Mancanze della politica assolutamente trasversali

Il 3 dic di ogni anno ricorre la giornata internazionale delle persone con disabilità, momento utile per riflettere sulle reali condizioni esistenziali e sull’effettiva applicazione delle tutele per milioni di donne ed uomini in tutto il mondo, Italia compresa.

Vi segnalo una nota a mia firma pubblicata sulla pagina facebook del Disability Pride che potete leggere nella versione originaria e per intero Qui .

Le riflessioni che seguono, oltre che dalla sentenza 152 del giugno 2020 della corte costituzionale, sono ispirate da Questo articolo Firmato da Dario Dongo sullo stato dell’accessibilità nel trasporto ferroviario italiano. Buona lettura.

“Partiamo da un dato di fatto: nel “Decreto agosto” le misure a sostegno della disabilità sono scarse, nel caso dei disabili lavoratori o di familiari lavoratori di disabili gravi, inesistenti, se non un aleatorio diritto al cosiddetto “smart working”. L’osservazione proviene da varie organizzazioni e le mancanze in Italia, si sa, sono croniche e ben sedimentate nel tempo. Modifiche ed integrazioni degli strumenti di sostegno sono arrivati con i successivi decreti, ma nonostante l tentativi, si può affermare che l’indirizzo sulle questioni riferite alle disabilità resta di tipo assistenziale, e si registrano fenomeni che indicano questa tendenza. Al di là delle scarse risorse investite in tal senso, la mancanza di visione degli interventi rappresenta la costante dell’agenda di governo in questa materia.

Molto ha fatto discutere, nelle scorse settimane, l’aumento delle pensioni di invalidità civile minime fino al cosiddetto “raggiungimento del milione”, per coloro che hanno il 100% di invalidità riconosciuta e rientrano negli indicatori ISEE. Questa, che potrebbe sembrare una scelta politica, in verità è dettata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 152 dello scorso giugno, che rende illegittima la norma del 2001 che assegnava tale aumento alle persone con più di sessant’anni, oggi invece tale diritto è riconosciuto a tutti i maggiorenni.

La riflessione amara, già valida per tanti altri aspetti legati ai diritti civili,è che la politica deve adeguarsi a delle decisioni dell’Alta Corte, eludendo il proprio compito di governare le esigenze del corpo sociale, indirizzando con politiche efficaci lo sviluppo e il progresso del nostro Paese. Perché a ben vedere, se dovessimo contare le istanze pervenute alla politica dalle varie organizzazioni di disabili nel corso del tempo, si può dire che molto poco ascolto c’è stato.

Alcuni esempi? La scuola lamenta continuamente carenze strutturali, di attrezzature di sostegno e di personale adeguato per gli studenti con DSA o bisogni educativi speciali. Sull’assistenza tramite fondi speciali per non autosufficienti si è detto sopra. Di politiche per la disabilità attiva, attraverso il lavoro, nemmeno a parlarne. Di investimento sulle infrastrutture per l’accessibilità un recente articolo di Dario Dongo rende chiaro lo stato della situazione nel nostro Paese.

Le domande a riguardo sarebbero tante, ma in maniera trasversale ne pongo solo una ad eventuali interlocutori politici ed istituzionali: avete idea della portata sociale della disattenzione verso il mondo delle disabilità? Non voglio qui snocciolare numeri. Il rapporto INSTAT del dicembre 2019 è molto eloquente. Ma al margine di queste annotazioni e in una nuova “Giornata mondiale delle persone con Disabilità”, volevo sottolineare come per la politica non contano gli interessi di una fetta prossima al 9% della popolazione, indicando come in Italia esistono cittadini di seria A e cittadini di serie B, con il tacito azzeramento delle garanzie costituzionali contenute nell’articolo 3 della Carta e dei principi espressi nella Convenzione dell’ONU del 2006.

Non vorrei sembrare ripetitivo, ma questa disattenzione cronica e trasversale della classe dirigente, di ogni epoca recente e di ogni colore politico (al di là della tassonomia istituzionale che di tanto in tanto dedica alla disabilità un ministero) mi parrebbe configurarsi come violazione dei diritti umani.

In conclusione, l’invito che rivolgo agli interlocutori istituzionali e ai vari dirigenti pubblici e privati (perché anche le corresponsabilità, come nel caso dei trasporti, sono trasversali) è di gettare lo sguardo sul tessuto sociale italiano. Se vi soffermerete a guardare l’insieme al posto di limitarvi a vedere le singole criticità sulle quali porre delle pezze, vedrete un corpo sociale che richiede attenzione. Questa voce deve essere ascoltata, perchè il fatto che provenga dalla parte più fragile della società vi darebbe l’opportunità di risolvere, con le giuste politiche pubbliche (queste sconosciute), i problemi di gran parte della società italiana. Investire in accessibilità, cura domiciliare, integrazione lavoratva, inclusione scolastica e sociale migliora di gran lunga la stima che un popolo ha di sé. Non sarebbe forse il caso di affrontare in questo periodo di crisi tale sfida? L’obiettivo è costruire una società più giusta.”.

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