Per questa sera, se non sapete cosa guardare in televisione, vi consiglio Remember, Un film del 2015 di produzione canadese sul ruolo della memoria, della vendetta e della malattia. L’ho già visto durante la settimana per la memoria dell’Olocausto nel mese di gennaio di quest’anno, lo consiglio vivamente. Risulta un film diverso, profondo, avvincente.
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Bambini, disabili ed anziani: cittadinanza a metà.

Esistono molti aspetti considerabili per descrivere lo stato di profonda crisi che ha creato l’emergenza del Coronavirus, ad ogni livello: dalle difficoltà del mondo della comunicazione al ruolo diminuito del Parlamento, dalla magra figura dei detentori del potere politico nella gestione della crisi alle gravi conseguenze per l’economia. Mi preme ora soffermarmi su un’osservazione di queste settimane di lockdown per una delle sue conseguenze più nefaste.
Premessa
Nella progressiva diminuzione della garanzia dei diritti costituzionali, si sono palesati con forza molti divari; tra questi, più evidente di altri, ne esiste uno tra cittadini che hanno un potere di contrattazione con la politica e coloro che invece, per varie cause, ne sono succubi. Sostanzialmente si tratta di un’amplificazione di storture presenti prima della crisi Covid, ma che ora si configura come una carenza nel diritto di cittadinanza per alcune categorie, evidentemente non considerate nella loro pienezza di cittadini: bambini, disabili ed anziani stanno subendo le conseguenze peggiori e pagheranno il conto più salato, dal punto di vista sociale alla fine di essa; e, già da oggi, registrano una forte diminuzione dei diritti di cittadinanza. Oltretutto la politica e le istituzioni stanno mal rispondendo alle loro difficoltà e toccherà da ora in avanti riconsiderare i modelli dei servizi dedicati per l’inclusione nella comunità come cittadini pienamente titolari di diritti e di dignità. Ma andiamo per ordine e cerchiamo di analizzare al meglio gli aspetti emersi nella lettura di numerosi contributi, tutti segnalati nella sitografia in fondo a quest’articolo.
Divario economico e digital divide

Tra i vari livelli di diseguaglianza creata dal COVID risulta evidente quella tra chi possiede delle garanzie economiche e chi non ha la possibilità di affrontare il costo che questa crisi comporta; tale iniquità, considerando gli strumenti necessari per affrontare la quarantena generalizzata e continuare ad avere un orizzonte esistenziale soddisfacente, si riscontra nel e digital divide, come diminuzione di cittadinanza appunto. Questo è importante soprattutto per chi ha dei figli, alle prese con la DAD (Didattica a distanza, NDA), che non sempre riesce a garantire adeguatamente le esigenze educative con i nuovi strumenti digitali, a causa anche della diminuita capacità del reddito per via della crisi. Ciò emerge chiaramente da un articolo di Vincenzo Galasso dalle pagine de’ “Il Sole 24 ore”, dove l’autore rimarca come “Il Covid-19 rischia di aumentare la disuguaglianza di reddito ampliata dalla crisi economica e di accentuare la povertà educativa dei più fragili”, auspicando una ripartenza proprio dalla scuola per ricostruire un Paese meno diviso anche dal punto di vista tecnologico.
DAD ed infanzia

Le difficoltà sopra descritte sono presenti nella cronaca di queste settimane, registrando la cattiva gestione (da parte di tutti, per inciso) della DAD, emersa persino durante il concertone del I° maggio scorso, anch’esso in formato “distanziato”. Queste difficoltà non sono vissute solo dalla scuola, ma anche lo sviluppo e la crescita delle bambine e dei bambini ne risentono, ponendo criticità anche nel rapporto tra genitori e figli. A tal proposito, Francesca Mannocchi dalle pagine web de’ “L’espresso”, rimanda una serie di testimonianze di madri che vedono regredire i propri figli per un malfunzionamento dell’apparato educativo nell’impostare adeguati percorsi formativi; chi ha figli inseriti in contesti scolastici tecnologicamente avanzati o, in generale, i ragazzi delle secondarie riescono in un certo qual modo a porre una pezza a tali difficoltà. Ma per la maggior parte invece risulta un’esperienza negativa, soprattutto con famiglie che hanno bambini delle primarie; in ogni caso, lì dove il divario digitale è maggiore, anche e soprattutto per cause economiche, la scuola pare essere assente o incapace nel fornire risposte alle esigenze di bambine e bambini che, è bene ricordarlo, sono cittadini con loro specifici diritti, tra i quali quello all’educazione. Pare quasi che l’agenzia educativa, dove si formano i cittadini del domani, stia abdicando al proprio ruolo, registrando molto spesso una latitanza ingiustificabile che destabilizza del tutto giovani vite non sufficientemente supportate nell’affrontare queste nuove sfide. Questo disagio è amplificato nel caso di nuclei familiari che hanno ragazze e ragazzi con disabilità gravissime e che stanno osservando una vera e propria regressione dei loro figli, un ritorno da posizioni che in alcuni casi hanno messo anni a raggiungere. In quest’ultimo caso, a premessa per ciò che segue, si registra la mancanza di indicazioni sulle attività socio-educative specifiche, impossibili da gestire con il distanziamento sociale.
