
La mattina del secondo giorno inizia come il più classico dei prologhi per due “vacanzieri”. Spremuta d’arancia in apertura di una succulenta colazione, sorseggiato in beatitudine di fronte al mare, pregustando un bagno, che premetto, di fatto non c’è mai stato! Ma la coscienza ben presto si riprende, proseguendo il generale risveglio del corpo e dei sensi. Siamo e restiamo “viaggiatori”, quindi prima l’azione, l’impegno, la fatica, poi… tutto il resto.; abbiamo chiesto a Melo e Paola dei sacchetti per raccogliere quel segno di inciviltà descritto ieri, cercando per quanto possibile, pur consci della poca utilità del gesto – con la prossima mareggiata da sud la spiaggia sarà punto e a capo -, di dare il nostro contributo a ripulire l’incuria altrui. Ne sono uscite 5 buste belle piene, per lo più cariche di bottiglie di plastica e residui di pic-nic in spiaggia, ma magari, chissà, anche i resti di quei pochi viveri consumati a bordo dei barconi in attraversata nel Mediterraneo carichi di disperazione e voglia di futuro. A proposito: correggo un’informazione. Lunedì sera non ci fu nessuno sbarco, si era fatta un po’ di confusione; è alle nove del mattino di martedì che di fatto è avvenuto. Non siamo stati testimoni diretti, è veramente difficile potersi avvicinare durante queste operazioni. Ma ci è stato garantito che questa volta, in maniera veramente imprevedibile, su 190 persone sbarcate la stragrande maggioranza erano minori. Nel corso della giornata ci sono state tante altre esperienze, un paio le riassumerò nel post che segue. Ma il pensiero che qualcosa stesse per cambiare, visto anche il numeroso gruppo di egiziani nello sbarco del mattino, ci ha accompagnato tutto il giorno. Molti egiziani, più del solito. Tanti minori, troppi, soprattutto non accompagnati. Se sulla nazionalità possono esserci molti dubbi, visto che quasi nessuno parlava inglese, sull’età invece la certezza è sconcertante. Solitamente i minori ci sono, ci dicono, ma su percentuali molto basse. In questo caso si tratta della maggioranza, completando il quadro con la presenza di infanti e madri assieme e di nuclei familiari interi. Anche in Sicilia, giunge la voce, che in uno sbarco la percentuale fosse superiore al 20% dei minori, quindi non siamo di fronte ad un caso estremo. Qualcosa sta cambiando, è evidente. Per restare sul pezzo, passatemi l’espressione, al pomeriggio ci rendiamo definitivamente conto che qualcosa invece sta cambiando, cioè nella nostra visione del “Dare”, visto come gesto affannoso, dato che nell’isola descritta come “accogliente”, l’accoglienza non viene fatta praticare. Si, è difficile, come si diceva, per via della “cortina burocratica”, ma se tu vuoi dare, perché è naturale, perché ti va, ed è così, si può. La conferma ne sono L. e P., incontrati per caso durante la nostra pomeridiana sosta in via Roma prima del tramonto. Sono due persone molto distinte, isolani autentici. Tra i vari discorsi che partono dopo le presentazioni, in cui noi siamo solo testimoni, magari attivi, ma testimoni, si arriva al tema del “Dare” e alla narrazione di quanto accaduto al mattino. Qui scopriamo che questi due signori sono completamente proiettati nel “Dare”, da lampedusani e da persone che considerano prima di tutto la “dignità”. Curarsi di minori o prendersi in carico l’accoglienza nel primo momento a seguito dello sbarco, per loro è naturale. Semplicemente. Qui ritorna la domanda: perché chi vuole non può? Ad ogni modo ci siamo accorti che nell’isola non viene preclusa, in linea di massima, l’ospitalità, anche umanitaria. Ma gli apparati, a tutti i livelli, forse dovrebbero rivedere seriamente alcune posizioni di “chiusura” versola dimensione umana di ciò che accade, per rispettare quelle dinamiche più autentiche che si mettono in moto quando chi fugge disperato incontra il primo disposto ad accogliere. Quello che ne nasce è un sentimento profondo, verace, un senso di umanità pervade ogni istante dell’esistere, di entrambi, tanto nel migrante quanto nell’isolano. Di cose ne sono successe altre, in quei momenti al bar, come nel resto del tempo. Non si può condensare tutto in questo pezzo di testimonianza, quindi vi rimando al prossimo post per un altro racconto intenso, nato dall’assaggio dell’isola e degli isolani, della porta d’Europa e della sua gente.
NB: articolo scritto il 27-04-2016
Il Dare