tante, ma in maniera trasversale ne pongo solo una ad eventuali interlocutori politici ed istituzionali: avete idea della portata sociale della disattenzione verso il mondo delle disabilità? Non voglio qui snocciolare numeri. Il rapporto INSTAT del dicembre 2019 è molto eloquente. Ma al margine di queste annotazioni e in una nuova “Giornata mondiale delle persone con Disabilità”, volevo sottolineare come per la politica non contano gli interessi di una fetta prossima al 9% della popolazione, indicando come in Italia esistono cittadini di seria A e cittadini di serie B, con il tacito azzeramento delle garanzie costituzionali contenute nell’articolo 3 della Carta e dei principi espressi nella Convenzione dell’ONU del 2006.

Non vorrei sembrare ripetitivo, ma questa disattenzione cronica e trasversale della classe dirigente, di ogni epoca recente e di ogni colore politico (al di là della tassonomia istituzionale che di tanto in tanto dedica alla disabilità un ministero) mi parrebbe configurarsi come violazione dei diritti umani.

In conclusione, l’invito che rivolgo agli interlocutori istituzionali e ai vari dirigenti pubblici e privati (perché anche le corresponsabilità, come nel caso dei trasporti, sono trasversali) è di gettare lo sguardo sul tessuto sociale italiano. Se vi soffermerete a guardare l’insieme al posto di limitarvi a vedere le singole criticità sulle quali porre delle pezze, vedrete un corpo sociale che richiede attenzione. Questa voce deve essere ascoltata, perchè il fatto che provenga dalla parte più fragile della società vi darebbe l’opportunità di risolvere, con le giuste politiche pubbliche (queste sconosciute), i problemi di gran parte della società italiana. Investire in accessibilità, cura domiciliare, integrazione lavoratva, inclusione scolastica e sociale migliora di gran lunga la stima che un popolo ha di sé. Non sarebbe forse il caso di affrontare in questo periodo di crisi tale sfida? L’obiettivo è costruire una società più giusta.”.

Spunti didattici per combattere il cyberbullismo e il sessismo in rete

Giunti quasi all’inizio di un nuovo anno scolastico, alcune riflessioni e strumenti operativi per tentare di ricondurre le nuove generazioni ad un livello di consapevolezza, attraverso la didattica, rispetto all’uso consono degli strumenti web. Pur non essendo un operatore della formazione, trovo utile e molto interessante è il percorso proposto da Sara Marsico nell’articolo che segue e mi auguro che molti insegnanti attingano al manifesto di ParoleOstili per raggiungere un livello di comunicazione tale con le ragazze e i ragazzi al fine di instaurare un dialogo finalizzato al recupero del contatto con la realtà, che li ponga nella posizione di essere, prima ancora che buoni ed accorti utilizzatori delle parole e degli strumenti di internet, delle buone e dei buoni cittadini.

Continua il nostro Viaggio all’interno del Manifesto della comunicazione non ostile ed inclusiva, presentato al Quarto Convegno Nazionale di Parole_ …

Spunti didattici per combattere il cyberbullismo e il sessismo in rete

Partecipazione alla vita politica e pubblica. Via @AccessoTotale del network del @DisabiliPride

Riflessioni sempre utili sulla Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con Disabilità provenienti da una realtà del Disability Pride.

L’art. 29 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità fa riferimento alla partecipazione alla vita politica e pubblica da parte …

Partecipazione alla vita politica e pubblica

Il libro bianco sulle droghe 2020.

Fuoriluogo. Copertina del libro bianco sulle droghe

Il 26 giugno scorso, Giornata mondiale indetta dall’ONU contro l’abuso di droghe e il narcotraffico, c’è stata la presentazione dell’Undicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe curato da Forum Droghe, che in verità aveva già visto una presentazione ufficiale il giorno prima, quando durante la manifestazione di Montecitorio indetta da MeglioLegale veniva presentato alla Camera dei Deputati il documento elaborato per fotografare il livello di consumi in Italia e sullo stato delle politiche per la prevenzione del danno. Al webinar di presentazione del documento alla stampa hanno preso parte i rappresentanti delle realtà e i ricercatori che hanno contribuito alla stesura di quest’importante documento di analisi che, è utile sottolineare, , non è prodotto da un’agenzia pubblica, ma demandato alla volontà del terzo settore e delle realtà dei servizi alle tossicodipendenze.