Cosa faremo domani?

Parlando di disabilità sono tante le omissioni emerse in questa crisi caratterizzata dal lockdown, ma inevase sono anche tante istanze per la fase 2 e la ripartenza e viene da chiedersi se ad un “prima” costellato da difficoltà possa seguire un “dopo” che restituisca maggiore dignità di cittadini a milioni di donne ed uomini, milioni di famiglie. Tra le varie voci che lamentano tale mancanza in tutta Italia, ad esempio, Luca Nicolino – presidente dell’associazione “I buffoni di corte”, organizzazione attiva sul territorio del torinese e che opera con disabilità intellettive e cognitive – osserva: “realtà come la nostra che, non avendo indicazioni dal Governo, non sanno come programmare un piano di intervento adeguato, a breve-medio termine”; in maniera molto simbolica, questa associazione, assieme ad altre, ha lanciato una campagna di protesta dall’emblematico titolo “Cosa farò domani ?”.
La FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, NDA) è giunta all’elaborazione di un documento che propone tutte le misure necessarie per costruire una nuova visione di società, che restituisca, come dichiara il presidente Vincenzo Falabella, “cittadinanza piena e integrale alle persone con disabilità e alle loro famiglie”; Falabella ricorda inoltre “Il richiamo forte, chiaro e ineludibile all’eguaglianza e alle pari opportunità delle persone con disabilità con il resto della popolazione impone di avere una nuova visione che riduca tutte le forme di diseguaglianza aggiuntive e, tra queste, quelle di genere e di età.”. Salute, riabilitazione e abilitazione, Lavoro, Politiche e servizi per la vita indipendente, Inclusione socio-scolastica e processi formativi. Tanti gli aspetti, le sfide alle quali il governo e le istituzioni di ogni livello dovranno rispondere, ora più che mai, per superare questa crisi con la restituzione, dovuta, della dignità a cittadini della Repubblica. A tal proposito, dalle pagine di Superando, Carla Volpe (madre di una bambina con sindrome di Down, NDA), scrive che ora l’obiettivo dev’essere quello di rinascere dalle “macerie” del Covid-19, tutti, anche i soggetti più deboli, che devono avere il loro posto nella vita della comunità e concorrere al benessere dell’umanità”. Auspicio che condivido pienamente.
Gli anziani e le RSA

Il profondo senso di solitudine che vivono le persone disabili e le loro famiglie è condiviso da una categoria che ha ad oggi pagato il prezzo più caro al Coronavirus, ovvero gli anziani. Dalle pagine de’ “Il Riformista” si legge una storia emblematica di solitudine esistenziale di una donna fiorentina che si porta addosso un doppio dramma: il suo personale, di un’anziana non considerata nel contesto dove vive; quello del marito, ospite di una RSA e con sindrome di Alzaimer. Questa vicenda rimarca l’assoluta inadeguatezza alla cura e alla tutela di cittadini che hanno speso un’intera vita come tali, lavorando, contribuendo e costruendo questa nazione, ma che una volta soli (e la solitudine può avere varie origini) non hanno avuto gli strumenti per affrontare una crisi sanitaria durissima come questa. Come osserva Alberto Cisterna dalle pagine de’ “Il Riformista”, “forse dobbiamo chiederci se a pagare il prezzo di tutto ciò siano stati quelli con le pensioni minime, quelli che non potevano permettersi le case di riposo di lusso, quelli che i familiari hanno derelitto perché le pensioni non erano appetibili, quelli soli e senza un aiuto”. Ciò denota anche un profondo scollamento generazionale con gli anziani, problema non di poco conto, considerando che si tratta di coloro che nel bene e nel male hanno costruito l’Italia che viviamo oggi. Sempre Cisterna conclude che “toccherà all’intero Paese ricostruire, senza inganni e senza retorica, una relazione sincera e profonda con la generazione mietuta dal male nascosto”.
