Mi era già capitato di postare un contributo nella Categoria Memoria futura riferito al periodo precedente le elezioni del 2019, puoi vedere questo post di qualche giorno fa.
Comunque, in questi ultimi anni, un pensiero che circola frequentemente è che domina l’economia della finanza rispetto a quella reale. Forse come oggi, allora scrivevo “Problema e causa dell’attuale crisi”. La soluzione sarebbe in un nuovo modello che ritorni alla prima. Osservando il mondo da una particolare angolatura mi sono ripetutamente chiesto, ma questa poi da cosa è determinata? Di seguito ripropongo alcune definizioni e un modello, azzardando anche un paio di soluzioni per la questione welfare che, nel 2013 ed oggi in tempi di Coronavirus mi sembra uguale. Questi sono pensieri che chiunque avesse un minimo di onestà intellettuale può riprendere in azioni concrete di politica. Per l’azzardo accademico chiedo scusa, ma recentemente ho un’ispirazione a briglie sciolte! Buona lettura.
Notate Bene: VI avviso: è lungo, ma credo ne valga la pena.
“L’economia reale si basa sulla necessità degli individui di adeguarsi a degli standard di qualità di vita dignitosi; essi sono riconducibili al consumo di beni e servizi che,nel caso di modelli sostenibili dell’economia, non devono dettare un modellofordista di produzione e consumo, bensì lì dove possibile ridimensionare la propensione consumista dei moderni tessuti sociali. Occorre ricercare attraverso i beni e i servizi un livello dignitoso di standard della qualità di vita, e a seconda delle nostre necessità, propensioni ed esperienze questi standard possono subire variazioni determinando le nostre necessità di consumo. Se oltre ai beni, necessariamente e per grande parte prodotti in scala,considerassimo anche i servizi e gli elementi di consumo del “benessere”,avremmo che molta dell’economia sarebbe di piccola scala, perché concentrata sulle nostre vite e sul territorio. Questa necessità economica avrebbe quindi nel settore sociale, welfare, buona parte dei suoi riscontri, determinando meccanismi virtuosi ad ogni livello, ebbene si, partendo dall’economia, quella che ad ora ci ha rovinato. Ma occorre fare un passo in dietro e ragionando di welfare sono necessarie alcune definizioni.
Stringendo il campo di analisi, dal “welfare” toucour considerato,possiamo estrarre un singolo aspetto: le disabilità. Per persone disabili si intendono soggetti chepresentano una menomazione fisica o patologia che compromette le funzioni“regolari” di vita, sia sul piano sensoriale, fisico, psichico e fisiologico. Non approfondendo oltre, possiamo dire che le persone disabili sono soggetti che in ogni caso possono avere, grazie a norme di diritto, condizioni economiche, supporto tecnico e tecnologico le medesime opportunità di vita di chiunque (art. 3 Cost. It.). Quando la disabilità è importante, queste opportunità si trasferiscono a chi vive loro accanto. Quindi dal punto di vista economico, i disabili sono soggetti consumatori e potenzialmente produttori di beni e servizi, dal punto di vista sociale soggetti portatori di diritti e pari opportunità, dal punto di vista politico, soggetti portatori di legittimi interessi degni di avere e “pretendere” rappresentanza. Un numero su tutti, amo’ d’esempio: in Italia, secondo recenti dati CENSIS (Censis, stima 2012, NDA) , le persone con un grado di disabilità sono circa 7 milioni! Ora concentriamoci sulle dicotomie e loro dinamiche prendendo questi 4 elementi, appunto, disabilità, economia, società, politica, azzardando una proposta per venire fuori dalle crisi strutturali di questa porzione di welfare.