Il quadro generale

Dalla lettura di questa edizione del libro bianco emerge il verificarsi di una doppia realtà, che a sua volta comporta due conseguenze; nel complesso la ricerca restituisce la fotografia di un paese ancora impreparato ad affrontare strutturalmente la questione. Da un lato l’immobilità della politica, al cospetto del fatto che in tutto il resto del mondo – a a prtire dalle agenzie dell’ONU – ci si sta ponendo il problema del proibizionismo, ovvero l’arretratezza sociale e le difficoltà economiche che comportano le politiche proibizioniste. D’Altra parte c’è l’incapacità della stampa italiana di presentare la questione del consumo non come un aspetto legato alla pericolosità sociale (percezione provocata dalla presenza nella cronaca legata alle sostanze della criminalità, come gestore unico del mercato di riferimento), non già per quello che a tutti gli altri appare ovvio, cioè come una questione legata alla scelta personale, alla tutela dei consumatori e riferita ad aspetti di tipo socio-sanitario.

Cosa non fa la politica

Dal lato della incapacità della politica di agire nel senso di evoluzione del sistema, con l’approvazione di una politica di prevenzione ancor più che di repressione, ha come conseguenza il disumano sovraffollamento delle carceri e intasamento del sistema giudiziario, con più di 172000 processi per reati legati al consumo di droghe, rispetto a soli 40mila per reati di traffico, come ricordava Elia De Caro di Antigone durante il suo intervento; si ricordava anche come il 35% della popolazione carceraria è costituito da donne ed uomini private della libertà personale per reati riconducibili al consumo e al piccolo spaccio, dato emerso anche durante la presentazione della Relazione al Parlamento di Mauro Palma, Garante Nazionale delle persone private della libertà,svolta sempre durante la mattinata del 26 giugno. Una seconda conseguenza è quella paradossale vissuta dai consumatori di cannabis terapeutica, che spesso anche in presenza di prescrizioni mediche hanno delle conseguenze penali perché ritenuti “contravventori” per la legislazione attuale, con una serie di conseguenze personali che aggravano situazioni socio-sanitarie già poste di frequente al margine dell’attenzione degli enti di cura e assistenza. In generale, l’assenza di uniformità dei servizi sul territorio nazionale e di politiche nel settore emerge con forza, denotando un gravissimo e colpevole ritardo della nostra dirigenza politica e del Parlamento rispetto a tutto quel mondo occidentale (e non solo) che invece si è posto il problema di cambio di passo, compresi quegli stessi Stati Uniti che iniziarono la guerra alle droghe, con il sostegno all’approvazione della prima convenzione internazionale di contrasto nel 1961. Oltretutto questo cambio di passo non è rallentato con il Coronavirus, bensì ha visto in varie realtà accelerazione per tentare di arginare le conseguenze del Covid; si è notato in alcune esperienze degli states come una politica antiproibizionista mitigasse le conseguenze economiche della crisi.

La cattiva informazione

La conseguenza emersa a carico del ritardo del mondo della comunicazione ad adeguare lo standard qualitativo delle informazioni attorno al mondo delle dipendenze e del sistema carcerario è riconducibile al persistere di uno stigma che a livello sociale ancora è fortemente pervaso nella nostra collettività. Ciò dimostra il grande disinteresse per la questione del consumo delle sostanze, un fenomeno che complessivamente coinvolge 8 milioni di cittadini italiani. Non sono di certo una quota marginale della popolazione. Questi cittadini, aspetto rivendicato con forza da molti relatori, meritano attenzione da parte della politica anche per una tutela come consumatori, quindi con una ovvia normazione del mercato per controllare la qualità delle sostanze circolanti, aspetto che denoterebbe appunto il rispetto di persone che scelgono consapevolmente quale sostanza consumare, sforzo che presuppone la capacità di allontanarsi dall’immagine di un drogato pronto a comprare di tutto sul mercato illegale pur di provocarso lo “sballo”.

La cannabis come volano antiproibizionista

Ruolo importante nella relazione e al centro del dibattito di queste settimane lo ha la cannabis, considerando anche la vicinanza della manifestazione di piazza Montecitorio e l’iniziativa dei cento parlamentari, che durante gli Stati Generali delle scorse settimane hanno scritto una lettera a Conte per ribadire l’importanza di valutare politiche di depenalizzazione per tutti i motivi sinora descritti, oltre che per motivi economici visto il tema della serie di meetting di Villa Panfili. Tutti i relatori hanno sottolineato la necessità di decriminalizzare e regolamentare la produzione, l’uso e la vendita di cannabis, per poi aprire la strada antiproibizionista verso tutte le sostanze, in modo da sottrarre da un lato potere economico alle organizzazioni criminali, dall’altro trarre risorse per i livelli di cura e assistenza – guardando alla riduzione del rischio -, sia in termini di risorse liberate nel sistema giudiziario, inquirente e penitenziario, sia per gli introiti diretti derivanti dalle imposte sul commercio dei vari prodotti, fattori che darebbero respiro non poco alle casse dello stato, oltre a vedere l’attivazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Ovviamente sui canali social di Forum Droghe e FuoriLuogo troverete traccia del webinar e degli altri appuntamenti dedicati alla presentazione del libro bianco, che potete trovare e scaricare Qui

Consigli per la serata: per la #giornatamondialedelRifugiato il teatro alla radio

Per la giornata mondiale del rifugiato 2020 consiglio di seguire la diretta della trasmissione Il teatro alla radio su Radio 3, Dove tra i vari ospiti ci sarà il modo anche per la lettura di un testo teatrale diDel quale parlerò presto a proposito di un suo romanzo. Davide Enia, Del quale parlerò presto a proposito di un suo romanzo.