Se gli anziani, con evidenza, sono quei cittadini privati della loro cittadinanza perché non protetti e tutelati alle origini della pandemia, occorre anche indagare i luoghi che hanno visto questa moria della nostra memoria storica, le Residenze Sanitarie Assistenziali, un modello di welfare che in Italia ha mostrato tutta la sua debolezza, come raccontato da Simona Ravizza sulle pagine del “Corriere della Sera”. Le case di riposo, già fortemente in crisi prima dell’epidemia a causa di un sistema di welfare basato sul modello di ospitalità sanitaria (ovvero con utenti che entrano nel sistema di RSA già in una fase avanzata della terza età), sono sostanzialmente rimaste sole nella gestione degli anziani contagiati e nella prevenzione; ciò si è verificato anche per la distribuzione di dispositivi di protezione individuale. I singoli gestori hanno dovuto attrezzarsi in autonomia, cercando fornitori di Dpi su mercati esteri, andando incontro a enormi difficoltà, con ritardi nella distribuzione e inefficienze. Considerando le relazioni delle RSA con il tessuto territoriale, i rapporti con la rete ospedaliera e i servizi sanitari di prossimità sono stati bloccati per proteggere gli ospedali da un eccesso di ricoveri. Inoltre, le relazioni con i medici di famiglia sono state sporadiche. Ma la mancanza che ritengo più grave è che, sin dagli inizi dell’emergenza, l’attività di screening tramite i tamponi non è stata prevista in modo sistematico ed omogeneo per le Rsa sull’intero territorio nazionale, né sui casi sospetti tra gli ospiti né tra gli operatori». Capite benissimo che si tratta di una disfatta totale del sistema delle residenze per anziani e dell’intero sistema sanitario.
Auspici
Auspico che quanto prima, a seguito della crisi che viviamo senza precedenti, queste tre fasce di popolazione possano rivedere assegnata loro la dignità di cittadini con pienezza di diritti; a tal proposito chiediamoci tutti, sin da oggi – e chiediamolo alla politica -, se non sia il caso di rivedere i modelli dei servizi loro dedicati, volti al recupero del senso di comunità, organo complesso dove tutti i soggetti sono integrati e chiamati alla creazione del benessere collettivo, in cui tutti i soggetti sono portatori di legittimi interessi ed aspettative.
NB: Per approfondire i temi sopra esposti, leggi nell’ordine:
* Per i divari economici e il digital divide:
https://www.ilsole24ore.com/art/la-via-dell-equita-passa-scuola-e-digitalizzazione-ADFLFRN
* Per le difficoltà della scuola e dell’infanzia:
https://espresso.repubblica.it/attualita/2020/04/28/news/lettere-mamme-bambini-lockdown-1.347669
* Per il mondo delle disabilità:
Cosa farò domani? La domanda di tante persone con disabilità
Cittadinanza piena e integrale alle persone con disabilità e alle loro famiglie
* Per gli anziani e le RSA:
Anziani morti in abbandono, ricostruire relazione con la generazione mietuta dal male nascosto
il welfare italiano vessato tra errori legislativi e immobilismo
Avvertenza ai naviganti: continua, in Memoria futura, la categoria di questo blog che raccoglie vecchi interventi scritti in epoche più o meno lontane, la pubblicazione dei post dell’estate 2018. Di seguito, tra virgolette, una riflessione sul welfare italiano alla luce di quello che allora fu chiamato “decreto dignità”, ma che in quel luglio 2018 mi costò un po’ di fatica in alcune ricerche al fine di smontarne l’utilità e l’efficacia sin dalle fondamenta. Molte riflessioni restano ancora valide e sono presenti ex post nel P. S. a quest’articolo, scritto nel 2020.
“Cos’è concretamente il welfare? porsi una domanda sulle definizioni è utile, perché le questioni vanno comprese sino in fondo, anche se mi resta la convinzione che basta guardare la concretezza delle cose e tutti sono poi in grado di comprendere. Il welfare è tutto l’insieme di strumenti volti alla risoluzione delle problematiche di persone con difficoltà o soggetti svantaggiati, che di norma ricade (in ossequio all’art. 3 ed altri della Costituzione) sullo Stato, ma negli ultimi anni se ne vedono nuove forme, dove l’intervento dei privati in questo frastagliato panorama risulta ormai una costante imprescindibile per la garanzia di servizi.
Pensate alle associazioni per disabili, centri diurni, servizi per anziani e bambini. Ecco, queste sono le questioni poste. La Politica chiaramente deve governare a livello centrale questo, come tutti gli altri fenomeni sociali. Fenomeni che, ribadisco con nettezza, fanno riferimento a settori vivi della nostra economia, quella detta del terziario.
Dunque il sig. ministro cialtrone Di Maio (all’epoca Ministro dello Sviluppo Economica e del lavoro, NDA) si ritrova a scribacchiare quattro puttanate in un decreto, dandogli la definizione di “dignità”, parola che evidentemente a lui non deve essere ben chiara. Due parole sulla questione decreto.