Disabilità-economia
come affermato le persone disabili sono soggetti che necessitano, per vari motivilegati alla propria esistenza, di un elevato grado di consumo, oltre che di beni e servizi generici, anche di specifici utili alla soluzione e superamento degli ostacoli connessi alla disabilità. Es.: tutori per la mobilità, sintesi vocali, particolari alimentazioni e cure, impianti ausiliari protesici, ecc.;quindi i disabili sono gran consumatori, senza necessariamente badare alla crisi, perché senza quei consumi non potrebbero normalizzare la propria esistenza. Poi sono anche attori attivi di processi produttivi, potenzialmente concorrenti sul mercato del lavoro, se non addirittura creatori di outputeconomici. La defezione sta nella totale disapplicazione delle normative e in una scarsa cultura d’impresa, che nel nostro Mezzogiorno preferisce sottoporsi alle sanzioni previste dalla legge, piuttosto che adempierne gli obblighi. Esempi:centralinisti, massofisioterapisti, tecnici di consulenza e trascrizione di intercettazioni audio, musicisti sono solo alcune professioni di “vantaggio”,antiche e moderne, che i ciechi sono formati con percorsi specialistici, se non addirittura favoriti.
Disabilità–società
nel corpo sociale complesso, quale quello italiano, dove si vive una continua mutazione e rimodulazione delle istanze, le disabilità giocano da un trentennio un ruolo fondamentale. Moltissime realtà associative e programmi sociali, ad ogni livello, sono loro dedicati, se non gestite da persone disabili. Alcuni esempi: campagne di sostegno alla ricerca e ai programmi di riabilitazione, adeguamenti strutturali per obblighi di legge di locali pubblici e pubblici servizi, la richiesta diprecisi servizi gestiti spesso dal volontariato.
Disabilità–politica
Quientriamo su un terreno molto scivoloso. La disabilità, nelle culture latine, ha visto accrescere l’interesse della politica, particolarmente negli ultimi 25anni. Ma spesso ai buoni propositi, per noi italiani, non sono seguite leazioni di policy che ci si aspettava. Anzi spesso, quelle istanze poste come sigillo della garanzia di uno Stato di diritto, sono stati disattese, violate,sbeffeggiate dalla “casta” politica, ad ogni livello:
Data la definizione e loro esemplificazioni di queste dicotomie, resta da considerare che nei confronti delle persone disabili l’economia (almeno come disabili/consumatori) si adegua rapidamente; la società vive di alcuni ritardi culturali, dove la scarsa considerazione di aspettative dei disabili stessi portano spesso ad alimentare pregiudizi e cattive abitudini. La politica,infine, si dimostra tardiva nell’assimilazione e gestione del bene comune di questa risorsa sociale, preferendo gli equipaggiamenti militari al benessere degli individui che dovrebbe “amministrare”. Piccola nota al margine, che magari racchiude tutt’e tre le storture, è che la politica spesso si fregia e usa le disabilità come passerella o trampolino di lancio di velleità, che a riflettori spenti dimostrano la loro pochezza morale.
Soluzioni?
Bravo Alessandro!!! Ma come ne veniamo fuori?
Dal punto di vista economico sicuramente mettendo a regime le leggi e conservando quegli strumenti che ci permettono di essere attori passivi ed attivi dei processi economici. Farci sguazzare nei servizi, possibilmente facendoceli produrre.
Per la società chiaramente occorre rimodulare le fondamenta culturali delle disabilità, attraverso efficaci campagne sociali,che discostino la nostra immagine dai soggetti portatori sani di compassione,dandoci di fatto quella “dignità sociale” che è sinanco affermata nella Carta dei diritti delle persone disabili dell’ONU e che vede l’Italia fortemente disattenderla, ma non giuridicamente, bensì dal punto di vista culturale.
Per la politica? Che queste sante e benedette quote di rappresentanza siano di fatto restituite ad una logica, dando spazio e voce al 12/15% della popolazione italiana, tra persone direttamente interessate e loro familiari, che non misembrano una fetta trascurabile. Parliamo di milioni di voti. E sono buono,perché escludo le persone disabili straniere, dove altri sono ancora i diritti da affermare. Vi renderete conto che includerci nei processi attivi ad ogni livello è tutto vantaggio della collettività? I principi cardini di ciò sono due: uno riconducibile all’oggettività della questione, ovvero un corpo socialee un tessuto territoriale fruibili dai disabili lo sono per tutti. Come per le donne, le persone disabili o loro portatori di interessi possono esprimere sensibilità che, mi pare superfluo dire, gran parte della casta non esprime. Nell’osservare le liste e recandovi alle urne, ricordatevi di questo ragionamento, non fermandovi alla forma, ma indagando sulla sostanza.”.
NB: articolo scritto l’11-01-2013.