Trasmissione in onda tra le ore 20:00 e le ore 21:15. Dal link sopra indicato ovviamente raggiungibile il podcast tramite il sito di radio Rai

ACCADDE OGGI, 20 GIUGNO 1979: NILDE IOTTI DIVENTA LA PRIMA DONNA PRESIDENTE DELLA CAMERA

Ci sono alcune date importanti nel calendario civile di un paese. quando la camera dei deputati vide l’elezione per la prima volta di una donna alla sua presidenza possiamo dire che la nostra democrazie a, secondo le pari opportunità dettate nell’articolo tre della costituzione, sicuramente compiuto un passo in avanti verso una sua piena affermazione. Nilde Iotti, sì è stata eletta per tre volte alla presidenza di palazzo Montecitorio, evidentemente come politica, come donna delle istituzioni e come cittadina aveva qualcosa di più. Certo, essere donna non vuol dire essere sicuramente la migliore guida. Guardiamo ad esempio all’esperienza e alla figura, controversa per la cronaca anche oggi, di un’altra donna presidente della camera come Irene Pivetti. Però quell’esperienza è servita per vedere poi un’altra figura femminile importante seduta sullo scranno più alto della camera dei deputati, come Laura Boldrini, persona più consona ed erede più coerente dell’esperienza della Iotti. Se consideriamo complessivamente il periodo da quel 20 giugno 1979 ad oggi, in 41 anni, per ben 23, la camera dei deputati è stata guidata da una donna, con vicende alterne. Comunque, ad ogni modo, anche se tanta è la strada verso le pari opportunità si tratta di un dato di cui compiacersi…Se consideriamo complessivamente il periodo da quel 20 giugno 1979 ad oggi, in 41 anni, per ben 23, la camera dei deputati è stata guidata da una donna, con vicende alterne. Comunque, ad ogni modo, anche se tanta è la strada verso le pari opportunità si tratta di un dato di cui compiacersi…

Il 20 giugno del 1979 per la prima volta in Italia una donna, Nilde Iotti, viene eletta Presidente della Camera dei deputati.

ACCADDE OGGI, 20 GIUGNO 1979: NILDE IOTTI DIVENTA LA PRIMA DONNA PRESIDENTE DELLA CAMERA

La destra italiana tra rappresentazione veterofascista ed apologia della mafia, con uno sgombero atteso da quindici anni.

Il trend registrato in ambito culturale nel Paese, con certi episodi, ancora descrive un’Italia profondamente retrograda, legata a vecchi retaggi e, fatto ancora del tutto inspiegabile, legata ad un potere dalle vecchie rappresentazioni, come accennavo nel post sui blitz del 4 giugno.

Per quanto riguarda le manifestazioni del 2 giugno della destra italiana registro solo che si vede viva una subcultura che agisce come se la presenza della mafia sia normale, ne determina la sua essenza con la rappresentazione plastica di un’entità fallibile. “La mafia ha sbagliato fratello” è l’apologia dell’essenza mafiosa, perché in grado di agire per proprio conto con violenza, ma vicina a noi perché percepita come fallibile, se tale posizione sostiene un’eversiva offesa della prima carica dello Stato; non credo di esagerare dicendo che si tratta di un sentimento diffuso in quella sconcia rappresentazione di questa destra fintamente democratica.

Attenzione, il messaggio che si vede nel video diffuso da Globalist è la condizione mentale, culturale, di molti italiani. Apprezzo sempre di più la figura di Michele Ansaldi, in tempestivo primo piano per la denuncia di queste ignobili rappresentazioni di neofascismo nel nostro Paese.

Mi resta comunque il sapore di un’impunità dei fascisti, come dimostra la vicenda del Palazzo abusivamente occupato nel centro di Roma e che finalmente vede la Notifica di sequestro dello stabile. Esistono norme che dovrebbero tutelarci dal ritorno del fascismo. Esistono norme che puniscono le offese al Presidente della Repubblica, esistono norme di buon senso che indicano l’esempio da seguire, anche per la reale percezione dei fatti e del mondo. Ma invece siamo sempre al punto di cercare di scardinare con la ragione quel sentimento profondamente diffuso nell’ossatura del Paese, che legittima il potere mafioso, offende il Presidente, manifesta la sua natura fascista, ignora le regole della civile convivenza e le decisioni contingenti delle autorità. Eversivi è poco.