Dico del sig. Di Maio di essere cialtrone, perchè dovrebbe sapere che la decretazione d’urgenza nel formato D.L. (decreto legge) necessita di alcune caratteristiche particolari, come l’urgenza, appunto, motivo per il quale questo atto per due mesi mantiene intatta la sua forza di legge, nell’attesa che il Parlamento si esprima in merito alla sorte del suddetto decreto. Ora, il sig. cialtrone Di Maio e il suo entourage dovrebbero spiegare agli italiani cosa c’è di urgente nella decretazione sui contratti di lavoro, con riferimento al lavoro domestico e di sostegno alle persone. Attendo risposte che non verranno. Premetto, a scanso di equivoci, che legiferare tramite la decretazione d’urgenza è uno strumento che ho sconfessato anche durante i governi Berlusconi e Renzi, proprio perché manifestano la debolezza politica degli attori proponenti e sminuiscono il ruolo del Parlamento, spesso sotto mira della questione di fiducia posta durante l’iter nelle camere del decreto proposto. Capite perché Di Maio oltre ad essere cialtrone è anche vile? ha scritto per scrivere, perché doveva far vedere che lui decretava… Taccio, che è meglio.
Passiamo al nocciolo della questione. Siamo in piena estate, momento dell’anno in cui il welfare va fortemente in crisi perché molte strutture chiudono, perchè ci sono le ferie, perchè il peso di una società che sta invecchiando viene scaricato sotto la calura delle nostre città, relegata al silenzio. In questo frangente molte famiglie rinnovano contratti, dispongono soluzioni, insomma si avvalgono delle collaborazioni familiari, anche per godersi quel minimo di ferie, diritto legittimo e irrinunciabile per Costituzione. Parliamo, stando alle cifre del lavoro domestico regolarizzato, di un contesto che riguarda quasi un milione di famiglie, contando quelle che tra bambini, disabili gravi e anziani usano questo strumento per tenere alto lo standard di qualità della vita dei propri congiunti.
Dov’è il trait d’union tra tutto ciò? Il decreto del sig. cialtrone Di Maio è immediatamente applicabile, sino al termine di 60 giorni previsti per legge, ovvero sino al termine dell’iter parlamentare. Quindi moltissime famiglie si sono ritrovate a dover gestire dai primi giorni di luglio un aumento nei costi di rinnovo e mantenimento del lavoro di collaborazione familiare e aiuto alle persone non autosufficienti, considerando che molte famiglie si avvalgono di questi strumenti a chiamata, oppure con contratti part-time. Anche perché si sa, chi presta servizio in una casa lo presta almeno in tre.
Lui che fa, con urgenza, per governare una questione strutturale? rende più costosi il rinnovo dei contratti a termine ma, anziché individuare e colpire le storture nell’industria, nel turismo e nell’artigianato (dove invece vuole introdurre nuovamente i tagliandini a prestazione), colpisce le famiglie, dove il lavoro di collaborazione e assistenza alle persone doveva essere escluso proprio per le sue caratteristiche particolari, ovvero la repentinità di cambio delle circostanze e degli equilibri tra datore di lavoro e prestatore d’opera. Un genio insomma.
Contiamo quindi, tra anziani, collaborazioni familiari, malati di Alzeimer e disabili gravi non autosufficienti un milione (e la stima va veramente a ribasso) di posti di lavoro che da domani costeranno di più, facendo gravare una cifra importante di molte decine di milioni di euro su di loro, anzichè a loro destinarli. Robe da pazzi!
Considerando che molte di queste famiglie si avvalgono di assistenti personali per anziani e disabili, sarei curioso di sapere che cosa pensa l’altro cialtrone travestito da ministro, il sig. Lorenzo Fontana )all’epoca a capo del Ministero per la Famiglia e la Disabilità, poi ridenominato Ministero per la Famiglia, NDA), proprio in virtù del fatto che questi aspetti del welfare ricadono nelle sue competenze.
In bocca al lupo a tutti, augurandoci di non avere mai bisogno dell’aiuto di altri per vivere degnamente, altrimenti la dignità di quel decreto ce lo farà costare caro!”.
P. S.: alla luce del Coronavirus, potete leggere la richiesta al Governo di queste settimane da parte del mondo del terzo setore nel post che segue, dove però emergono i tratti di un welfare in sofferenza per carenza strutturale di interventi della politica.
Inoltre, molte problematiche sono ancora vive e mal vissute dal mondo del terzo settore. Alcune istanze potete rintracciarle anche in quest’altro mio post, successivo a questo, dove si poneva alla platea politica un certo tipo di considerazione del mondo della disabilità, della terza età, dell’infanzia.
https://oppostevisioni.wordpress.com/2020/04/30/la-politica-per-i-malati-disabili-anziani/
NB: articolo pubblicato il 22/7/2018