Per la categoria Memoria futura, completo il discorso avviato ieri con il secondo dei due articoli
di qualche anno fa sulla cannabis come pianta versatile dal punto di vista economico e l’inopportunità del proibizionismo. Si è tornati a parlare nuovamente anche in Italia della “Legalizzazione” della cannabis, grazie anche alla campagna #IoColtivo, specialmente per gli usi terapeutici e ricreativi. Dibattito che ovviamente parte monco, proprio perché c’è attorno l’affannarsi sfrenato di opinioni discordanti. Ovviamente sull’altare della comunicazione (soprattutto televisiva, giornalistica in genere) viene sacrificata la profondità della questione che, per quanto possibile, cercherò di approfondire in questo blog; si rende però necessario dare delle premesse, e nel recupero dell’archivio ribadire certi concetti, sempre verdi anche se datati, non è mai male. Mi riprometto di dare poi anche la prospettiva esatta del nostro 2020.
Nel secondo articolo, dopo quello pubblicato ieri, dal titolo originario “Legalizzazione Cannabis: chissà…“ affronto la questione dal punto di vista economico e, soprattutto, dell’opportunità anche per lo Stato derivante da una piena liberalizzazione e legalizzazione di questa pianta. Partivo dall’osservazione di due casi di cronaca estera di allora: la regolamentazione di uso e vendita in Paraguay e nello stato USA del Colorado. Nel gennaio 2014 scrivevo questo:
“Parto con due dati oggettivi, questioni che hanno dato il via alla riconsiderazione della questione anche da noi: il Paraguay ne controllerà la produzione e la vendita ad uso terapeutico, il Colorado ha commutato la legalizzazione ad uso terapeutico in depenalizzazione ad uso ricreativo, il che vuol dire costituzione anche di shop autorizzati per la produzione e vendita. Sono due dati di fatto del pragmatismo con il quale in queste realtà, ma anche altre, si è affrontata la questione. Voi mi direte: e il dato di fatto dov’è? nella presa di coscienza di queste due realtà territoriali e amministrative che è l’indotto della stessa cannabis a creare ricchezza per il pubblico. Se viene appunto concessa, parimenti agli psicofarmaci, alcool e tabacco – aggiungerei anche il gioco d’azzardo -, una finestra di legalità per gli elementi più controversi (l’effetto psicotropo), si può ricavare ricchezza per l’intera filiera della stessa canapa. In Paraguay ovviamente hanno statalizzato e salvo defaiances strutturali lo Stato ne trarrà beneficio. Ciò avviene anche in Canada e Olanda e non da ora. In Colorado, in più, si è creato l’indotto per via delle licenze che occorrerà avere per tali attività, che vuol dire introiti per il pubblico. Intuendo la mentalità americana non credo verranno meno al reinvestire tali risorse verso centri di ricerca che possano implementare la chiarezza attorno ai vari usi della pianta più odiata ed amata al mondo. E noi? Noi siamo italiani. Ci affanniamo dietro alla considerazione che sarà un male per la società. Che ci saranno fattoni, che ci sarà tensione sociale. Che sarà la Sinistra a godere di tale atto. Che quei drogati che la usano potranno devastare le città. Che Gesù si offenderà con noi, che l’eterna Balena Bianca promette il disastro umanitario in tal caso. Gli effetti terapeutici poi… non sono provati! cazzate. Se stiamo a discutere della questione solo sotto l’aspetto carcerario (liberare posti nelle patrie galere ormai al collasso), se la riconduciamo con la mentalità criminale nell’alveo del discorso sul come trattare i piccoli spacciatori, se la poniamo solo e sempre come “legalizzazione” e come “emergenza” siamo al punto di partenza. La cannabis va legalizzata per sottrarre risorse fresche alla mafia e simili. Va resa libera per poter ricondurre sotto la sua presenza una seria progettazione industriale e politiche di sviluppo economico. Va normalizzata perché è giusto che chiunque, come me, ne faccia uso per cura, relax o socializzazione. E’ giusto che ci siano controlli, limiti, canali ufficiali di certificazione per la vendita qualora fosse contemplata la commercializzazione delle inflorescenze. Ma soprattutto va strutturato un pieno reintegro nel panorama produttivo nazionaleE perchè? perchè sarà lo Stato il primo a trarne beneficio, ovvero noi. . La cannabis è utile al tessile (settore in crisi), all’edilizia (settore in crisi), all’agroalimentare (settore in crisi), all’approvvigionamento energetico (settore in crisi), alla produzione di materiali innovativi e avanzati tecnologicamente (settore in crisi), alla produzione farmaceutica e delle panacee (settore in crisi). Dunque, quando c’è crisi e si presenta la soluzione, personalmente ritengo che ci poniamo come gli idioti, a forza di guardare il dito quando ci viene indicata la luna. Il dito è rappresentato dal tabù culturale che oramai, superato dai primi killer storici della cannabis, perché lo dobbiamo tenere noi? se gli USA sono pronti a rivedere questa macchia della storia, quest’errore strategico, perché noi dobbiamo fare la parte degli integralisti? ritengo che tutto vada spiegato con chiarezza, che si attivino strutture per uno studio sistemico sulla normalizzazione come da me intesa e che i politici e i tecnici parlino con le persone. Ricordo ancora lo sbigottimento di quell’anziano zio delle mie amiche pesaresi, quando facendomi vedere il tesoro della cantina di famiglia, nel casolare di campagna, disse: non capisco perchè l’hanno fatto, perchè hanno detto che è veleno… bo? a che si riferiva? ad un telaio per l’intessitura di canapa e alcuni fili, lì appesi dagli anni sessanta, che sotto le dita erano seta. Lui si chiedeva perchè è stata vietata una pianta che serviva un tempo per la sussistenza di interi territori. Io ricarico: perchè vietare l’uso di una pianta che può rilanciare in toto la nostra economia, canne comprese?”.
NB: articolo scritto il 16-01-2014
Un pensiero riguardo “Inopportunità del proibizionismo. Parte 2: lo Stato distratto.”